Il campo di concentramento di Auschwitz è stato un vasto complesso di oltre 40 campi di concentramento e di sterminio situato nelle vicinanze della cittadina polacca di Oświęcim, in tedesco chiamata Auschwitz. Nel complesso vi trovarono la morte 1,1 milioni di persone su 1,3 milioni di prigionieri totali, rendendolo il principale luogo di avvenimento della Shoah, del Porrajmos, dello sterminio degli oppositori politici e di altre categorie considerate ostili o di razza inferiore dai nazisti, oltre che dell'Olocausto in generale.
Attivo tra il giugno 1940 e il gennaio 1945, consisteva di 3 campi principali:
- Auschwitz I, campo di concentramento principale, operativo dal 14 giugno 1940, contenente fra gli altri il blocco n.11 per le punizioni penali, il blocco n.10 per gli esperimenti medici e l'ingresso con la scritta "Arbeit macht frei";
- Auschwitz II - Birkenau, l'immenso campo di sterminio situato presso l'attuale Brzezinka, operativo dall'8 ottobre 1941, dove avvennero le gassificazioni nelle 5 camere a gas allestite nel corso degli anni;
- Auschwitz III - Monowitz, il campo di lavoro usato da diverse aziende tedesche presso l'attuale Monowice, operativo dal 31 ottobre 1942.
Oltre a questi, il complesso comprendeva 44 sottocampi costruiti durante l'occupazione tedesca della Polonia in cui i deportati venivano sfruttati come manodopera nelle diverse industrie tedesche costruite nei dintorni.
“I soldati russi arrivarono al campo, mentre la neve cadeva dal cielo. Dei detenuti rimasti ad Auschwitz I, ben pochi ebbero la forza di alzarsi e raggiungere la recinzione di filo spinato per scoprire cosa stesse accadendo. Nè io, né Piero eravamo tra loro. E immagino che le reazioni di quelli rimasti a Birkenau siano state simili. Eravamo stravolti, più morti che vivi, spaventati, scheletrici, quasi tutti malati. Ci reggevamo in piedi a fatica, persino parlare ci costava uno sforzo inimmaginabile. Eravamo sopravvissuti, sconvolti da ciò che avevamo vissuto. Da ciò che avevamo visto. Nessuno di noi aveva la forza di provare sollievo o gioia, all’idea che qualcuno stesse venendo a liberare il campo, figuriamoci se avevamo qualcosa da festeggiare”, ha raccontato Sami Modiano all'Agi. All’epoca poco più di un ragazzino strappato alla sua Rodi insieme al papà e alla sorella Lucia, e all’intera comunità ebraica dell’isola greca che una mattina di luglio del 1944 fu cancellata. Oggi Sami è uno degli ultimi testimoni della Shoah e a 95 anni non smette la sua opera di testimonianza soprattutto tra i più giovani, sperando che un giorno siano loro a prendere il testimone della memoria. E anche se quest'anno non prenderà parte al viaggio della Memoria con gli studenti romani, nei giorni scorsi ha tenuto un incontro a Roma per raccontare la sua storia di amicizia davanti a un teatro Argentina gremito di ragazzi.