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Gaza, l’agonia del nord, 87 morti nel raid a Beit Lahia; il pianto di una ragazzina: “Sono tutti morti, papà… Sono rimasta solo io”

«Nel nord della Striscia è un incubo, e sta peggiorando», denuncia l’inviato Onu per la pace in Medio Oriente, Tor Wennesland, commentando le «scene orribili» che provengono dall’ultimo massacro di palestinesi bombardati sabato notte dall’Idf. Unifil: “Demolita deliberatamente una torre di osservazione”

21 Ottobre 2024

TEL AVIV — Una lunga fila di corpi allineati al bordo del marciapiede, in una stradina polverosa di Beit Lahia: «Sono tutti morti, papà… Sono rimasta solo io», piange al telefonino una ragazza accarezzando uno dei lenzuoli bianchi in cui sono avvolti i cadaveri. «Nel nord della Striscia è un incubo, e sta peggiorando», denuncia l’inviato speciale Onu per la pace in Medio Oriente, Tor Wennesland, commentando le «scene orribili» che provengono dall’ultimo massacro di palestinesi bombardati sabato notte dall’Idf, le forze armate israeliane.

«Almeno 87 morti e 40 dispersi», dicono le autorità sanitarie locali mentre le immagini diffuse sui social media dipingono una guernica di corpi massacrati e calcinacci, di bambini sventrati e urla disperate. Numeri «esagerati», commenta l’Idf aggiungendo che «è in corso un’indagine» ma sottolineando di avere usato «armi di precisione». Afferma di avere invece «colpito un obiettivo terroristico di Hamas». Raccontando la strage in diretta su Al Jazeera, il corrispondente Anas Al Sharif ha letto la notizia che gli stava arrivando sul cellulare comunicando che era stata decimata una famiglia di 22 persone con molti bambini. La sua.

Il bombardamento è piovuto nella notte su edifici sovraffollati, sbriciolandoli. L’illustratrice 31enne Mahasen Khateeb celebrava con la sua arte la terra che l’aveva generata: «Non voglio diventare solo un numero sul contatore dei morti nelle news — aveva scritto sui social — io sono una storia». È stata uccisa come Sohaib Hatoom, altro artista morto tra i calcinacci. Lui era un musicista, e la morte l’aveva sentita arrivare: «Se nessuno si attiva per togliere l’assedio dell’esercito, per fermare uccisioni e bombardamenti — aveva avvertito online tre giorni fa — molto presto sentirete parlare di noi come martiri. Ci stanno letteralmente sterminando».
Mentre la comunità internazionale aumenta gli sforzi per tentare di riaprire i negoziati sfruttando l’opportunità che l’uccisione di Yahya Sinwar potrebbe avere offerto, Israele accelera ulteriormente su tutti i fronti. Dopo aver «deliberatamente demolito una torre di osservazione e una recinzione — denuncia Unifil — di una nostra postazione a Marwahin», ieri sera l’Idf ha dato via a un nuovo round di attacchi in «tutto il Libano».

Per la prima volta ad essere colpite sono le strutture economiche di Hezbollah, «le capacità finanziarie dei miliziani». Si tratta dell’associazione al-Qard al-Hasan, una sorta di banco dei pegni a rete diffusa affiliata ad Hezbollah dove i libanesi portano l’oro di famiglia in cambio di prestiti in denaro. I raid hanno distrutto decine di sedi in tutto il Paese. Poco prima Gallant aveva dichiarato: «Siamo vicini ad annientare Hezbollah». Il movimento promette: «Attaccheremo le loro fabbriche».


E in attesa della risposta che sta preparando contro l’Iran, l’Idf avanza senza freni nella Striscia anche con l’operazione di terra a Jabalia e Beit Lahia. Lì gli israeliani avevano iniziato gli attacchi all’indomani del 7 ottobre. E lì l’Idf ritiene che i miliziani stiano provando a riorganizzarsi. Quella di sabato potrebbe essere una delle stragi numericamente più gravi della guerra.

I bombardamenti incessanti aggravano condizioni di vita già estreme. In migliaia si sono messi in marcia nella notte verso sud per sfuggire ai combattimenti e ai missili: «Siamo partiti senza niente, con i bambini sotto braccio, camminando per raggiungere Gaza City. Siamo arrivati esausti, senza niente da mangiare o da bere per i più piccoli», dice Mariam Hamuda, 33 anni. «Siamo intrappolati senza cibo, senza acqua né medicine. Rischiamo di morire di fame tra le macerie, ci chiediamo solo quando arriverà il nostro turno», dice Ahmad Saleh, 36 anni.

Ieri le forze armate israeliane hanno poi attaccato anche due dei tre ospedali attivi nel nord della Striscia, ferendo pazienti e operatori sanitari. Israele afferma che ospedali, scuole ed edifici civili siano usati «dai terroristi di Hamas» come copertura, e li attacca sistematicamente.

Fonte: Repubblica

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