15 Settembre 2022
Nagorno-Karabakh: una regione contesa da decenni, dando luogo a dozzine di scontri di confine tra Armenia e Azerbaijan. Se la sicurezza della ragione era prima affidata al peacemaking dell'esercito russo, la guerra in Ucraina sembra avere cambiato le carte in tavola. L'esercito russo, completamente assorbito nella guerra in Ucraina, non è più in grado di provvedere alla sicurezza dell'alleato armeno: una finestra di opportunità, com'è stata definita dagli esperti di geopolitica, di cui il governo di Baku vuole assolutamente approfittare. E l'Europa? Stavolta, complice degli Azeri, alla luce dei recenti trattati per il gas tra i governi europei e l'Azerbaijan stipulati negli ultimi mesi. Scopriamo assieme i retroscena.
Un po' di contesto: è da quasi trent'anni che Armenia e Azerbaijan si contendono il Nagorno-Karabakh, enclave armena, che è tuttavia tecnicamente territorio azero secondo le Nazioni Unite. In questo conflitto, mai di grande scala ma sempre "caldo", la Russia supporta l'Armenia (anche con l'invio di truppe), mentre la Turchia supporta l'Azerbaijan (in particolare, vendendo armi, tra cui i celebri droni Bayraktar). L'Europa non era schierata, ma supportava tacitamente l'Armenia, in particolare la Francia che ha con questa nazione un rapporto privilegiato. Questo perché, mentre l'Azerbaijan è una dittatura, l'Armenia è una democrazia, sia pur populista.
Nel 2020-21, gli incidenti di confine sono degenerati in battaglie vere e proprie che hanno visto l'Azerbaijan in netto vantaggio, sconfiggendo in maniera decisiva la numerosa artiglieria armena con la propria superiore forza aerea. Ridotta a mal partito, il presidente azero Aliyev ha promesso che l'Armenia avrebbe sgomberato la regione. Tuttavia, forse sotto la pressione dei nazionalisti, alla fine la situazione è andata diversamente: si è formato una repubblica indipendente di Artsakh, che sostenuta dall'esercito armeno, non ha ceduto alcun territorio all'Azerbaijan. La similitudine con la situazione nel Donbass è davvero impressionante
Precedentemente, gli azeri non avevano mezzi per imporre la propria volontà, perché le forze armate russe sarebbero intervenute. Ora che Mosca è completamente assorbita nel conflitto ucraino, gli azeri hanno ripreso l'iniziativa: la coincidenza con la sconfitta russa a Kharkiv non è casuale.
Ma non è tutto: gli azeri hanno un altro asso nella manica. L'Europa, attanagliata da una drammatica crisi energetica che la costringerà presto a fare razionamenti, ha stretto, da giugno in poi, una serie di accordi sul gas con l'Azerbaijan, le cui tubature possono essere facilmente collegate a quelle turche e vendute in Europa.
Dunque, l'UE chiuderà probabilmente un occhio sull'espansionismo azero, con duplice vantaggio: otterrà le agognate forniture di gas, riducendo la dipendenza da quello di Putin, e avrà piacere nel danno al prestigio russo, in quanto Mosca non è visibilmente più in grado di difendere i propri alleati. Qualcuno ha supposto addirittura che l'attacco azero sia stato programmato in accordo con gli USA, per dare ulteriori grattacapi a Mosca: una teoria improbabile, ma non c'è dubbio che Washington stia brindando di fronte ai recenti sviluppi, che metteranno disordine nella sfera di influenza russa. Intanto, l'appello dell'Armenia al sostegno militare russo è andato a vuoto, e sembra che l'unico amico rimasto al governo di Yerevan sia l'Iran, che ha promesso sostegno militare e minacciato l'Azerbaijan.
Tristemente, dunque, il primo stato cristiano della storia mondiale viene sacrificato sul tavolo della geopolitica: combatteranno da soli contro un nemico più potente, e rifornito di armi moderne da Israele. L'Europa, ancora una volta, è condizionata dalla sua dipendenza di materie prime verso dittature straniere; e in tempi di guerra, il gas azero profuma meglio di quello di Putin.
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