30 Agosto 2022
Marco Casamonti, architetto e designer, è Professore Ordinario presso la Facoltà di Architettura di Genova, in occasione del Cenacolo Artom di Santa Margherita Ligure, tenutosi nella residenza di Daniele Crippa, Presidente del Museo del Parco di Portofino, ha affermato a Il Giornale d'Italia:
“Credo che abbiamo tutti una responsabilità: considerare lo spazio urbano quello della vita delle persone. Le città esistevano prima dell’avvento dell’automobile ed esisteranno dopo. Questo dell’automobile è il frammento di un periodo che dobbiamo pensare come contro la consistenza stessa delle città, luogo di aggregazione, vita collettiva e pubblica. Privatizzare lo spazio pubblico per il trasporto privato è la cosa più insensata che si possa fare.
La città ha bisogno di piazze, strade, di gente che si incontra. Se la usiamo semplicemente per la mobilità, perdiamo la funzione aggregativa che è il senso stesso dell’abitare civile. Dobbiamo abituarci all’idea che le città devono vivere senza le automobili, allora torneranno ad essere veramente città e quindi luoghi d’incontro. È questo l’obiettivo principale da qui ai prossimi anni: costruire luoghi pubblici e pedonali dove le persone possano muoversi liberamente e in maniera aggregata.
Si è capito che costruire parcheggi non risolve il problema del traffico, anzi il parcheggio ne è attrattore. Più parcheggi interrati costruisci e più macchine arrivano, quindi non sempre sono la soluzione. Il problema è limitare l’uso del trasporto privato ed avere città dove ci sono efficientissimi trasporti pubblici e collettivi.
In tantissimi dei nostri progetti c’è una fortissima aggregazione tra architettura e natura. Cerchiamo di costruire edifici che non consumano suolo o almeno che lo riproducano e ne ri-naturalizzano pezzi. Non dobbiamo fermare lo sviluppo d’impresa e la costruzione di nuovi spazi abitabili, ma dobbiamo trovare un equilibrio con il paesaggio e l’ambiente. L’integrazione tra architettura e natura è indispensabile.
Abbiamo costruito la fabbrica Antinori che non distrugge un pezzo straordinario di Chianti, perché tutte le infrastrutture si svolgono sottoterra mentre la copertura è un grande vigneto. Il 100% della superfice costruita è stata ri-naturalizzata. È un progetto che si pone il tema del rispetto dell’ambiente, più costoso nell’immediato, ma più economico se consideriamo i costi sociali e l’impatto collettivo che ogni edificio ha. Dobbiamo partire dall’idea che il suolo non è una risorsa riproducibile, quindi ogni volta che si costruisce, si erode una parte di globo terrestre non riproducibile.
Un progetto che si pone in quest’ottica può costare il 10/15% in più di quello normale, ma è solo il costo di costruzione. In termine di benefici è molto più economico perché ha una visione di lunga scadenza e nel tempo diventa più profittevole. Chi più spende all’inizio, investendo per creare un maggior importo qualitativo tra artificio e natura, poi avrà qualcosa di più profittevole nella lunga durata dell’edificio.”
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