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Indonesia, dove i templi sfidano il tempo: Borobudur e Prambanan, i giganti della spiritualità

Borobudur e Prambanan: due universi religiosi diversi, buddhismo e induismo, che convivono fianco a fianco in un’Indonesia crocevia di culture. Testimoni di imperi scomparsi, sopravvissuti a terremoti e vulcani, restano oggi simboli di resilienza, fede e bellezza senza età

27 Agosto 2025

Indonesia, dove i templi sfidano il tempo: Borobudur e Prambanan, i giganti della spiritualità

Nel cuore dell’isola di Giava, l’Indonesia custodisce due colossi della storia e della fede, monumenti che non sono solo pietre scolpite ma veri libri aperti sulla civiltà asiatica: Borobudur e Prambanan.

Borobudur, il più grande tempio buddhista del mondo, sorge come una montagna sacra scolpita dall’uomo. Un mandala in pietra, un viaggio iniziatico inciso nei suoi bassorilievi che raccontano la vita del Buddha, mentre oltre 500 statue silenziose vegliano sui pellegrini. Salire i suoi nove piani non è semplice turismo: è un’ascesa spirituale, un pellegrinaggio tra nuvole e vulcani. All’ultimo livello si arriva metaforicamente al Nirvana, l’aspirazione più grande per la fede del buddhismo.

L’architettura qui è organizzata in senso orizzontale più che verticale, e si stanzia massicciamente sul territorio.

 All’alba, quando il sole si alza dietro il monte Merapi, Borobudur si accende d’oro: uno spettacolo che lascia senza fiato.

Pochi chilometri più a est, il tempio hindu di Prambanan erge le sue guglie snelle verso il cielo, come fiamme di pietra che sfidano l’eternità. Costruito nel IX secolo e dedicato alla Trimurti – Brahma, Il Dio ‘’Creatore dell’Universo’’, Vishnu o ‘’Preservatore’’ e Shiva, ‘’Il Distruttore’’– è un capolavoro di architettura e devozione.

Qui l’architettura è strutturata al contrario del vicino Borobudur: il complesso si sviluppa verso il cielo, più che in orizzontale.

Un intreccio di torri affusolate che sembrano voler sfiorare il cielo, custodi di leggende e racconti senza tempo.

Tra i suoi rilievi, infatti, si snoda il poema epico del Ramayana, e nelle sere d’estate, con le rappresentazioni teatrali in scena sotto le stelle, sembra che gli dèi stessi tornino a danzare.

Un breve accenno al Ramayana

Il Ramayana è uno dei capolavori epici dell’India antica, scritto in sanscrito dal saggio Valmiki tra il VII e il III secolo a.C. circa. Formato da circa 24.000 versi e suddiviso in sette libri (kandas), narra la storia del principe Rama, avatar di Vishnu, costretto all’esilio, tormentato dalla separazione dalla moglie Sita, rapita dal demone Ravana, e infine protagonista di una grande battaglia per riportarla a casa.

Il Ramayana incarna ideali morali e spirituali: dharma (dovere, giustizia), lealtà, amore coniugale, sacrificio e trionfo del bene sul male.

L’importanza dei templi per induisti e buddhisti

I templi induisti non sono solo edifici, ma spazi sacri che rappresentano la connessione tra l’umano e il divino. Riflettono l’ideale del dharma e l’armonia tra microcosmo e macrocosmo attraverso una struttura architettonica carica di significati simbolici. Al centro del tempio si trova il “garbhagriha”, il sancta sanctorum dove risiede il murti (l’immagine della divinità), simbolo dell’essenza divina e del principio supremo, il Purusa. I templi induisti svolgono anche un ruolo sociale: ospitano rituali, festival, matrimoni, cori funebri, diventando così un punto focale nella vita comunitaria e culturale.

I templi buddhisti (stupa, chaitya, wat o pagoda) rappresentano un “mondo puro” (pure land), uno spazio di pace interiore e di meditazione. Lo stupa originale serviva per venerare le reliquie del Buddha, mentre le strutture come i chaitya-griha evolsero in ambienti sacri per la preghiera e la meditazione. Il tempio è spesso progettato come un modello simbolico dell’universo, dove il santuario centrale è circondato da elementi che evocano montagne, mari e muri protettivi.

Riti condivisi: il Pradakshina

Sia nell’induismo che nel buddhismo si pratica il Pradakshina, una camminata rituale in senso orario attorno a un tempio, immagine sacra o reliquia. Questo gesto simboleggia riverenza, armonia con l’ordine cosmico e unione con il divino: ecco che se sarete fortunati nel passeggiare vicino a un colosso sacro, non di rado potrete scorgere diversi fedeli in preghiera o meditazione in devoto silenzio intenti a girarci attorno.

 

L’Indonesia in definitiva non è solo mare, surf e paesaggi incantati: è soprattutto riti, devozioni ed esempio concreto di integrazione religiosa e spirituale come dovrebbe essere ovunque, in veste di rispetto, cura ed accettazione del mistero dell’altro.

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