21 Marzo 2024
Fonte: licence creative commons - https://en.wikipedia.org/wiki/Sandra_H%C3%BCller#/media/File:MKr23529_Sandra_H%C3%BCller_(Sisi_&_Ich,_Berlinale_2023).jpg
"La zona d'interesse" si porta a casa, meritatamente, l'Oscar al miglior film straniero e lo sfila, così, al nostro “Io, Capitano”, diretto da Mattero Garrone, che comunque può andare fiero della preziosa candidatura.
Come vivono una famiglia, i loro domestici, le persone in visita per qualche giorno, gli animali in casa, persino piante e arbusti limitrofi, quando a dividerli da un campo di concentramento dove gli ebrei catturati vengono massacrati a frotte ogni giorno c'è solo un muro? Soprattutto, come vivono coloro che quel genocidio lo organizzano, effettuano, velocizzano e garantiscono quotidianamente? E' proprio ciò che la regia analizza con spietata lucidità di ripresa, con una luce che non lascia scampo, con effetti sonori accennati che sono mille volte più violenti di una scena splatter. Vedere il film e uscire dalla sala senza ripercussioni non è banale.
Regista del riuscito spaccato cinematografico targato 2023 è il bravo Jonathan Glazer, il quale lo ha presentato allo scorso festival di Cannes, vincendo diversi premi, fra i quali il Cannes Soundtrack Award e il Grand Prix Speciale della Giuria, oltre a concorrere per la Palma d’oro. Che il suono sia protagonista nell'angosciante pellicola di Glazer è chiaro e che lo abbiano notato i potenti giudici è comprensibile: Oscar, dunque, per il miglior sonoro.
Parlando del cast del film, gli attori principali sono Christian Friedel, il protagonista, e Sandra Hüller, reduce da una giusta nomination all’Oscar per il ruolo brillantemente ricoperto nel giallo di Justine Triet “Anatomia di una caduta”. La visione di quest'ultimo è assolutamente consigliata: Anatomia di una caduta (film) - recensione per IGDI.
TRAMA
Rudolf e Hedwig sono marito e moglie. Lui, però, è anche il comandante del campo di concentramento di Auschwitz. Hanno cinque figli, che fanno una vita regolare e serena al di là del muro oltre il quale migliaia di ebrei vengono, ogni giorno, trucidati nei crematori. L’area di interesse di cui al titolo si estende intorno al campo per circa 25 miglia.
Da un lato, il giardino rigoglioso di Hedwig, i suoi bimbi, figli di un papà premuroso che li porta a nuotare nel fiume e a pescare, il cane allegro che zompetta fra casa e giardino, dall'altro l'orrore. Ciò che, ogni tanto, si scorge dalla descritta "oasi" è il color rosa dei fumi, beh del gas. Inoltre, davvero in lontananza, si sentono appena dei suoni, dei rumori, talvolta si riconoscono delle grida, persone che scappano, spari che vanno a segno, trambusto di fughe e silenzio di morte. Il punto sta proprio lì: sapere, tenendo tutto a distanza con una glacialità nel cuore che è scabrosa e deprecabile. Solo una persona non ce la fa e fugge a gambe levate da quella dimora: la madre di Hedwig.
Il comandante Höss "dorme bene", come lui stesso confessa nel corso di una vista medica, e dà l'ok a un - nuovo per allora - sistema sperimentale di annientamento dei deportati a mezzo gas, più rapido e con meno residui. Il progetto approvato di un nuovo crematorio è quello della società tedesca di costruzioni Topf und Sons.
Frattanto, Hedwig spettegola con le amiche degli ebrei, raccontando quali degli abiti, gioielli e altri oggetti personali tolti agli ebrei catturati si è tenuta e ironizzando senza pietà sui restanti da lei non scelti.
A un certo punto, il comandante confessa alla moglie di essere stato promosso vice ispettore dei campi di concentramento e di necessitare di uno spostamento di domicilio, ma Hedwig non ci sta, poiché troppo legata alla sua oasi felice, e vuole restare lì (dalla parte giusta del muro ma pur sempre lì) con i bambini. Finirà che lui partirà, mentre il resto della famiglia rimarrà.
ANALISI & RECENSIONE
La parte più impressionante del film “La zona d’interesse” sta proprio nel non detto, con la sua prospettiva tutta originale: dei deportati effettivamente non si vede né si sente mai nulla, se non in lontananza, ma è quanto basta a raggelare il sangue. Ad avere decretato la vittoria di questa pellicola, coraggiosa e ancora necessaria. hanno concorso due elementi: la regia perfetta di Glazer e gli effetti sonori di Tarn Willers e Johnnie Burn. Un plauso sentito, d'altra parte, va a Christian Friedel, strepitoso e credibilissimo nel complesso ruolo del protagonista maschile.
Poco prima della scena finale, il film si sposta dal 43 ai tempi moderni, mostrando degli inservienti al lavoro in quello che, oggi, è il Museo statale di Auschwitz-Birkenau, ma che un tempo era luogo di camere a gas e forni crematori. Nella scena si vedono chiaramente scarpe ed altri indumenti ammassati dietro grosse pareti a vetro lungo i corridoi del museo, gli stessi dove, all'apertura, i turisti si troveranno a camminare, inermi di fronte all'Olocausto. Responsabili del genocidio di sei milioni di ebrei furono, soprattutto, le autorità della Germania nazista. E' bene non dimenticare nulla, mai. Voto: 8,5.
CONCLUSIONE
Questo film - la cui trama è basata su fatti di vita vera - non sembra avere pretese, se non quella di portare ancora una volta a riflettere pesantemente sul tema dell'Olocausto. E', dunque, una denuncia contro quella certa umanità che di umano non ha nulla e, forse, una riflessione critica su alcuni atteggiamenti di indifferenza tanto colpevoli quanto quelli di chi agisce violentemente. "La zona di interesse" andrebbe mostrato nelle scuole, specie ora che ci troviamo circondati da assurde guerre fratricide. Assolutamente da vedere.
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia