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Meccanica strumentale, pilastro del Made in Italy con 150 miliardi di fatturato e 500mila addetti, nonostante leggero rallentamento

Meccanica strumentale, quota del 16% dell’export italiano di beni, per un valore superiore ai 100 miliardi di euro nonostante le difficoltà già presenti nel 2024

28 Ottobre 2025

Meccanica strumentale, pilastro del Made in Italy con 150 miliardi di fatturato e 500mila addetti, nonostante leggero rallentamento

Con un fatturato annuo prossimo ai 150 miliardi di euro e circa 500mila occupati, la meccanica strumentale è una filiera strategica per il Made in Italy. Il comparto, a cui è dedicato il nuovo brief della Direzione Strategie Settoriali e Impatto di CDP dal titolo “La meccanica strumentale italiana tra eccellenza, innovazione e sfide globali”, è leader per valore aggiunto e al secondo posto per quota di occupati a livello nazionale. Nel contesto europeo, il settore italiano dei macchinari è secondo solo a quello tedesco in termini di valore aggiunto.

Un settore, fatto di aziende manifatturiere con elevata capacità di generare fatturato sui mercati esteri, che rappresenta una quota del 16% dell’export italiano di beni, per un valore superiore ai 100 miliardi di euro e un surplus commerciale di quasi 60. E’ chiamato oggi ad affrontare sfide rilevanti legate ai rischi globali in aumento, alla crescita dimensionale e all’innovazione digitale.

Uno dei temi è rappresentato dagli effetti dell’introduzione dei dazi da parte degli USA, primo mercato di sbocco della meccanica strumentale italiana, mitigati dalla nostra forte specializzazione e dalla scarsità di competitors americani. Da considerare tuttavia che, già nel 2024, il comparto dei macchinari ha registrato un rallentamento, con una riduzione significativa di fatturato (-6%), volumi prodotti (-3,8%) ed export (-1,3%), in particolare verso Germania e Francia. Una diversificazione geografica dell’export verso le grandi economie emergenti quali Asia e Paesi del Mercosur rappresenta dunque una strategia da considerare per il futuro.

In tema di consolidamento industriale, lo Studio segnala la necessità di favorire percorsi di aggregazioni orizzontali e verticali per consentire di accelerare sul piano dell’innovazione, integrando sempre più meccanica, elettronica e tecnologie digitali, anche perché il sottodimensionamento tipico delle aziende italiane rispetto agli standard europei è di ostacolo alla penetrazione in nuovi mercati e aumenta la vulnerabilità ad acquisizioni ostili.

In ultimo, il ritmo della transizione tecnologica in atto nella nostra meccanica strumentale richiede un’accelerazione, a partire dall’integrazione di tecnologie AI, il cui tasso di adozione in azienda è inferiore alla media europea, e dal ricorso a competenze tecniche digitali, ad esempio aumentando la presenza di specialisti IT.

 

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