16 Ottobre 2025
Negli ultimi anni KARL STORZ Italia ha accelerato su struttura, competenze e prossimità al cliente, con 14 nuovi reparti, triplicazione dell’organico e sede a Roma; sul fronte people ha ottenuto l’ambito riconoscimento Great Place to Work e la certificazione per la parità di genere. Il focus sulle persone resta a tutto campo e si qualifica ulteriormente con un nuovo percorso, “Persone oltre l’azienda”, che unisce benessere, inclusione e crescita dei talenti.
Direttrice, qual è stata la leva decisiva della trasformazione recente di KARL STORZ Endoscopia Italia?
Mettere a fuoco pochi obiettivi chiari: semplificare i processi, avvicinare ancora di più l’azienda a cliniche e professionisti, far crescere le persone. Abbiamo ridisegnato l’organizzazione, investito su competenze e service, reso la collaborazione interna più veloce e trasparente. Quando cultura ed execution vanno nella stessa direzione, i risultati arrivano.
Per chi non conosce KARL STORZ: cos’è e cosa fa in Italia?
Siamo un’azienda internazionale con radici familiari, riconosciuta per l’endoscopia e la chirurgia mininvasiva. Una leadership segnata quest’anno da numeri importanti: l’anniversario di 80 anni di attività sul mercato, 10mila dipendenti, un valore di 2,5 miliardi di euro e una presenza in oltre 40 Paesi. In Italia operiamo a stretto contatto con ospedali e università: supportiamo la pratica clinica con tecnologie affidabili, formazione hands-on e assistenza puntuale. Il nostro focus è semplice: qualità, sicurezza e continuità del servizio.
Come si mantiene l’eccellenza tecnologica mettendo al centro le persone?
Tenendo insieme innovazione e usabilità. Investiamo su dispositivi di lunga durata, integrazione digitale dei flussi in sala, standardizzazione e training per ridurre la variabilità. In parallelo, lavoriamo sulle competenze trasversali: manager-coach, feedback chiari, percorsi di crescita e un clima che favorisca energia e fiducia.
Quali sono i tratti distintivi del suo stile di leadership?
Disciplina, gioco di squadra, responsabilità. Mi interessa costruire contesti in cui ogni talento possa esprimersi: obiettivi comprensibili, autonomia, misurazione degli esiti. La vittoria è sempre corale: si vince quando i team sono messi nelle condizioni di fare bene, non quando si chiede loro di “fare di più”.
Quanto ha contato la sua storia personale — dall’infanzia trascorsa in Nigeria all’esperienza da pallavolista professionista — e cosa ha portato concretamente nel suo stile di guida?
Ho trascorso l’infanzia in Nigeria e ho giocato a pallavolo a livello professionistico. La Nigeria mi ha dato uno sguardo multiculturale: adattamento, ascolto autentico, rispetto delle differenze e capacità di leggere i segnali deboli in contesti complessi. La pallavolo professionistica mi ha insegnato disciplina quotidiana, gestione della pressione, chiarezza dei ruoli, fiducia reciproca e la cultura del punto dopo l’errore. In azienda questo si traduce in obiettivi chiari, routine di team efficaci, debrief strutturati, feedback trasparenti e responsabilità condivisa. Credo molto nell’idea di allenare il potenziale: creare contesti in cui le persone possano crescere, imparare velocemente e trasformare le difficoltà in esecuzione migliore.
Avete candidato un progetto ai CEOforLIFE Awards. Di che cosa si tratta?
“Persone oltre l’azienda” è un programma che guarda al collega nella sua interezza — lavoro, famiglia, passioni, crescita personale. Comprende momenti di confronto con le famiglie, iniziative per valorizzare talenti extra-professionali, percorsi su diversità e inclusione e attività STEM dedicate ai figli dei dipendenti. L’idea di fondo è che il benessere non sia un benefit, ma una capacità organizzativa che abilita performance sostenibili.
Che impatti state osservando sulla vita aziendale?
Più appartenenza, collaborazione e creatività. Le persone si sentono ascoltate e si espongono di più con proposte concrete. Questo incide anche sul rapporto con i clienti: team motivati e formati portano in corsia un livello di servizio più costante, quindi valore per i professionisti e, in ultima istanza, per i pazienti.
Inclusione e merito: come convivono?
L’inclusione è il terreno su cui il merito cresce. Parità di opportunità, strumenti per conciliare vita e lavoro, percorsi di leadership accessibili: quando le regole del gioco sono chiare per tutti, emergono competenze, non stereotipi.
Una priorità per i prossimi 12 mesi?
Rafforzare la prossimità ai reparti: service rapido, formazione mirata, ascolto delle esigenze reali e sviluppo congiunto di soluzioni. E, all’interno, consolidare le pratiche che hanno mostrato di generare impatto, misurandole con KPI semplici e comparabili.
Un messaggio alle giovani professioniste che ci leggono.
Scegliete squadre che vi facciano crescere. Cercate contesti in cui sia possibile sbagliare, imparare e riprovare. La leadership non è un titolo: è prendersi cura delle persone e del valore che insieme riusciamo a creare.
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