13 Ottobre 2025
Massimo Bortolin, Luca Poles
Era il 1945. Dall’ orrore della Risiera di San Sabba [fu un campo di concentramento Nazista a Trieste che vide ammazzate migliaia di persone, dotato dell’unico forno crematorio in Italia, NdR], un giovane di Porcia di Pordenone, Mario Bortolin, riesce a tornare a casa vivo.
Già esperto artigiano inizia a costruire delle piccole macchine per imbottigliare il vino, abbondante nella zona. I modelli di consumo stanno cambiando: dall’uso delle damigiane, che dal coltivatore di uva e diretto produttore di vino, portavano il prodotto nelle case, il passaggio ai fiaschi e alle moderne bottiglie in vendita nelle botteghe e nei primi supermercati, riscuote grande successo ed avanza di pari passo con l’immediato “boom economico”. L’officina del piccolo imprenditore Bortolin cresce con rapidità, grazie anche alle costanti innovazioni ed alla assidua ricerca per aumentare capacità e quantità produttive delle proprie macchine. Dalle prime Spillatrici semplici a quelle sempre più complesse per arrivare alle automatiche. Dalle prime Tappatrici a mano alle macchine automatiche per produrre i classici tappi di metallo a corona (oggi ancora usati per le bibite e per la birra).
Il progresso non si ferma e nemmeno la premiata Ditta Bortolin (oggi BortolinKemo) che arriva a esportare nella vicina ma ostile Yugoslavia, anche grazie ad una idea “stile Ferruccio” [Lamborghini, NdR]: Mario si ingegna con l’uso di alcune motociclette sidecar per inviare negli impianti dei clienti, esperti Tecnici pronti a risolvere urgenti problemi di ripristino delle sue macchine. L’idea lo premia per la grande affidabilità come fornitore, proprio come fu per le vendite delle prime meravigliose auto del signor Lamborghini negli anni ’60: da produttore di grossolani trattori.. sfidò il “Mago Enzo” [Ferrari, NdR] e riuscì ad entrare in un mercato di alto prestigio anche grazie a questo valido marketing. Forse tra i primi metodi di Customer Satisfaction dell’era del commercio moderno. La storia di come, oltre 40 anni dopo, i familiari di Mario ritrovarono un esemplare di questo eccezionale “iso-scooter” della Iso Rivolta di Milano ed ebbero la capacità ..da rottame a restaurarlo alla perfezione.. ve la lasciamo per un altro racconto. Quello che sarà sufficiente commentare oggi, è come anche questo aneddoto rappresenti, in modo emblematico, la vitalità dei nostri conterranei che pur senza grandi capitali, ma ricchi di iniziative e di idee, hanno costituito dalla distruzione del dopoguerra.. questo mondiale successo chiamato Made in Italy.
Sono questi geniali e infaticabili artigiani, sono queste devote e caparbie famiglie che unite con le donne e gli uomini delle loro zone incarnano modelli di impresa ai quali i Sociologi si ostinano nel dare nomi, ma che non son altro che la perfetta combinazione di un popolo all’interno del suo territorio. Una moltitudine di individui che, parte di una collettività che fu omogenea e residenziale, ha saputo coniugare innovazioni tecnologiche e continuità familiari, per arrivar ad aprirsi ai mercati globali.
La piccola ditta Friulana piena di baldi intraprendenti lavoratori e progettisti, in ben 80 anni di attività [è per questa incredibile occasione che lo scrivente è qui a parlarvene, NdR] ha raggiunto le vette nel settore sia dell’ imbottigliamento che dell’imballaggio e per finire delle chiusure metalliche [i tappi a corona o vite, NdR]. Investendo costantemente nell’automazione è oggi considerata una “Atelier” della Meccatronica. Tutti i suoi impianti che installa a fabbriche di mezzo mondo [ne citiamo alcune ? Berlucchi, Banfi, Ricasoli, Cavit, Zonin, Pasqua, Santa Margherita, Tommasi e molti altri solo in Italia;champagnerie come Perrier-Jouet, Nicolas Feuillatte, Deutz, Duval-Leroy, Mumm; liquorifici come Baileys, Bacardi, Pampero, Suntory, Beluga, Chivas Regal, Gordon's, Tanqueray e molti, moltissimi altri sparsi per tutto il pianeta] si muovono solo con automazione e robotica di altissima precisione ed enorme quantità di produzione. Sono proprio la Ferrari del settore (in particolare dell’ Imbottigliamento).
Le loro macchine funzionano a velocità eccezionali e nel mondo hanno il prestigio di un marchio così leggendario come quello del Cavallino: riconosciuto indiscutibilmente come il più famoso ed apprezzato. Il Cavalier Mario se ne è andato da decenni, in questi giorni avrebbe festeggiato 99 anni, ma il suo spirito è presente e rappresenta lo spirito di tutti noi che siam figli di questo paese. Anche un caso imprenditoriale come questo, ben lontano dai clamori mediatici, è speranza per il nostro futuro e vuol ricordare con forza che il Made in Italy non è solo una etichetta di successo, ma il risultato della storia di lavoro tenace fatto di idee e di persone. La impresa umana (che è umana !).-
di Luca Poles
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