14 Settembre 2025
Ecco il testamento originale di Giorgio Armani, di cui Il Giornale d'Italia è entrato in possesso. Tra i punti fondamentali, 100% della società alla Fondazione (con il 30% dei diritti di voto, il restante 40% a Dell'Orco, il 15% a testa ai nipoti Silvana e Andrea Camerana), e la vendita del 15% a uno grandi gruppi fra Lvmh, Essilux o l'Oreal, per poi cedere la maggioranza entro 8 anni o effettuare la quotazione in Borsa.
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Alla fondazione Giorgio Armani va l'intera proprietà di Giorgio Armani Spa, 9,9% di azioni in proprietà, 90% in nuda proprietà delle azioni di cui l'usufrutto è assegnato a Pantaleo dell'Orco, ai 3 nipoti dello stilista e alla sorella Rosanna. È quanto emerge dal testamento di Giorgio Armani.
Il compagno e braccio destro di Giorgio Armani, Pantaleo dell'Orco, avrà il 40% dei diritti di voto nell'azienda della moda fondata dallo stilista. Il 30% dei diritti spetteranno alla Fondazione, il 15% ciascuno ai nipoti Silvana Armani e Andrea Camerana. È quanto emerge dal testamento dove sono assegnate azioni senza diritto di voto a Roberta Armani e a Rosanna Armani.
La piena proprietà, pari a una quota del 75%, della società L'Immobiliare Srl va alla sorella Rosanna e ai nipoti Andrea Camerana e Silvana Armani, ai quali lascia anche la restante quota pari al 25% in nuda proprietà. L'usufrutto andrà invece a favore del compagno e braccio destro Leo Dell'Orco. Alla società fanno capo gli immobili di Saint Toropez, Antigua, Broni e Pantelleria.
Per decenni Giorgio Armani ha incarnato l’ideale dell’imprenditore italiano autonomo, refrattario alle sirene dei colossi del lusso e contrario alla quotazione in Borsa. Ma oggi, con il testamento che disegna il futuro della sua maison, si apre una nuova pagina: il fondatore ha previsto la cessione di una quota iniziale del 15% a uno tra tre grandi gruppi internazionali — LVMH, EssilorLuxottica o L’Oréal — segnando un cambio di rotta radicale rispetto alla filosofia che ha guidato il brand sin dalla sua nascita.
L’indipendenza, un tempo considerata intoccabile, viene ora reinterpretata alla luce delle sfide globali e della necessità di garantire continuità e solidità al marchio. Armani non abdica ai suoi valori, ma li adatta a un contesto in cui restare soli potrebbe significare restare indietro.
Nel suo testamento ha disposto un dettagliato piano per il futuro della maison, che prevede nel giro di qualche anno l'entrata in maggioranza di un colosso del lusso e della moda (escludendo, quindi, i fondi d'investimento e finanziarie) o, in alternativa, la quotazione in Borsa, con la Fondazione al 30% del capitale.
Il primo step è la vendita entro 18 mesi del 15% a Lvmh, EssilorLuxottica, l'Oreal o gruppi simili. E' quella che Armani chiama la "prima tranche" di vendita. "Su impulso della Fondazione - si legge poi nel testamento - e con l'accordo di Leo (Dell'Orco, ndr)", a decorrere dal terzo anno ed entro il quinto anno dalla data di apertura del testamento, Armani chiede agli eredi di "cedere al medesimo acquirente del primo 15% del capitale della società, un'ulteriore quota azionaria" per un minimo del 30% del capitale e un massimo del 54,9%. Con questa "seconda tranche", il nuovo soggetto potrebbe così arrivare alla maggioranza assoluta della maison.
Armani ha pensato ad un piano B nel caso in cui seconda vendita non dovesse andare in porto: ha disposto infatti in alternativa "la quotazione delle azioni della società su un mercato regolamentato italiano o di pari standing". Lo sbarco in Borsa arriverebbe, qualora ne facessero richiesta alla Fondazione, Dell'Orco e uno dei nipoti, Andrea e Silvana, entro 3 anni dall'apertura del testamento, ma "in ogni caso" entro 5 anni o al massimo 8 anni.
Armani ha pensato anche a ciò che accadrà dopo l'Ipo. Si dovrà attuare "un ordinato piano di valorizzazione di una parte della partecipazione residua, detenuta dalla Fondazione nella societa', di modo che la partecipazione della Fondazione non sia mai inferiore al 30,1%".
"L’indipendenza dai grandi gruppi potrebbe ancora essere un valore trainante per il Gruppo Armani in futuro, ma non mi sento di escludere nulla”, aveva dichiarato Armani a Bloomberg. “Anche la quotazione in Borsa è qualcosa che non abbiamo ancora discusso, ma è un’opzione che potrebbe essere presa in considerazione, auspicabilmente in un futuro lontano”.
“Mi auguro - aveva aggiunto - che il gruppo continui a prosperare anche in mia assenza. La sfida più grande sarà rimanere al passo coi tempi ed evolversi mantenendo una visione inclusiva della moda, in cui l’individuo continui a giocare un ruolo centrale. La soluzione migliore sarebbe un gruppo di persone fidate vicine a me e scelte da me. Questa sarebbe anche l’opzione più strategica, data l’ampiezza delle attività in cui il gruppo è coinvolto. Ho iniziato da solo con una piccola azienda e l’ho trasformata, pezzo per pezzo, in un gruppo di rilevanza internazionale, grazie anche al prezioso contributo dei collaboratori che ho scelto lungo il cammino. Lo scenario adesso è molto diverso rispetto a quando ho iniziato, quindi immagino funzioni multiple coordinate per coloro che verranno dopo di me, molto più efficienti”.
Armani aveva spiegato così chi guiderà l’azienda in futuro: "La fondazione deciderà e governerà il futuro del Gruppo Armani perché le persone più vicine a me sono alla guida di essa. Il ruolo della fondazione è essenzialmente quello di garantire e custodire il mio lavoro e i valori a cui tengo di più e su cui ho fondato la mia azienda. La mia intenzione era quella di stabilire un quadro entro cui il mio gruppo potesse operare anche in mia assenza; i dettagli operativi saranno definiti quando necessario”.
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