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Unicredit, Orcel: "m&a, puntiamo sull'Est Europa; ma senza unione bancaria e con le attuali valutazioni è impossibile"

Intervistato durante la 54esima edizione del World Economic Forum di Davos, il ceo di Unicredit Andrea Orcel ha parlato delle prospettive dell'Unione bancaria

18 Gennaio 2024

In occasione della 54esima edizione del World Economic Forum, Andrea Orcel, ceo di Unicredit, si è soffermato sulla strategia del 2024 per il settore bancario e ha parlato di M&A tra le banche, lanciando un monito all’Europa per il mancato completamento dell’Unione bancaria. Intervistato dalla CNBC a Davos, il numero uno di Unicredit ha sottolineato tutte le difficoltà che il sistema bancario europeo incontra ad avviare operazioni di fusioni e acquisizioni a causa degli ostacoli presenti in Europa. 

Si discute molto riguardo fusioni ed acquisizioni e lei è considerato uno dei principali protagonisti del consolidamento delle banche europee. Deutsche Bank e Commerz-bank sono le ultime voci che sono circolate a proposito. Ha qualche interesse nel consolidamento tedesco?

"L'Europa richiede m&a, le nostre istituzioni e banche sono oscurate dai loro omologhi negli Stati Uniti. Abbiamo bisogno di fusioni, acquisizioni e banche più forti per sostenere l'economia. Al momento mancano però due elementi cruciali: un'unione bancaria, senza la quale qualsiasi accordo transfrontaliero sarà quasi impossibile e, in secondo luogo, le valutazioni, che sono disallineate dai fondamentali. Ogni volta che ti poni un obiettivo il valore si disallinea e questo rende la transazione non economica per gli azionisti o gli acquirenti. Questo significa che proseguiremo così per un lungo periodo e non ci saranno movimenti".

Sta esaminando il potenziale delle banche dei Paesi dell'Europa centrale e orientale? Sono più attraenti rispetto al passato?

"Penso che, se si guarda alla regione dell'Europa centrale e orientale nel suo complesso come a un portafoglio, si tratta più di una percezione che di una realtà. Mentre singoli Paesi possono aver avuto problemi, nel complesso la regione ha sempre ottenuto buoni risultati e, attualmente, la considero il motore trainante per l'Europa. In primo luogo, stiamo vedendo qui la convergenza nell'Ue, e in secondo luogo, c'è un notevole processo di modernizzazione, una popolazione più giovane e talenti migliori. Per noi questi Paesi rappresentano un motore di crescita. Parlando di crescita del credito e margini, se si guarda alla parte centrale dell'Europa, è un po' più impegnativo. Ma se ci si sposta verso l'Europa centrale e orientale, c'è crescita, piena occupazione, aumento della ricchezza e stiamo iniziando ad offrire servizi come asset management e assicurazioni, cose che non facevamo cinque anni fa. Quindi, siamo molto positivi su quest'area".

Riguardo l'unione bancaria, gli Stati Uniti hanno fatto molti progressi mentre l'Europa è quasi ferma. Cosa dobbiamo fare per superare gli ostacoli? 

"Penso che sia necessario avere un progetto comune e che le persone facciano compromessi. È comprensibile che un Paese si preoccupi se una banca nel suo territorio raccoglie liquidità dai depositanti locali e la utilizza in un altro Paese e poi qualcosa va storto, la liquidità può essere a rischio. Pertanto, quel Paese pone numerosi ostacoli all'unione bancaria".

Storicamente abbiamo visto un divario tra i paesi? 

"C'è un divario evidente tra i Paesi del Nord e del Sud, ma ora vediamo che anche alcuni Paesi dell'Europa centrale e orientale condividono lo stesso punto di vista, specialmente per quanto riguarda il capitale. In teoria, dovremmo avere un punto di ingresso unico. Se una delle nostre banche ha problemi, dobbiamo fornire il capitale necessario. Tuttavia, ogni banca ha un indicatore di capitale richiesto nei rispettivi Paesi, spesso molto superiore al minimo richiesto, il che impedisce di coprire tutte le nostre banche in modo efficiente. 
La stessa situazione si riflette nella gestione della liquidità. Credo che ciò che è cambiato sia la forza delle banche. Se confrontiamo la situazione di 10 anni fa con quella di oggi, è un cambiamento come il giorno e la notte. Lo vediamo nei risultati, sia in termini di capitale, che di liquidità e qualità degli asset. Pertanto, se le persone guardassero ai fatti attuali e alla situazione del rischio, noterebbero differenze significative rispetto a 10 anni fa. Sono convinto che con queste nuove condizioni, basate su regolamentazioni più solide, possiamo trovare soluzioni che permettano al settore bancario di funzionare correttamente".

Il secondo punto che ha menzionato riguarda le valutazioni delle prede del m&a. Le valutazioni diventano proibitive quando si individua una possibile acquisizione, rendendo difficile portare a termine l'operazione. Anche la sua banca non ha una valutazione corrispondente al suo valore perché quota a dei multipli ancora molto bassi rispetto ai suoi omologhi negli Stati Uniti.

"Ritengo che quando ci si trova in situazioni di difficoltà, è giusto guardare ai multipli sul book value. Tuttavia, quando ci si trova in una situazione in cui la sopravvivenza non è più una preoccupazione, è importante considerare il rapporto prezzo/utili, concentrandosi sulla redditività anziché sulla sopravvivenza. Se si guarda alla nostra banca in questo modo, ad esempio, il mercato ci valuta a cinque volte gli utili, il che equivale a un costo dell'equità del 20%. Allo stesso tempo, molte banche oggetto di voci d'acquisizione vengono valutate a sei o 6,5 volte gli utili, con un premio del 20% o 30% rispetto a noi. Se dovesse essere effettuato un ulteriore acquisto, si aggiungerebbe un ulteriore 30% al costo. Se chiedessi a uno dei miei azionisti se preferirebbe che comprassi una banca di successo come la nostra, granendo che continueremo a generare utili a un rapporto prezzo/utili di cinque, o se preferirebbe che comprassi una baca oggetto di voci di acquisizione, dove dovrei eseguire e realizzare le sinergie a nove volte gli utili e con sinergie a sette, la risposta sarebbe sempre la stessa. Credo che stia cambiando la percezione, soprattutto considerando le aspettative per il 2024 e il 2025 in termini di tassi e inflazione. Potrebbe esserci una valutazione più basata sui fondamentali e una maggiore differenziazione tra coloro che hanno svolto un lavoro approfondito e possono sostenere i risultati nel corso del ciclo economico e coloro che hanno fatto meno lavoro ma non possono farlo. Se ció accadrà, il mercato dell'm&a diventerà più solido, per così dire".

Abbiamo raccolto molte opinioni riguardo la politica monetaria. Di quale tipo di tagli dei tassi avremo bisogno in Europa per sostenere la crescita?

"Se guardiamo alle curve forward al momento, stanno anticipando un taglio dei tassi di 150 punti base entro la fine dell'anno.
Ma la mia impressione è che sarà meno perché c'è una preoccupazione che anche io avevo, cioè una brusca frenata. Al momento, tutti parlano di un soft landing. Finché c'è la percezione nei dati che il rallentamento è più graduale, la pressione per ridurre velocemente sarà inferiore. Fintanto che l'inflazione continua a ridursi verso livelli che tutti considerano accettabili e ciò non porta le economie in recessione o in una recessione profonda, la pressione per allentare in anticipo sarà minore. La crescita dello scorso anno si è fermata allo 0,6% e potremmo continuare a crescere allo stesso ritmo o leggermente di più anche per quest'anno. Non è eccezionale, ma non è nemmeno negativo".

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