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Friedrich Merz e il declino del modello tedesco: Berlino tra crisi industriale e riarmo forzato

A sei mesi dal suo insediamento, il cancelliere Merz non riesce a rilanciare l’economia tedesca. Industria in calo, energia cara e riarmo record mettono a rischio il modello che fece grande la Germania.

10 Novembre 2025

Friedrich Merz e il declino del modello tedesco: Berlino tra crisi industriale e riarmo forzato

Friedrich Merz, fonte: imagoeconomica

Il miracolo che non si ripete

Il governo di Friedrich Merz nasceva con l’ambizione di restituire slancio alla locomotiva d’Europa. Ma dopo sei mesi alla Cancelleria, la Germania resta ferma ai blocchi di partenza. Merz ha ereditato da Olaf Scholz un Paese in difficoltà: la fine del gas russo a basso costo, la concorrenza cinese nei settori ad alta tecnologia e i dazi americani sulle esportazioni industriali hanno demolito i pilastri del vecchio “modello Germania”.

Il cuore dell’industria batte più piano

L’industria tedesca, storicamente motore della prosperità nazionale, è in contrazione. Ad agosto la produzione industriale è scesa del 4,3% rispetto al mese precedente, il calo più marcato dall’inizio della guerra in Ucraina. Crollano comparti chiave come automotive (-18,5%), macchinari (-6,2%), farmaceutica (-10,3%) ed elettronica (-6,1%): insieme rappresentano quasi la metà delle esportazioni tedesche. Non stupisce che l’export complessivo sia sceso del 5% in tre anni, segnale di una crisi ormai strutturale, non più congiunturale.

Lavoro e demografia in allarme

Alla frenata industriale si somma un problema di lungo periodo: la carenza di manodopera qualificata. Secondo l’Istituto Economico Tedesco, mancano 400 mila lavoratori e ogni mese si perdono 10 mila posti di lavoro netti. L’età media della forza lavoro cresce, la natalità cala e la transizione digitale richiede competenze che molte aziende non trovano più. Il rischio è una spirale perversa: meno occupazione, meno consumi, meno investimenti.

Un “autunno delle riforme” che non decolla

Merz aveva promesso un “Herbst der Reformen”, un autunno delle riforme destinato a rilanciare industria e infrastrutture. Ma il piano da 500 miliardi di euro concordato con la Spd è impantanato tra vincoli di bilancio e divisioni politiche. Il settore siderurgico, che dovrebbe sostenere la grande opera di rinnovamento infrastrutturale, ha perso il 12% della produzione nella prima metà del 2025. Nel tentativo di tamponare la crisi, il cancelliere ha annunciato agevolazioni fiscali, sussidi sull’energia e la nomina dell’ex banchiere Martin Blessing come “inviato per gli investimenti”, ma i capitali stranieri non arrivano e la fiducia resta bassa.

Il riarmo come nuova politica industriale

Sul fronte militare, Merz gioca la carta del riarmo come leva economica. La “lista della spesa” del 2026 prevede 377 miliardi di euro per nuovi armamenti: 50 F-35, 500 blindati Rheinmetall, 400 missili Tomahawk, droni israeliani e sistemi antiaerei. Un piano che piace a Washington, alla Nato e a Bruxelles, ma che la Corte dei Conti tedesca definisce “un gigante dai piedi d’argilla”: il debito pubblico potrebbe toccare 850 miliardi entro il 2029. A guadagnarci, per ora, sono soprattutto le grandi aziende del complesso militare-industriale, con Rheinmetall e Diehl Defence in testa.

Energia e geopolitica, i veri nodi

Dopo aver voltato le spalle a Mosca, Berlino ha scoperto la dipendenza dal gas liquefatto americano, più caro e meno stabile del metano russo. Il governo Merz ha chiesto a Washington l’esenzione dalle sanzioni sulla filiale tedesca di Rosneft, da cui dipendono tre raffinerie chiave del Nord-Est, ma la risposta tarda ad arrivare. Il caro energia rimane un macigno: l’industria chimica e quella metallurgica rischiano chiusure a catena se i costi non scenderanno nel 2026.

Il fantasma del declino

Nel Paese cresce un sentimento di disillusione. La promessa di un “nuovo miracolo economico” non si è avverata, mentre l’inflazione e l’incertezza logorano il consenso. L’AfD approfitta del malcontento e cresce anche nei Länder occidentali, sfondando nel cuore industriale della Ruhr. La luna di miele tra Merz e i tedeschi è già finita: la locomotiva d’Europa rischia di restare in stazione, mentre il mondo corre verso una nuova stagione di competizione strategica e industriale.

 

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