11 Settembre 2025
Proteste Nepal Fonte: Pagine Esteri
Il Nepal è precipitato nella più grave crisi politica degli ultimi decenni dopo che le proteste guidate dalla Generazione Z hanno costretto alle dimissioni sia il Primo Ministro KP Sharma Oli che il Presidente Ram Chandra Poudel, mentre i manifestanti hanno dato alle fiamme il Parlamento e le residenze dei leader politici.
La crisi è iniziata quando il governo nepalese ha imposto il 3 settembre un controverso divieto su 26 piattaforme social, inclusi Facebook, YouTube e X (Twitter), accusando le aziende di non essersi registrate presso le autorità locali come richiesto da una nuova legge. Il provvedimento, percepito come un tentativo di censura, ha scatenato la rabbia dei giovani nepalesi digitalmente connessi.
Le proteste, organizzate principalmente da giovani under-28 attraverso il movimento "Gen-Z", sono iniziate lunedì 8 settembre come manifestazioni pacifiche a Katmandu. Tuttavia, la situazione è rapidamente degenerata quando le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco sui manifestanti che tentavano di entrare nel complesso parlamentare.
Il bilancio è drammatico: 19 morti e oltre 400 feriti secondo i dati ufficiali, con Amnesty International che conferma l'uso di munizioni vere contro i manifestanti. Tra le vittime si contano anche studenti in uniforme scolastica.
Martedì 9 settembre, nonostante il governo avesse revocato il ban sui social media nelle prime ore del mattino, le proteste sono continuate con rinnovata intensità. I manifestanti hanno sfidato il coprifuoco imposto dalle autorità, prendendo di mira:
Di fronte al collasso dell'ordine pubblico, Oli ha presentato le dimissioni nel pomeriggio, seguito poche ore dopo dal Presidente Poudel, la cui residenza ufficiale era stata presa d'assalto e incendiata dai manifestanti.
Quello che è iniziato come una protesta contro la censura digitale si è rapidamente trasformato in una rivolta generalizzata contro la corruzione sistemica e l'élite politica nepalese. I giovani manifestanti, molti dei quali disoccupati (il tasso di disoccupazione giovanile raggiunge il 20%), accusano i politici di arricchirsi mentre la popolazione lotta per sopravvivere con un reddito pro capite di appena 1.400 dollari annui.
"Sono qui per protestare contro la massiccia corruzione nel nostro Paese", ha dichiarato uno studente ai media locali. "Il Paese è diventato così difficile che per noi giovani non ci sono motivi validi per rimanere". Particolare risentimento è emerso verso i cosiddetti "Nepo Kids", i figli dei leader politici che godono di uno stile di vita lussuoso e di numerosi privilegi mentre i loro coetanei faticano a trovare lavoro.
Le autorità militari hanno dovuto evacuare diversi ministri dalle loro residenze utilizzando elicotteri, mentre l'aeroporto internazionale di Katmandu è stato chiuso per motivi di sicurezza. L'esercito nepalese ha lanciato appelli alla calma e al dialogo pacifico, ma la situazione rimane estremamente tesa.
Con le dimissioni di entrambi i vertici istituzionali, il Nepal si trova in un vuoto costituzionale senza precedenti. Gli esperti legali suggeriscono che sarà necessario un "accordo di transizione" che coinvolga figure ancora credibili presso la popolazione, in particolare i giovani. Il sindaco di Katmandu, Balendra Shah, un ingegnere 35enne ex-rapper considerato una figura popolare e non corrotta, ha lanciato appelli alla moderazione attraverso i social media, facendo riferimento al movimento come "puramente Gen-Z".
La crisi nel Nepal, Paese strategicamente posizionato tra India e Cina, solleva preoccupazioni regionali. Il Paese himalayano da 30 milioni di abitanti ha vissuto un'instabilità politica cronica dalla fine della monarchia nel 2008, con 14 primi ministri in 17 anni.
La situazione attuale rappresenta tuttavia un punto di svolta senza precedenti, con una generazione che si ribella contro decenni di corruzione e malgoverno attraverso l'uso strategico dei social media e delle proteste di massa. La comunità internazionale, incluse le Nazioni Unite, ha chiesto un'indagine trasparente sull'uso eccessivo della forza contro i manifestanti, mentre il mondo osserva con attenzione l'evolversi di quella che molti definiscono la prima vera "rivoluzione digitale" dell'Asia meridionale.
Di Eugenio Cardi
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