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Gaza, morto a 41 anni Suleiman Obeid, “Il Pelè Palestinese” ucciso da raid Idf nel sud della Striscia mentre aspettava aiuti umanitari

Solo tra luglio e agosto del 2025, secondo le fonti palestinesi, sono stati uccisi 14 calciatori, tra titolari e riserve durante il perdurare del genocidio in corso nella Striscia di Gaza

08 Agosto 2025

Gaza, morto a 41 anni Suleiman Obeid, “Il Pelè Palestinese” ucciso da raid Idf nel sud della Striscia mentre aspettava aiuti umanitari

Suleiman Obeid Fonte: X @FutbolPalestine

Era conosciuto da tutti come “il Pelé palestinese”, o per qualcuno semplicemente “la perla nera”. Suleiman Obeid è morto a 41 anni, ucciso durante il genocidio in corso nella Striscia da un attacco dell’esercito israeliano nel sud della Striscia di Gaza mentre era in attesa di aiuti umanitari. Con lui se ne va uno dei simboli dello sport palestinese. L’annuncio della scomparsa è arrivato direttamente dalla PFA, la Federazione calcistica palestinese. “Una delle stelle più brillanti del calcio palestinese”, lo ha definito la nota ufficiale.

Gaza, morto a 41 anni Suleiman Obeid, “Il Pelè Palestinese” ucciso da raid Idf nel sud della Striscia mentre aspettava aiuti umanitari

Con la morte di Suleiman Obeid, salgono a 662 i membri della comunità sportiva uccisi a Gaza dall'inizio del conflitto, secondo quanto riferisce la Federazione palestinese. L’ultimo nome aggiunto a questa tragica lista è quello di un calciatore che, tra soprannomi altisonanti e giocate memorabili, aveva incarnato la passione per il pallone nel cuore di uno dei territori più martoriati del mondo.

Obeid era conosciuto come “il Pelé palestinese” o, come lo chiamavano altri, “la perla nera”. Qualcuno si era spinto a paragonarlo a Thierry Henry per la grazia delle sue movenze in campo, e a giudicare dalle immagini rimaste online, il paragone non era del tutto azzardato. La sua è stata una storia di sport e resistenza nel mezzo delle macerie. Una storia che si è interrotta tragicamente il 6 agosto scorso, quando Obeid è stato colpito a morte durante un attacco israeliano mentre cercava cibo, in fila con altri civili per ricevere aiuti umanitari nel sud della Striscia.

Aveva 41 anni. Non era più l’idolo che una volta trascinava la sua gente per novanta minuti fuori dalla quotidiana disperazione, ma era ancora lì, a Gaza, a vivere dove era nato e cresciuto, cercando di proteggere come poteva la moglie e i 5 figli.

Prima di lui, a cadere sotto i bombardamenti erano stati altri giocatori: Rashid Dabour, difensore ventottenne dell’Al-Ahli Beit Hanoon, ucciso in un raid aereo. Oppure Shadi Sabah, morto con la famiglia durante il crollo del palazzo in cui viveva. “Un’intera formazione” l’aveva definita, con amara ironia, il commentatore Khalil Jadallah su Al-Jazeera nel 2024, elencando i nomi dei migliori calciatori palestinesi uccisi durante la guerra.

Chi è Suleiman Obeid

Obeid aveva lasciato un segno profondo nel calcio locale. Nato a Gaza City nel 1984, aveva cominciato con la squadra della sua città, il Khadamat. Il suo talento l’aveva poi portato all’Al-Amari Youth Center, con cui vinse il campionato della Cisgiordania nel 2010. Eroe calcistico rispettato anche fuori Gaza, era soprannominato anche “la gazzella” per la rapidità nello scatto. Tre volte Scarpa d’Oro consecutiva dal 2015 al 2018 con il Gaza Al-Riyadi, aveva chiuso la carriera ancora una volta nel suo Khadamat, dove aveva iniziato anche a pensare al futuro da allenatore.

Con la nazionale palestinese, Obeid collezionò 24 presenze, lasciando il segno con una spettacolare rovesciata contro lo Yemen, forse il suo gol più celebre. Un gesto tecnico di bellezza cristallina, arrivato in un contesto che raramente concede spazio al sogno. Quella rete, emblema della sua carriera, divenne virale proprio per la sua carica simbolica: un momento di luce in un’oscurità troppo lunga.

Non partecipò né alla Coppa d’Asia del 2015, né a quella del 2024, pur essendo stato protagonista nelle qualificazioni. Il motivo? Non di natura tecnica. Era ben più grave: da anni, i giocatori residenti a Gaza non riescono più a uscire dalla Striscia per motivi politici e di sicurezza. L’ultima convocazione da Gaza risale al dicembre 2021 con il portiere Abduallah Shaqfa. Poi più nulla, ad eccezione di alcuni atleti già trasferitisi all’estero, come Mohammed Saleh, che nel 2024 era in Malesia.

Fu proprio Saleh, dopo la storica qualificazione della Palestina agli ottavi della Coppa d’Asia, a parlare con le lacrime agli occhi: “È stato difficilissimo allenarsi per questo torneo, e poi giocare, senza sapere le reali condizioni dei propri cari”. Obeid ascoltò quelle parole da Gaza, dove continuava a giocare nonostante il Khadamat fosse retrocesso nel 2021/22. “Aiuto ancora la mia squadra e sono rimasto titolare sotto la guida di diversi allenatori”, dichiarò nel settembre 2023. Sembrava pronto a un futuro dietro la panchina, eppure la vita – e la guerra – avevano altri piani.

Dopo il 7 ottobre 2023, tutto è precipitato. I campi da calcio sono diventati obiettivi militari: lo stadio Yarmouk, il più importante di Gaza, è stato raso al suolo e trasformato in un centro di detenzione. Lo sport, già limitato, è scomparso anche simbolicamente dalla Striscia.

Poi, quando si sono spente le luci degli stadi, è toccato ai giocatori. Solo tra luglio e agosto del 2025, secondo le fonti palestinesi, sono stati uccisi 14 calciatori, tra titolari e riserve. Una vera e propria squadra spazzata via.

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