06 Luglio 2025
Netanyahu, fonte: Facebook, @Simone Raul
Israele ha aggiunto una nuova tacca sul conteggio della azioni disumane con cui si è distinto impiegando bande di trafficanti e di terroristi dell’ISIS per sabotare la distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza.
Israele, che da anni denuncia ogni forma di militanza palestinese come “terrorismo”, infatti finanzia e arma oggi veri gruppi terroristici nella striscia di Gaza. Jihadisti, contrabbandieri, mercenari, trafficanti di droga: sono questi i nuovi alleati di Netanyahu. Sono questi i soggetti criminali a cui Israele ha delegato il terrore e il compito di incrementare l’oppressione e di privatizzare la violenza.
Questa strategia è stata denunciata da ONG e analisti come una forma sofisticata di guerra psicologica: si presenta come tutela della sicurezza, ma nei fatti mina ogni residuo di coesione sociale palestinese, compromettendo anche l’ultimo spazio di umanità rimasto.
Il primo a rendere pubblico questo ennesimo progetto criminale di Natanyahu è stato un ex ministro israeliano, Avigdor Lieberman, che ha accusato pubblicamente Netanyahu e il suo governo di armare una banda di trafficanti jihadisti attiva nel sud della Striscia di Gaza, per di più affilata all’ISIS. Tra i miliziani utilizzati da Israele spicca infatti il nome di Yasser Abu Shabab, un signore della guerra già coinvolto in traffici di droga, affiliato a gruppi jihadisti legati all’ISIS, ora a capo del gruppo “Forze Popolari”. Questo gruppo è stato armato da Israele con mitragliatori e mezzi militari sequestrati ad Hamas con l’obiettivo dichiarato di "proteggere i convogli umanitari". Tuttavia, numerosi report indicano che, questa e altre bande simili, stanno invece saccheggiando gli aiuti destinati ai civili, creando ulteriore instabilità nella Striscia di Gaza.
Netanyahu ha difeso la scelta pubblicamente, dichiarando:
“Abbiamo usato clan opposti ad Hamas. Che male c’è? Serve a salvare vite di soldati israeliani.”
La dichiarazione, rilasciata pubblicamente dal premier israeliano, segna uno dei punti più bassi della strategia politica israeliana ed è al tempo stesso una chiara rivendicazione del modus operandi israeliano, in particolare nella Striscia di Gaza. Ammettere di armare bande criminali, ex trafficanti e figure legate al jihadismo, con il pretesto di “proteggere” i convogli umanitari, rivela la logica di fondo del progetto sionista di cui Netanyahu è massima espressione: disintegrare, non governare e l’assenza assoluta di limiti morali. Una vera e propria strategia terroristica. L’obiettivo non dichiarato ma evidente è quello di usare il caos come arma in aggiunta alle bombe, alla fame, a ogni forma di privazione, di umiliazione e di sopruso a cui sono sottoposti i palestinesi da oltre 20 mesi. Ma il risultato è la costituzione di un nuovo potere armato, incontrollabile, predatorio e feroce verso la popolazione civile.
Questa vicenda mette a nudo il più osceno dei doppi standard occidentali. Quando l’Iran o Hezbollah armano milizie irregolari, si grida allo “Stato canaglia”. Quando lo fa Israele – con armi occidentali, tra l’altro – si volta lo sguardo altrove. Nessuna sanzione, nessuna indagine ONU, nessuna apertura nei TG europei.Eppure, qui non si tratta di “sospetti”, ma di dichiarazioni pubbliche del capo del governo israeliano, confermate da fonti come The Guardian.
Cosa accadrebbe se un altro Stato, in una simile situazione, armasse criminali per influenzare una crisi umanitaria a proprio vantaggio? La risposta è semplice: interverrebbe la NATO, fioccherebbero le sanzioni, si invocherebbe l’isolamento. Ma a Israele, invece, tutto è concesso.
Di Marco Pozzi
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