18 Aprile 2025
Trump e Meloni, fonte: imagoeconomica
Quel che sta accendendo con l’ingresso di Trump alla Casa Bianca è - che piaccia o no - il tentativo legittimo dell’America, in questa fase storica, di ripensarsi internamente e di ripensarsi rispetto alle relazioni internazionali. The Donald non aveva mai fatto mistero, nella sua campagna elettorale, su cosa intendeva fare per concretizzare il concetto Make America Great Again.
Stupisce pertanto il nostro stupore nel vedere che qualcuno mantiene gli impegni della campagna elettorale. Non c’erano dubbi, dunque, che l’incontro con la premier italiana sarebbe stato un passaggio dentro il paradigma dell’American First, dentro quel disegno. E così è stato: gli elogi alla premier italiana sono elogi funzionali ai punti di convergenza (vedi l’immigrazione) e nella “conta” dei governi e dei leader amici rispetto al nuovo ordine mondiale. Il paradigma trumpiano (quindi americano!) vuole superare i conflitti; cerca l’equilibrio in economia liberandolo dalle gravissime storture generate dalla globalizzazione neoliberista, dalla concorrenza sleale della Cina, dallo strapotere della finanza; infine vuole ristabilire un impianto identitario conservatore, prima che la controcultura woke e la riscrittura attraverso la cancel attecchiscano completamente. La domanda che l’America di Trump pone è: da che parte state in questa sfida globale?
I giorni che hanno preceduto l’incontro alla Casa Bianca sono stati segnati dal solito “eurocentrismo” e ancora oggi ristagnano lì; ma l’Europa non esiste, pertanto non può essere un perno centrale, nemmeno se annuncia piano di riarmamento con Francia e Gran Bretagna alla testa dei Volenterosi. In questo Caos gioca chi ha un peso: Trump (che non è l’artefice del Caos) lo sa e “pesa” con chi stare. Dunque la questione di fondo è: in tutto questo l’Italia che ruolo può avere? Enorme, ma lo deve giocare compiendo lo stesso scarto radicale compiuto da Trump e cioè deve pensarsi al netto della retorica “eurocentrica”! Il che non significa affatto essere succubi degli Stati Uniti, sia detto con chiarezza.
L’Italia, finché ha tenuto in equilibrio interesse nazionale e relazioni internazionali, aveva un ruolo e quel ruolo pesava. In questi giorni - sarà capitato anche a voi - saranno arrivati link con le parole di Craxi e di Andreotti rispetto alla questione palestinese e rispetto alle tensioni mediorientali. Nel luglio del 2006 nel pieno delle tensioni tra Libano e Israele, in senato Andreotti disse che “Credo che ognuno di noi, se fosse nato in un campo di concentramento e non avesse da cinquant’anni nessuna prospettiva da dare ai figli, sarebbe un terrorista”. Ventuno anni prima Bettino Craxi, allora presidente del Consiglio, parlando in aula dopo i fatti di Sigonella, così sentenziò: “Vedete, io contesto all’Olp l’uso della lotta armata non perché ritenga che non ne abbia diritto, ma perché sono convinto che lotta armata e terrorismo non risolveranno il problema della questione palestinese. L’esame del contesto mostra che lotta armata e terrorismo faranno solo vittime innocenti, ma non risolveranno il problema palestinese. Non contesto però la legittimità del ricorso alla lotta armata che è cosa diversa”.
Andreotti e Craxi, in quegli anni Ottanta, avevano interpretato al meglio la teoria del “doppio Stato” parlando di una pace “equa e sostenibile”: sicurezza per Israele e riconoscimenti dei suoi diritti per il popolo palestinese. Essi agivano appunto per una visione che combinava l’interesse nazionale, un ruolo e una visione comune sul Mediterraneo. Interesse nazionale e visione comune in un’area strategica (dove è aumentato il peso della Cina e della Turchia): è esattamente ciò che manca all’Europa. Quel che sta accadendo a Gaza DEVE avere una elaborazione politica da parte del governo e della sua maggioranza. Il silenzio è imbarazzante se si pensa al peso italiano nel mediterraneo mediorientale. Il disegno di Netanyahu (che personalmente giudico disumano) è contrario al nostro interesse nazionale: ma davvero il governo pensa che la stabilità dell’area possa essere realizzato militarmente? Oppure che da quei massacri la lotta armata o, peggio, che il mostro del terrorismo possa essere annientato? Grave errore, per tutti (Israele incluso).
Capitolo Ucraina. Una volta che abbiamo assegnato a Putin il premio della crudeltà e all’Europa il premio dell’ipocrisia, poi non possiamo chiedergli il gas come invece facciamo giocando con le navi fantasma. Nel Caos globale la Russia ha un ruolo e l’America di Trump glielo riconoscerà: non mi interessa sapere cosa vorrà fare l’Europa (perché è chiaro che non avremo mai una posizione comune), mi interessa sapere che posizione avrà l’Italia. Tra l’altro avremo presto un altro confine caldo da attenzionare, ancora una volta nell’area balcanica sotto l’influenza ortodossa: la Serbia.
Infine la Cina. È lì l’origine del Caos, non alla Casa Bianca. È nelle sue fin troppo tollerate distorsioni che sono saltati gli equilibri, il mercato, la globalizzazione e qualsiasi cosa volessero raggiungere con l’ingresso nel Wto. La Cina o viene ricondotta nell’alveo delle simmetrie o diventerà sempre più IL problema, perché acquisirà un peso unilaterale e ricattatorio nella catena dell’approvvigionamento globale. Il Caos è adesso. Non ha senso aspettare il Godot di Bruxelles, è tornato prepotente il momento degli interessi nazionali da raggiungere senza conflitti. Anche a costo di pagare un prezzo ingiusto. Del resto il nostro amato Occidente ha ben poche lezioni di moralità da impartire.
di Gianluigi Paragone
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