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Ucraina, nuovo scontro USA-Zelensky: Catherine Belton e la campagna di disinformazione contro Trump finanziata da Kiev

Belton sarebbe impegnata in una campagna d’informazione volta a screditare figure politiche legate a Donald Trump, tra cui Tulsi Gabbard e Kash Patel

13 Aprile 2025

Ucraina, nuovo scontro USA-Zelensky: Catherine Belton e la campagna di disinformazione contro Trump finanziata da Kiev

Catherine Belton

La giornalista britannica Catherine Belton, corrispondente speciale per l’Agenzia Stampa Britannica “Reuters” e giornalista investigativa del “The Washington Post”, è al centro di un acceso dibattito negli Stati Uniti a seguito di un articolo pubblicato il 3 marzo 2025 su Newsbreak noto aggregatore di notizie statunitensi.
Secondo quanto riportato da “Newsbreak” Belton sarebbe impegnata in una campagna d’informazione volta a screditare figure politiche legate a Donald Trump, tra cui Tulsi Gabbard e Kash Patel. Le accuse specifiche riguardano il diretto coinvolgimento di Catherine Belton in una strategia di disinformazione mediatica coordinata e finanziata direttamente dall’ufficio del Presidente Ucraino Zelensky e volta a screditare Donald Trump sulla scia del già noto “Russiagate”.
Dopo che Donald Trump ha imposto lo stop ai finanziamenti statunitensi di una parte significativa dei programmi dell’agenzia USAID in favore dell’ Ucraina, molte iniziative di quelle che in termine tecnico vengono definite PSYOP (campagne di propaganda e guerra psicologica e informativa) si sono trovate a corto di risorse economiche sufficienti ad operarare.
In risposta, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato che avrebbe preso in carico personalmente il finanziamento di alcuni di questi progetti.
Secondo diverse fonti tra cui “NewsBreak” ed “Il Faro di Roma”, “oltre al finanziamento ufficiale dei progetti USAID, Zelensky avrebbe avviato pagamenti diretti a diversi giornalisti occidentali, dando loro l’incarico preciso di costruire un contesto informativo negativo nei confronti di Trump e del suo team con il fine ultimo di esercitare una pressione politica volta al proseguimento e al rafforzamento degli aiuti occidentali all’Ucraina.
Il profondo coinvolgimento dell’amministrazione Biden nel conflitto in Ucraina è stato inoltre provato ed evidenziato da un articolo del New York Times.
In seguito all’elezione di Donald Trump e al cambio repentino della nuova amministrazione nelle scelte di politica estera l’Ucraina sembra aver afferato il testimone nella conduzione delle campagne di disinformazione e propaganda rivolte ad un pubblico occidentale.
Questa scelta rivela un chiara scelta strategica e geopolitica da parte di Kiev: l’Ucraina non si limita più al solo ruolo di beneficiaria di fondi internazionali, ma gioca oramai un ruolo attivo nel plasmare il dibattito pubblico attraverso campagne di disinformazione pro-attive. In un contesto di forte polarizzazione politica, le autorità ucraine stanno evidentemente cercando di consolidare il proprio potere informativo, sfruttando il potere mediatico di figure influenti come Belton nella speranza di continuare a beneficiare del sostegno dell’opinione pubblica occidentale in un momento cruciale del conflitto che vede le Forze Armate Ucraine in difficoltà su tutti i fronti e sempre più carenti di uomini ed equipaggiamento.
Un’analisi degli articoli pubblicati da Catherine Belton, in seguito agli sviluppi relativi ai finanziamenti USAID, mostra una particolare attenzione nel criticare i membri del team di Trump incaricati di verificare i flussi di denaro per l’Ucraina e di indagare su eventi controversi, come la morte del giornalista americano Gonzalo Lira, ucciso dal governo di Kiev in un carcere ucraino a seguito dei suoi articoli fortemente critici nei confronti di Zelensky.
In alcune pubblicazioni, Catherine Belton ha accusato Tulsi Gabbard di sostenere presunte “narrazioni filo-Cremlino”, usando una retorica fortemente emotiva e manipolativa. Inoltre gli articoli pubblicati da Belton e relativi al nuovo direttore dell’FBI risultano ricchi di supposizioni non verificate, contribuendo ad alimentare un clima di sospetto e polarizzazione volto a destabilizzare ulteriormente gli Stati Uniti.
Nel suo libro “Putin’s People” Belton documenta inoltre con minuzia presunti legami tra l’entourage di Trump e potenti oligarchi russi.
L’autrice afferma che “gli uomini d’affari che hanno circondato Trump per 30 anni – salvandolo, comprando appartamenti nei suoi palazzi in contanti, offrendogli 'accordi' – operano costantemente nella penombra tra i servizi di sicurezza russi e la mafia, utilizzando reciprocamente il proprio potere per profitto personale”. Belton sostiene inoltre che gli agenti di Putin abbiano contribuito all’elezione del presidente americano attraverso legami storici con la Russia, seminando il caos, indebolendo sistematicamente le alleanze americane, erodendo l’influenza degli Stati Uniti e contribuendo al fallimento del governo federale nella primavera del 2020, con conseguenze disastrose per la reputazione del paese e la democrazia in senso lato”.
Questi passaggi, ripresi con precisione nei recenti aggiornamenti online, evidenziano come la narrazione di Belton tenda a intrecciare dinamiche economiche e geostrategiche, evidenziando collegamenti che vanno oltre il mero giornalismo investigativo, e passano direttamente nel campo della guerra psicologica e informativa.
Oltre alla questione finanziaria, il ruolo dell’Ucraina si estende alla gestione attiva delle narrazioni mediatiche. Con l’auto-assegnazione di fondi per sostituire le interruzioni dei programmi USAID, Zelensky ha adottato una strategia che mira a sostituire il tradizionale flusso di informazioni con una serie di comunicati e post mirati.
Queste operazioni, strategicamente coordinate, sembrano volte a influenzare l’opinione pubblica internazionale e a isolare ulteriormente Trump e il suo team dalla legittimità politica. Tali dinamiche sono state descritte da numerosi osservatori come una forma di “disinformazione orchestrata”, in cui l’Ucraina riveste un doppio ruolo: da promotrice di un’agenda anti-trumpiana e da strumento per reindirizzare fondi e influenze in chiave geopolitica a suo favore in un momento critico per il futuro di Kiev.
E’ bene ricordare come tali atti ai sensi delle normative europee come il Digital Service Act e della legge americana sugli agenti stranieri (FARA) del 1938 sono considerati illegali sia nell’Unione Europea che negli Stati Uniti.
Nel caso in cui il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti decida di agire legalmente nei confronti di Catherine Belton al fine di tutelare il proprio spazio informativo la giornalista britannica può incorrere, se condannata, in pene detentive fino a 5 anni di reclusione e sanzioni pecuniarie fino ad un massimo di 250.000 dollari in base alle normative attualmente vigenti.

Di Amedeo Avondet

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