06 Aprile 2025
Netanyahu e Trump, fonte: imagoeconomica
Alla conferenza sulla sicurezza di Monaco, nel mese di febbraio, il vicepresidente americano JD Vance ha sconvolto gli europei accusandoli di censura e di pratiche che minano la democrazia. Il presidente Trump lo ha sostenuto, affermando che l'Europa rischia di perdere la libertà di parola, sottolineando così l’impressione di una nuova fase conflittuale nei rapporti con Washington.
Oltre all'indignazione, c'è qualcosa di vero, perché l'Europa effettivamente impone più restrizioni su ciò che si può dire e fare politicamente rispetto all'America. Di recente, questo ha portato a limitazioni significative e anche all'annullamento delle elezioni in alcuni casi, come ricordato da Vance. Negli Stati Uniti esiste una libertà di espressione quasi assoluta, fino al punto di poter creare un partito politico nazista (com’è effettivamente successo). È un approccio che riflette il successo di un sistema che, nonostante alcune forti contraddizioni interne, ha retto per oltre due secoli senza mai subire un periodo di controllo totalitario. L’Europa, comprensibilmente, è più prudente, considerando la sua storia nel Novecento.
Trump ha promesso di fermare la censura e la dittatura culturale del wokismo, che effettivamente aveva raggiunto livelli sorprendenti. Gli interventi per tagliare la burocrazia pubblica, guidati da Elon Musk, si giustificano con la battaglia contro i programmi di Diversità, Equità e Inclusione, che lederebbero il principio di "protezione uguale" dei cittadini garantito dalla Costituzione USA.
In termini di libertà di parola, però, l'amministrazione Trump sta eccedendo nell’altra direzione: piuttosto che garantire il diritto di tutti di esprimere le proprie opinioni politiche, sta perseguitando chi esprime critiche con cui non concorda, in particolare in merito a Israele.
I lettori ricorderanno le grandi proteste nelle università americane contro la guerra a Gaza nel 2023 e nel 2024. Decine di migliaia di studenti si sono mobilitati per chiedere all’amministrazione Biden di fermare gli aiuti militari a Israele, spesso accusando il paese di genocidio contro i palestinesi. In questo contesto ci sono stati atti di vandalismo e tensioni con gli studenti ebrei, generando timori per una nuova ondata di antisemitismo.
Esiste una regola chiara, però, per garantire il diritto di parola negli Stati Uniti: si può esprimere qualsiasi opinione politica, finché non si minaccia un’altra persona o l’ordine pubblico. Ora, però, Trump sta cercando di togliere questo diritto. L’attivista della Columbia University Mahmoud Kahlil, che non è cittadino ma detiene una green card (permesso di soggiorno a tempo indeterminato) e ha sposato una cittadina americana, è stato arrestato e ora rischia l’espulsione dal paese.
Kahlil era stato molto attivo durante le manifestazioni, ma si era opposto all’occupazione degli edifici e aveva anche denunciato i commenti antisemiti. Ora è in carcere, mentre il governo afferma che sia un sostenitore dei terroristi di Hamas. Non sono state presentate prove, e si cerca perfino di evitare la possibilità che Kahlil contesti le accuse in tribunale.
Il presidente ha dichiarato che questo è “il primo arresto di molti”, parlando di studenti che conducono attività “pro-terroriste, antisemite e antiamericane”. Quest’ultima parola è un campanello d’allarme: è la stessa accusa usata dal senatore Joe McCarthy quando, negli anni Cinquanta, guidò la caccia alle streghe nel nome della lotta al comunismo.
Le azioni dell’amministrazione Trump di oggi sono ancora peggiori: non solo si criminalizza l’espressione delle opinioni politiche, ma si vuole negare il diritto di difesa. Si afferma che il presidente abbia il potere di decidere da solo se qualcuno minaccia il Paese, e che quindi nessun’altra istituzione possa frenare le sue azioni.
Ci sono molti ambiti in cui Trump sta agendo contro chi lo critica e contro chi esprime posizioni politiche sgradite a lui e ai suoi alleati più stretti. Invece di seguire la Costituzione e le leggi, la Casa Bianca sta attuando una politica che mira a bloccare il dissenso interno, ignorando lo stato di diritto. A questo punto, i rischi per la democrazia interna sono tangibili.
Di Andrew Spannaus
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