21 Aprile 2024
Era passato oltre un anno dall’ultimo grande pacchetto di aiuti per l’Ucraina. La Casa Bianca aveva chiesto più volte al Congresso di agire, ma i repubblicani, che controllano la Camera dei Deputati, erano attenti a non andare contro l’opposizione tra la base del partito, e in particolare del probabile candidato alla presidenza, Donald Trump.
Per fare approvare la nuova legge sugli aiuti, varata da tempo dal Senato, è stata necessaria una manovra parlamentare inconsueta: il presidente della Camera Mike Johnson ha dovuto utilizzare i voti democratici, in barba agli accordi interni al proprio partito di non dipendere mai sull’aiuto dell’opposizione. È stata una decisione corretta dal punto di vista della procedura, ma rischiosa politicamente, in quanto non tiene conto della crescente opposizione tra i cittadini agli aiuti militari non solo all’Ucraina, ma anche ad Israele.
Per mesi Johnson aveva evitato di sfidare l’ala iperconservatrice del partito repubblicano, che chiedeva di legare il pacchetto a forti restrizioni all’immigrazione, un modo di mettere in difficoltà il presidente Biden e di fatto di bloccare gli aiuti. Alla fine, però, Johnson ha valutato che per aiutare l’Ucraina valeva la pena correre il rischio di una rivolta interna, contando sui voti democratici per procedere. Lo aveva già fatto un mese fa in un altro momento importante, per varare il bilancio dello Stato ed evitare l’interruzione dei servizi pubblici.
È lo stesso metodo, però, che aveva portato all’estromissione del suo predecessore, Kevin McCarthy, lo scorso ottobre. Successivamente, Johnson ha deciso che non era possibile bloccare tutti i lavori a causa di una piccola minoranza di 20 deputati. È stata una decisione giusta per evitare la paralisi a causa dell’intransigenza di un gruppo che non prende mai in considerazione il compromesso.
Nel caso degli aiuti militari, però, occorre anche ragionare su quanto l’orientamento del Congresso rifletta gli umori dell’opinione pubblica. Infatti, se c’è una cosa che i politici dovrebbero aver capito dall’esplosione populista degli ultimi anni, è che andare avanti con i desideri dell’establishment a Washington ignorando l’opposizione tra i cittadini è una ricetta pericolosa. Prima o poi arriveranno delle figure disposte a sfruttare il malcontento popolare, con conseguenze difficili da prevedere.
Guardando i sondaggi degli ultimi mesi, si vede che gli americani sono perfettamente divisi sulla questione degli aiuti militari. Percentuali quasi uguali dicono che bisogna mandare più aiuti a Kiev, e anche che bisogna mandarne meno. Lo stesso vale per il sostegno ad Israele, con percentuali simili che sono a favore e contro il sostegno militare.
Sui due temi le posizioni sono invertite tra democratici e repubblicani: i primi sono più a favore dell’Ucraina, ma contrari alla guerra a Gaza; i secondi esprimono appoggio ad Israele, ma sono molto scettici di Zelensky. Quest’ultimo atteggiamento è ancora più forte tra i sostenitori di Trump, coerentemente con la sua apertura a Vladimir Putin e l’insistenza su una soluzione diplomatica.
Dunque all’interno del partito repubblicano si registra una forte opposizione agli aiuti a Kiev, mentre tra i democratici la rivolta contro il sostegno alla guerra di Tel Aviv mette in difficoltà la Casa Bianca in vista della campagna elettorale. Intanto il Congresso ha trovato il modo di agire in via bipartisan, rimandando la resa dei conti con l’opinione pubblica.
di Andrew Spannaus
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