Domenica, 07 Settembre 2025

Seguici su

"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Elezioni Usa 2024, Trump mira a riconquistare gli "swing states", saranno decisivi immigrazione, economia e guerra

A sette mesi prima del voto, gli ultimi sondaggi attribuiscono al Tycoon un leggero vantaggio. Vincerà chi convincerà gli elettori di poter risolvere le crisi

04 Aprile 2024

Trump, la Camera pubblica la sua dichiarazione dei redditi. L'ira dell'ex presidente Usa

Donald Trump, Fonte: Imagoeconomica

Quattro anni fa, Donald Trump ha perso le elezioni contro Joe Biden di 7 milioni di voti, ma è andato vicinissimo alla riconferma grazie alla sua strategia di puntare su alcuni stati importanti per prevalere a livello dell'Electoral College. Infatti, è necessario raggiungere almeno 270 grandi elettori, mettendo insieme la giusta combinazione di stati popolosi che pesano di più nel calcolo elettorale. Nelle ultime due elezioni sono stati decisivi Michigan, Pennsylvania e Wisconsin - vinti da Trump nel 2016 ma persi nel 2020 - e promettono di esserlo di nuovo quest'anno.

L'ultimo sondaggio del Wall Street Journal certifica il vantaggio di Trump in 6 dei 7 stati in bilico, con un margine che varia tra 1 e 6 punti. Aggiunti alla media delle ultime settimane, risulta evidente la strada per tornare alla Casa Bianca: riprendere gli stati tendenzialmente repubblicani strappati da Biden l'ultima volta – Arizona e Georgia, dove ora il Tycoon è avanti di circa 5 punti – e poi concentrarsi ancora una volta sul Midwest. Nel Wisconsin e nel Pennsylvania, i due candidati sono separati solo da qualche zero virgola, mentre è nel Michigan che sembra profilarsi la battaglia più dura.

Nel Sud, Trump può contare sulla crisi dell'immigrazione per recuperare i voti di alcuni conservatori che lo avevano abbandonato nel 2020, nonostante le sue azioni per ribaltare l'esito delle elezioni. Negli anni di Biden, il numero di arrivi è salito a livelli record, con un sistema non in grado di gestirli. Il risultato è il rilascio di milioni di migranti nel Paese mentre aspettano mesi o anni prima dell'udienza in tribunale che deciderà sulla richiesta di asilo.

I democratici ribattono ricordando l'ostruzionismo di Trump quando Biden ha cercato di porre rimedio con una nuova legge più dura pochi mesi fa, ma tra le beghe politiche dei partiti e l'impressione dell'emergenza – ormai presente anche in molti stati democratici – vince chiaramente la seconda.

L'altro grande tema che tocca tutti è quello dell'inflazione. A livello complessivo, l'aumento dei prezzi si è moderato, scendendo al di sotto del 3 per cento negli ultimi mesi, ma in alcuni settori gli effetti rimangono pesanti. La più importante è quella delle case, dove i costi per acquistare e affittare sono diventati proibitivi soprattutto per i giovani, fattore che contribuisce alla sfiducia verso l'attuale presidente anche tra questa fascia, solitamente molto favorevole ai democratici.

Negli stati del Midwest, sono stati avviati nuovi investimenti grazie alla politica industriale dell'Amministrazione Biden, ma ci vorrà tempo per vederne gli effetti. Entrambi i candidati corteggiano i lavoratori industriali, ma qui il presidente ha un vantaggio, avendo sostenuto apertamente lo sciopero degli operai nel settore automobilistico, perfino scendendo in strada con il picchetto.

Trump, però, sa che la posizione di Biden nel Michigan è molto precaria, principalmente a causa della guerra a Gaza. Il presidente è sotto attacco da parte degli elettori arabo-americani e giovani per il troppo sostegno fornito ad Israele, con accuse di genocidio contro i palestinesi. Lo si vede ancora nelle primarie, dove oltre il 10% dei democratici nega il voto a Biden. La grande domanda è se questi elettori si limiteranno a mandargli un messaggio di protesta, a cui la Casa Bianca sta cercando di rispondere con un tono più duro nei confronti di Netanyahu, oppure se si rifiuteranno davvero di sostenere il presidente a novembre.

Anche Trump ha moderato la sua posizione su Israele, rimarcando i danni che la politica di guerra sta provocando a Tel Aviv. Rimane su una posizione decisamente anti-palestinese, ma il messaggio del Tycoon sulla necessità di utilizzare la diplomazia per risolvere i conflitti può fare breccia. Infatti, non perde occasione di tracciare un contrasto con un presidente che, nelle sue parole, ci ha portato "sull'orlo della Terza Guerra Mondiale".

 

Di Andrew Spannaus

Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.

Commenti Scrivi e lascia un commento

Condividi le tue opinioni su Il Giornale d'Italia

Caratteri rimanenti: 400

Articoli Recenti

x