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Si ferma un altro processo a Trump, gli errori della procuratrice Willis garantiscono il rinvio in Georgia

Rimane solo un processo penale che si potrà concludere prima del voto a novembre, riportando la campagna elettorale sui temi dell'economia e della guerra

24 Marzo 2024

Trump, la Camera pubblica la sua dichiarazione dei redditi. L'ira dell'ex presidente Usa

Donald Trump, Fonte: Imagoeconomica

Doveva essere il processo a cui Donald Trump non poteva sfuggire: le accuse di racketeering, associazione a delinquere, allo scopo di alterare in modo illecito l’esito delle elezioni del 2020 nello stato della Georgia. Con una caratteristica essenziale: essendo un procedimento statale, separato negli Usa dal sistema giudiziario federale, anche se eletto presidente Trump non sarebbe in grado di concedersi la grazia da solo. Potevano aprirsi le porte della prigione a prescindere dal successo o meno nella corsa alla Casa Bianca.

Non andrà così. La procuratrice dello stato della Georgia Fani Willis l'ha combinata grossa. Per mesi ha abbracciato il ruolo di protagonista, celebrata nel mondo democratico per la sua tenacia di fronte agli attacchi propagandistici del Tycoon. Ma poi è crollato tutto. La difesa ha scoperto che Willis aveva nominato un altro procuratore nel caso, Nathan Wade, con cui aveva una relazione romantica. Lo stato ha già pagato al suo studio oltre 700 mila dollari, creando l'apparenza di un conflitto d'interesse e aprendo ad una serie di udienze pubbliche molto imbarazzanti per la procuratrice capo.

Alla fine il giudice ha deciso che non ci sono prove di un conflitto economico, ma ha costretto Wade alle dimissioni. Intanto passa il tempo, e si capisce che il processo non potrà iniziare ancora per mesi, rendendo impossibile la sua conclusione prima delle elezioni.

È sbalorditiva l'ingenuità della Willis, che ha fatto esattamente il gioco di Trump, deciso ad utilizzare ogni strategemma procedurale possibile per rinviare i processi a suo carico ed evitare il giudizio prima delle elezioni. Così la procura gli ha offerto l'occasione su un piatto d'argento, non solo in termini formali ma anche d'immagine pubblica, dando linfa alla narrazione trumpiana di una persecuzione corrotta nei suoi confronti.

Ad oggi, considerando anche la decisione della Corte Suprema di valutare la richiesta di immunità totale per gli atti commessi quando era alla Casa Bianca, Trump sembra quasi fuori pericolo: può utilizzare i casi giudiziari per presentarsi come un martire politico, ma senza il rischio di essere condannato a breve, il che – secondo i sondaggi – cambierebbe in peggio le percezioni di lui tra un numero importante dei suoi sostenitori.

A questo punto il processo di Washington per aver cercato di bloccare la certificazione del voto (quello in cui ha invocato l'immunità) non potrà iniziare prima di metà settembre al più presto. Non sarebbe ideale essere in tribunale nelle settimane prima del voto, ma rimane la speranza di ottenere un ulteriore rinvio che lo salverebbe del tutto.

Incombe invece il processo di New York, anch'esso statale non federale, per aver falsificato i libri contabili per coprire il pagamento alla porno star Stormy Daniels. L'accusa è vista da molti come la più debole tra tutti i procedimenti a carico di Trump, e la pena sarebbe minore: non decenni di prigione, ma al massimo pochi anni oppure solo una multa o altre misure alternative.

Per chi sperava di vedere un Trump condannato per i suoi misfatti e quindi indebolito di fronte all'elettorato repubblicano, la situazione è ora cambiata. Il tycoon potrà giocarsi la carta della vittima fino in fondo, sfruttando la situazione in modo positivo a livello politico. Ora i democratici dovranno capire come batterlo sulla sostanza. Punteranno sul pericolo per le istituzioni democratiche, ma dovranno anche vincere sui temi dell'economia globalizzata e del rischio di una guerra globale, argomenti che i media spesso preferiscono lasciare in secondo piano quando si parla di Donald Trump.

Di Andrew Spannaus

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