13 Giugno 2022
Giuliano Di Bernardo
D. Professore, “Il Corriere della Sera” ha pubblicato un elenco dei “putiniani” in Italia. Ne è sorta una scomposta polemica i cui echi non sono ancora spenti. Lei cosa ne pensa?
R. In una precedente intervista, quando feci riferimento alla decisione del rettore di un’università italiana di vietare la lezione su Fëdor Dostoevskij perché autore russo, la definii un grave attentato alla libertà di pensiero che avrebbe scatenato l’odio tra gli uomini. A poca distanza da quella scellerata decisione, vediamo emergere un caso, di una gravità inaudita, in cui la libertà di pensiero è minata proprio da organi dello Stato che avrebbero il dovere di difenderla. Il 5 giugno le giornaliste del “Corriere della Sera” Fiorenza Sarzanini e Monica Guerzoni hanno pubblicato un articolo intitolato “La rete di Putin in Italia: chi sono influencer e opinionisti che fanno propaganda per Mosca”. Già il titolo contiene non solo la lista ma anche il giudizio che essi fanno propaganda per Mosca. Non è pensabile che le due giornaliste, tra le più serie nel nostro paese, abbiano inventato tutto. Se sono state così categoriche nelle loro dichiarazioni, non possono non aver avuto documenti a loro conferma. Tutto potrebbe essere semplice, se le due giornaliste esibissero tali documenti, allo scopo di consentirne una verifica, ma la riservatezza sulla fonte dell’informazione lo impedisce. Allora cominciano le ipotesi che creano la “zona grigia” che porterà dovunque tranne che alla verità. Se i documenti siano stati dati dai servizi segreti o dal Copasir o da altri, per quanto riguarda la sostanza della cosa, è del tutto irrilevante. È inutile ricercare una verità che sarà sempre tenuta nascosta, come tutte le altre verità che ancora attendono di essere svelate. Abbandoniamo la polemica e riflettiamo sul fatto.
Sono due le opinioni che si possono formare: la prima riguarda coloro che sono schierati dalla parte del governo e ritengono necessario indagare sugli influencer che sostengono Putin. La seconda è connessa con coloro i quali ribadiscono il diritto di esprimere valutazione in opposizione alle decisioni adottate dal governo. Se il governo ha deciso di schierarsi dalla parte della NATO, di inviare armi all’Ucraina, di applicare le sanzioni alla Russia, costoro rivendicano il diritto di dissentire e di esprimerlo con discorsi, articoli, libri e in qualsiasi altro modo. L’essenza della democrazia sta proprio nel consentire all’opposizione di minoranza il suo dissenso. Organi dello Stato preposti alla sicurezza devono tutelare le minoranze garantendo la loro libertà di pensiero. Questa è la democrazia.
Di fronte alle due opinioni, io mi schiero senza dubbio alcuno dalla parte della seconda perché la prima è espressione di uno Stato totalitario. Se il governo adotta una decisione e tutti i cittadini sono tenuti ad approvarla, la forma di Stato che ne risulta è esattamente la stessa della Cina e della Russia. Se il governo cinese impone il lockdown di Shanghai, tutti devono rispettarla, altrimenti incorrono in sanzioni. L’articolo delle due giornaliste del “Corriere della Sera” è un sintomo che qualcosa in Italia sta cambiando nelle fondamenta dello Stato. È necessario indagare e approfondire.
Io sono un filosofo che osserva e interpreta la realtà sociale. L’oggetto principale delle mie riflessioni è la guerra di Ucraina, un paese che frequento da trenta anni e conosco in molti suoi aspetti, non solo oggettivi ma anche emotivi. La mia narrazione, che esprimo nelle interviste, è solo un parto del mio intelletto integrato dalle mie esperienze di vita. Non sono un agente di Putin né prendo soldi da lui. Se affermo nei miei scritti che la Cina è la candidata più probabile per il controllo del nostro pianeta, non ho ricevuto privilegi da Xi Jinping né aspiro a vivere nel suo mondo. Sono pervenuto a questa conclusione della condizione umana, come ho espresso nel mio volume “Il futuro di Homo sapiens”, al termine di un’indagine filosofico-scientifica. Come si evince dall’articolo del “Corriere della Sera”, la lista di proscrizione contiene altri nomi. Tra questi, potrebbe esservi anche il mio per il punto di vista da me assunto in queste interviste anche come Gran Maestro della Massoneria. Sotto un certo aspetto, la cosa mi lascia del tutto indifferente. Se il Copasir e altre organizzazioni preposte alla nostra sicurezza vogliono indagare su di me e sulle cose che scrivo, ben vengano. Io non ho nulla da nascondere. Tuttavia, non è questo che mi aspetto perché mi sento colpito in ciò che è più sacro: la libertà di pensiero. Il fatto di sapere che qualcuno indaghi su ciò che scrivo, per verificare se sono allineato con quanto deciso dal governo, crea in me un senso di delusione. Come ho plaudito il governo Draghi per le decisioni adottate per il Covid-19 e l’economia, così ritengo di avere il diritto di criticarlo per le sue scelte sulla guerra di Ucraina. I servizi segreti sono controllati dal governo, per cui non è pensabile che agiscano per conto proprio. Ne segue che, se esistono liste di proscrizione, allora il governo le ha richieste. Ma un governo democratico ne ha il diritto? A voi l’ardua sentenza.
D. Comincia a esserci assuefazione alla guerra di Ucraina....
R. Era l’alba di un giorno di primavera del 1996 quando ho visto Odessa per la prima volta. Mi sono ritrovato all’improvviso in Primorsky boulevard di fronte all’hotel Londonskaya. Iniziava così un’avventura che avrebbe profondamente inciso sulla mia vita, come ho narrato in “La mia vita in Massoneria”. Il Presidente Kuchma mi autorizzò a ricostituire la Massoneria in Ucraina. Il Professor Valeryi Zaporozhan, rettore dell’Università medica di Odessa, mi conferì la Laurea honoris causa e la Medaglia d’oro dell’Università. Due anni dopo, ho costituito la Gran Loggia di Ucraina e ho nominato Gran Maestro il professor Zaporozhan. Ho acquistato un appartamento in Primorsky boulevard. I primi anni che ho trascorso in Ucraina sono stati vissuti all’insegna dell’orgoglio per aver contribuito al benessere materiale e morale di questo paese.
Dopo la Rivoluzione “aranciona” e la presidenza di Viktor Yushenko, avvertivo i segni di un cambiamento radicale nella società ucraina. Vendetti a malincuore l’appartamento di Primorsky boulevard e mi misi a guardare. Ecco quel che ho visto e ho appreso.
L’Ucraina è un paese di 44 milioni di abitanti diviso da differenze etnico-linguiste: a occidente si parla ucraino, al centro si parla russo-ucraino, a oriente si parla russo. Ucraini e russi sono anche due etnie diverse che hanno avuto sempre problemi di coesistenza. Già dal tempo dello stalinismo, gli ucraini hanno espresso un odio viscerale nei confronti dei russi. Dopo la Rivoluzione russa, l’Ucraina fu costretta a far parte dell’Unione sovietica e dovette accettare la politica della collettivizzazione dell’agricoltura di Stalin mediante cui il grano era ceduto allo Stato che poi lo ridistribuiva. Ciò significava che l’Ucraina diveniva il granaio dell’impero russo. Una parte dei contadini ucraini si rifiutò di dare le loro terre e Stalin li punì provocando una carestia che costò all’Ucraina diversi milioni di morti. Questo fatto accadde circa cento anni fa ma è ancora una causa dell’odio degli ucraini (della regione occidentale) contro i russi (della parte orientale). Le radici dell’odio sono ancora profonde e spiegano in parte la guerra in corso in Ucraina.
È proprio negli anni ’30 del secolo scorso che nascono in Galizia (regione occidentale) organizzazioni neonaziste che devono operare in clandestinità. La più importante è la O.U.N. (Organizzazione degli Ucraini Nazionalisti), fondata nel 1929 da Stefan Bandera, il cui simbolo era una bandiera rossa e nera in cui il rosso rappresentava il sangue e il nero la terra. Antirusso e antisemita, Bandera proclamava, come Hitler, la supremazia della razza ucraina. Ancora oggi Bandera è considerato la più alta espressione del nazionalismo ucraino. Nel 1941, quando Hitler comincia la conquista della Russia, le truppe tedesche devono attraversare l’Ucraina e vengono accolte dai gruppi neonazisti della Galizia come liberatori e diventano loro collaborazionisti. Con la copertura dei tedeschi, iniziano una pulizia etnica dappertutto. Il massacro più atroce fu quello di Babi Yar, vicino a Kiev, in cui in due giorni vennero sterminati 33.000 ebrei dalle bande armate di Bandera. Quando la Germania perse la guerra e l’Ucraina tornò sotto l’influenza sovietica, i gruppi neonazisti non cessarono di esistere. Anzi, trovarono nuovi amici negli americani. Il governo degli Stati Uniti, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, ha salvato i filonazisti dell’Ucraina, facendo fuggire Stefan Bandera a Monaco di Baviera, dove visse sotto falso nome fino al 1959 quando fu ucciso da agenti del KGB. L’Alleanza tra la CIA e i nazisti dell’Ucraina occidentale è molto importante e sarà la chiave di volta per comprendere le scelte attuali del governo di Kiev.
Quando inizia il crollo dell’Unione Sovietica con l’abbattimento del “muro” di Berlino, il presidente degli Stati Uniti, George H. Bush dichiara solennemente a Gorbaciov che non esisteva, neanche nel pensiero, l’intenzione di danneggiare l’Unione Sovietica in qualunque maniera. Quando nel 1991 la Germania viene riunificata, le parti in causa dichiarano verbalmente che la NATO non si espanderà verso Est. Si sancisce così un Patto che, successivamente, i protagonisti diranno di non ricordare. Questo indica, per altro verso, l’ingenuità di Gorbaciov nei confronti dei Capi di Stato occidentali, ai quali non chiede di esprimere le loro buone intenzione mediante un Patto scritto e firmato. Personalmente, ritengo che George H. Bush fosse sincero e che la ragione del cambiamento di atteggiamento vada ricercata nella nuova politica dei nuovi conservatori americani, detti “neocon”. Il Neoconservatorismo è un movimento politico, che nasce negli Stati Uniti, di orientamento liberal-conservatore, interventista, occidentalista e americanista. Dal punto di vista della politica estera, il movimento sostiene che è necessario usare la forza militare, anche unilateralmente, per sostituire i governi dittatoriali con le democrazie. La sua bandiera è la tutela dei diritti umani. È all’insegna dei neocon che l’impero americano, auto-definitosi “guardiano del mondo”, inizia le guerre in Afghanistan, Siria e Libia per la conquista del pianeta Terra. Il cambiamento della politica estera del governo statunitense ha come conseguenza l’occupazione militare con la NATO dei paesi dell’ex impero sovietico a mano a mano che entrano nell’Unione Europea. All’appello, mancava solo l’Ucraina, ritenuta strategica non solo per gli Stati Uniti ma anche da Putin. L’Ucraina e la Crimea devono entrare nell’impero americano, per indebolire sempre più la Russia. Ritorniamo all’Ucraina e vediamo le mosse del governo americano per occuparla.
Nel 2004 si devono svolgere le elezioni presidenziali e si presentano due candidati: Viktor Yanukovych (filorusso) e Viktor Yushenko (filoamericano). Yushenko era il candidato scelto dagli Stati Uniti anche perché la moglie Caterina aveva lavorato col Presidente Reagan ed era un alto funzionario del Ministero degli Esteri americano. Per la prima volta, in Ucraina abbiamo due candidati supportati dalla CIA e dal KGB. Sia pure di poco, vince Yanukovych. Questo risultato non piace agli Stati Uniti e inizia la Rivoluzione “arancione”. Dopo un mese, la Corte Suprema annulla il risultato elettorale e indice nuove elezioni. Questa volta vince Yushenko che diventa presidente dell’Ucraina e viene ricevuto a Washington come se fosse un eroe. Inizia la nazificazione del paese. Yuschenko nomina come Primo Ministro Yulia Tymoshenko, un’estremista di destra che odia visceralmente i russi, che porta al potere i leader dell’estrema destra, come Arseniy Yatsenyuk (dello stesso partito della Tymoshenko), Vitali Klitschko (del partito ultranazionalista Udar) e Oleh Tyahnybok del partito ultranazista Svoboda). Durante la sua presidenza, Yushenko riabilita Stefan Bandera e lo nomina eroe nazionale, dando potere e privilegi ai movimenti di estrema destra.
Yushenko non è riuscito a fare le riforme che aveva promesso e nel 2010, alle elezioni presidenziali, si ritrova ancora a competere con Yanukovych che vince. Inizia una fase in cui il nuovo presidente è tentato dall’occidente per entrare in Europa e nella NATO. Il Fondo Monetario gli promette ingenti prestiti ma in cambio gli chiede riforme che avrebbero danneggiato le classi più povere. Yanukovych rifiuta e nel dicembre del 2013 i cittadini di Kiev scendono in piazza per protestare contro il mancato accordo con l’Europa. Gli Stati Uniti decidono che è giunto il momento per eliminarlo e trasformano la protesta iniziata pacificamente in un massacro. Il Presidente Yanukovych è costretto ad abbandonare il paese e a rifugiarsi in Russia. Come suo successore, viene nominato Petro Poroshenko che nomina Primo Ministro Arseniy Yatsenyuk. Entrambi sono accolti in occidente come eroi e difensori delle libertà democratiche. In realtà, ai vertici dello Stato ucraino vi sono i leader dei partiti dell’estrema destra. Gli Stati Uniti plaudono questa situazione perché, con la loro fedele collaborazione, possono fare guerra alla Russia senza esitazione alcuna. La nazificazione è compiuta.
Dopo la vittoria, l’odio verso i russi esplode con estrema violenza. Protagonista è il movimento “Settore Destro”, che assume come simbolo la bandiera rosso-nera di Bandera. Con il pretesto di mantenere l’ordine pubblico, compiono atti di violenza dappertutto. È in questo stato di cose che nasce il famigerato battaglione Azov, un’organizzazione paramilitare di chiara ispirazione nazista, che nel 2014 viene incorporato nella Guardia Nazionale dell’Ucraina. Nelle principali città del paese, si formano cortei come quelli della Germania nazista, che inneggiano a Stefan Bandera, divenuto eroe nazionale.
A quel punto, i russi della Crimea comprendono che cosa li aspetta e decidono di tornare sotto l’autorità della Russia. Nel 2014, votano un referundum, che si svolge in modo pacifico, in cui rifiutano il governo nazista di Kiev e chiedono di essere annessi alla Russia. I risultati sono inequivocabili: il 96,77% dei votanti sceglie di tornare a far parte della Russia. L’esito elettorale ovviamente non viene riconosciuto dall’occidente che condanna il diritto all’autodeterminazione del popolo della Crimea. In maniera contraddittoria, riconosce all’Ucraina il diritto di autodeterminazione per entrare nell’Unione Europea. Come sempre, due pesi e due misure.
Qualche settimana dopo, esplode con estrema violenza la reazione dei gruppi neonazisti che raggiunge l’apice con la strage di Odessa. Il 2 maggio, durante una serie di manifestazioni per protestare contro il governo nazista di Kiev, scendono su Odessa squadre di picchiatori (non diversi da quelli fascisti e nazisti di cui ho ancora chiara memoria) con l’intento di punire i filorussi. Dopo aver allontanato i poliziotti che presenziavano la manifestazione, gli squadristi si recano nella piazza dove erano riuniti i manifestanti. Inizia un evento tragico che sarà ricordato come la “strage di Odessa”. I manifestanti, per ripararsi dalle violenze, entrano nell’edificio situato nella piazza (la casa dei sindacati) che si rivela però una trappola mortale. Una volta dentro, gli assalitori cominciano a buttare bombe molotov per dare fuoco all’edificio. Gli occupanti cercano di salvarsi salendo sui cornicioni, ma vengono abbattuti con colpi di pistola. Coloro che saltano dalle finestre vengono uccisi con un colpo alla nuca. Alla fine, i picchiatori entrano nell’edificio e massacrano tutti coloro che erano ancora vivi. Su un fatto così grave, i media dei paesi europei hanno colpevolmente taciuto. Quanti di voi sapeva della strage di Odessa? L’Unione Europea, che sosteneva con gli Stati Uniti il governo di Kiev, ha taciuto affinché non emergesse il sostegno incondizionato che davano a un paese i cui leader erano nazisti. E la democrazia tanto sbandierata? A voi l’ardua sentenza.
Anche la regione del Donbass, a stragrande maggioranza russofila, rifiuta il governo nazista di Kiev e indice un referendum per tornare sotto l’ala protettiva della Russia. Non fanno in tempo a contare i voti che da Kiev arrivano i carri armati. Il Presidente Poroshenko inizia il bombardamento del suo stesso popolo. Le atrocità compiute dai nazisti di Kiev lo descrive un rapporto delle Nazioni Unite. Secondo l’Ufficio dei Diritti umani, nonostante il cessate il fuoco, nell’Ucraina orientale continuano a registrarsi, da parte di gruppi armati ucraini, gravi violazioni dei diritti umani, che includono torture, sequestri, esecuzioni sommarie, lavori forzati e violenze sessuali. La strage di Odessa è diventata anche la strage del Donbass. È palese la contraddizione: coloro che oggi accusano i russi per aver compiuto tali crimini, essi stessi li hanno fatto nei confronti della popolazione russofila del Donbass. Anche qui, i paesi europei hanno adottato la regola della doppia verità. Dove erano i nostri famosi conduttori televisivi? Perché hanno taciuto?
Queste atrocità non si sono fermate nel 2014 ma sono continuate fino ai nostri giorni. Ne è responsabile il Presidente Poroshenko. Nel maggio del 2019, Zelensky batte Poroshenko e, nel suo discorso inaugurale, promette tra applausi che la sua prima missione sarà quella di fermare la guerra nel Donbass. Per farlo, sarebbe stato sufficiente implementare gli accordi di Minsk del 2015, che prevedevano uno statuto speciale per le regioni del Donbass e la creazione di una zona-cuscinetto di 25 km fra il territorio ucraino e quello dei separatisti. Ma Zelensky non ha mai voluto attuare quegli accordi. Perché?
Se quegli accordi avessero evitato la guerra nel febbraio scorso, perché Zelensky, dopo averlo annunciato se l’è rimangiato? Chi lo ha costretto a farlo? Chi è il suo padrone? Chi ha avuto l’interesse a costringere Putin all’opzione della guerra? Certamente, chi voleva quella guerra e che oggi non vuole che finisca.
La propaganda a favore degli Stati Uniti, per colpevolizzare Putin, dichiara che non è vero che l’Ucraina volesse entrare nell’Unione Europea e nella NATO. Conseguentemente, Putin avrebbe assunto questo pretesto per invadere l’Ucraina. Oggi viviamo nell’era di Internet e abbiamo la possibilità di verificare quasi tutto. Le notizie che ho trovato al riguardo chiaramente ne attestano la falsità. Infatti, nel luglio del 2017 Poroshenko incontra ufficialmente Stoltenberg e chiede che sia iniziata la procedura per l’ammissione dell’Ucraina alla NATO. Nel settembre del 2018, Poroshenko chiede al Parlamento ucraino di emendare la Costituzione per rendere più facile l’entrata dell’Ucraina nella NATO. Il 7 febbraio 2019 il Parlamento approva i cambiamenti richiesti e conferma la richiesta di ammissione all’Unione Europea e alla NATO. Il 21 febbraio entra ufficialmente in funzione la modifica della Costituzione che prevede l’ingresso nell’Unione Europea e nella NATO. Nel maggio del 2019, Zelensky vince le elezioni e continua sulla strada intrapresa da Poroshenko. Appena eletto va a Bruxelles e incontra Stoltenberg. Nel giugno 2020, la NATO concede all’Ucraina lo status di partner con accresciute opportunità. Nel settembre 2020, il Presidente Zelensky approva la nuova strategia di sicurezza nazionale che prevede lo sviluppo dei rapporti con la NATO allo scopo di diventarne membro. Il 24 marzo 2021, Zelensky firma un Decreto presidenziale per attuare la decisione del Consiglio di sicurezza e difesa dell’Ucraina sulla strategia di disoccupazione e di reintegrazione del territorio temporaneamente occupato della Repubblica autonoma di Crimea e della città di Sebastopoli. Ciò significa, senza dubbio alcuno, la volontà di riprendersi la Crimea e Sebastopoli che sono stati annessi alla Russia. Il 4 giugno 2021 i membri della NATO confermano la decisione che l’Ucraina diventerà un membro dell’Alleanza. Il 28 giugno 2021 l’Ucraina e la NATO lanciano un’esercitazione militare congiunta sul Mar Nero. Il 28 novembre Mosca chiede garanzie legali che l’Ucraina non entrerà mai nella NATO. Queste garanzie, come è noto, non le vengono date. Putin torna a ripetere che un’ulteriore espansione della NATO verso oriente è inaccettabile per la Russia e chiede una risposta scritta. La risposta arriva dal Ministro degli Esteri Blinken, il quale ribadisce che le porte della NATO per l’Ucraina sono sempre aperte. A questo punto, a Putin non resta che l’opzione della guerra.
Da questa narrazione, basata su fatti e dichiarazioni verbali e scritti, reperibili su Internet, emerge l’unica, vera e fondamentale domanda: chi ha voluto la guerra in Ucraina? A voi la semplice risposta.
La mia risposta al quesito generale, se Putin abbia ragione nel sostenere che vi è stata la nazificazione del governo ucraino, è decisamente affermativa. Putin ha ragione. Se io sono nell’errore a sostenerlo, allora mi si diano le necessarie dimostrazioni. Io sono sempre aperto a riconoscere le ragioni degli altri contro le mie quando sono ben fondate.
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