05 Giugno 2022
Giuliano Di Bernardo
D. Nella precedente intervista, ha interpretato la dichiarazione del presidente Biden su Taiwan come una provocazione che ha fatto salire la febbre in quell’area del Pacifico. È sempre dello stesso avviso?
R. Fatti recenti rendono plausibile un’altra interpretazione che discende dal Patto stipulato il 4 febbraio tra Putin e Xi Jinping, secondo cui la guerra all’Ucraina sarebbe stata seguita dall’occupazione di Taiwan da parte della Cina. Se le cose stanno così, la dichiarazione di Biden non è una provocazione ma un ammonimento: la Cina deve sapere che, se invaderà Taiwan, allora Gli Stati Uniti e i suoi alleati (l’impero americano) le dichiareranno guerra. Vediamo qui riproporsi la stessa situazione dell’Ucraina. Quando Putin l’ha invasa, la NATO non ha potuto intervenire perché questo paese non ne è membro. Se lo avesse fatto, avrebbe iniziato la guerra contro la Russia. Se la Cina occupasse Taiwan, cosa farebbero gli Stati Uniti? Resterebbero a guardare come hanno fatto con l’Ucraina oppure, a differenza dell’Ucraina, entrerebbero in guerra? La risposta non è semplice. Non entrando nella guerra di Ucraina, si è evitata la Terza guerra mondiale, ma Putin alla fine l’avrà vinta. La prospettiva che la stessa cosa avvenga con Taiwan lascia quantomeno perplesso il governo degli Stati Uniti. La tentazione a entrare in guerra è molto forte. I “falchi” remano in quella direzione. I rischi dell’escalation aumentano a dismisura. Ancora una volta, l’umanità si ritrova sull’orlo del precipizio.
È in questa prospettiva che si inserisce la riunione del “QUAD” tenuta a Tokio qualche giorno fa con la partecipazione di Stati Uniti, Giappone, Australia e India e presieduta dal Presidente Biden. Fra i tanti temi sul tappeto, vi era anche quello di verificare la fedeltà del presidente indiano agli accordi presi con gli Stati Uniti. Non è un mistero che essi stiano facendo tutto il possibile per attrarre l’India nella sua sfera di influenza, nutrendo tuttavia seri dubbi al riguardo.
Che tali dubbi siano ben fondati lo dimostra il recente accordo finanziario tra India e Russia per facilitare lo scambio tra rublo e rupia allo scopo di aggirare le sanzioni degli Stati Uniti e dell’Unione europea alla Russia. Il Presidente Modi fa tutto questo alla luce del sole, indifferente alle reazioni di Biden. Il doppio gioco non sfugge agli americani che restano preoccupati. Per comprendere l’attuale atteggiamento dell’India, dobbiamo fare un passo a ritroso e riconsiderare quel periodo della “guerra fredda” in cui la Jugoslavia di Tito e l’India non vollero fare una scelta di campo tra il blocco americano e quello sovietico e si fecero portatoti di un terzo blocco, detto dei paesi del “Terzo mondo”. In quell’occasione, l’India era più vicina alla Russia, con la quale intratteneva già importanti relazioni commerciali per l’acquisto di energia e di armi, relazioni che continuano ancora oggi.
Nello scenario che vede contrapposti gli Stati Uniti e la Russia, solo di sfuggita si parla dell’India. È un errore che ci preclude la conoscenza dei progetti ambiziosi di questo gigante asiatico. L’India ha raggiunto una popolazione di un miliardo e quattrocentomila abitanti, che la porta a uguagliare la Cina. È proprio questo paese per l’India il vero e più temuto concorrente per il dominio del mondo. Per disfarsi della Cina, potrebbe collaborare con l’impero americano, ma non lo farà perché sa che dopo farà la stessa fine della Cina. Da ciò segue che il suo unico e vero alleato è la Russia. Almeno per questa ragione, sosterrà tutte le richieste di Putin e si schiererà al suo fianco nel caso fosse necessario.
La Cina, dal canto suo, continua ad implementare la piattaforma “la Via della Seta”, da contrapporre all’area del dollaro. In tale contesto, si situa l’organizzazione detta “BRICS”, costituita da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, il cui scopo è quello di costruire un sistema commerciale globale, mediante accordi bilaterali, che non siano basati sul petrodollaro. Nei giorni scorsi, si è svolta una riunione del BRICS in cui la Cina ha chiesto ai suoi alleati di valutare l’ammissione di nuovi membri per rendere l’organizzazione più forte e rappresentativa. Al riguardo, è stato precisato che sarà data la priorità a quei paesi che fanno parte del G20, che hanno mostrato un certo interesse farne parte, come l’Indonesia e l’Argentina. In margine a questa riunione, si è svolta una videoconferenza “BRICS Plus” a cui hanno partecipato i ministri degli Esteri di Argentina, Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Indonesia, Kazakhstan, Nigeria, Senegal e Thailandia.
Come è facile vedere, mentre l’impero americano chiama a raccolta i paesi alleati, la Cina, l’India e la Russia, stanno ampliando il loro blocco da schierare in una guerra totale contro l’impero americano. Nuovi venti di guerra soffiano sul pacifico. Guardando il teatro della vita da questo punto di vista, la guerra di Ucraina sembra assumere un significato sempre meno rilevante.
D. In tale contesto geopolitico, qual è la posizione di Putin? La guerra in Ucraina lo ha indebolito?
R. Come ho cominciato a narrare nell’intervista precedente, Putin sta vincendo questa guerra in tutti i piani in cui essa si svolge: militare, economico, tecnologico e antropologico. Sul piano militare, l’esercito russo avanza inesorabilmente verso la conquista delle due regioni del Donbass. Quando ciò sarà avvenuto, Putin chiederà una conferenza internazionale in cui proporrà un trattato in cui gli Stati Uniti e l’Unione europea riconosceranno l’annessione alla Russia della Crimea (la vera causa di questa guerra) e il Donbass, in cambio del suo ritiro militare dalla regione. Se la sua proposta sarà accettata, la guerra finirà e inizierà la ricostruzione dell’Ucraina. Se sarà rifiutata, allora la guerra continuerà e le pretese di Putin sull’Ucraina aumenteranno.
Sul piano economico, Putin ha vinto alla grande. Non solo le sanzioni imposte alla Russia dall’occidente non hanno prodotto gli effetti devastanti che tutti si aspettavano, ma Putin ha rinforzato il rublo ancorandolo all’oro e chiedendo il pagamento del gas in rubli e non in dollari. Inoltre, è lui che adesso impone sanzioni ai paesi dell’Unione europea. Per quanto riguarda l’Italia, secondo quanto dichiarato dall’Agenzia Bloomberg, Mosca ha avviato l’applicazione delle sanzioni a due banche italiane, l’Unicredit e l’Intesa, le quali saranno limitate, per almeno un anno, nell’aprire nuovi rapporti e nello svolgimento delle normali operazioni. Ancora una volta, Putin dirige il gioco a suo piacimento, come fa il gatto col topo. Invece di chiudere le banche, le sottopone a limitazioni per un anno, lasciando intendere che la decisione di mantenerle o toglierle dipenderà dall’atteggiamento verso la Russia delle due banche.
Sul piano tecnologico, Putin non ha ancora mostrato le armi tecnologicamente avanzate di cui dispone. Non solo i “cigni neri” di cui ho parlato ma anche un missile intercettore antibalistico S-550, di straordinaria precisione, che è stato lanciato contro il suo satellite spia Kosmos-1408, vecchio di 40 anni, prendendolo in piano e disintegrandolo in 1.500 frammenti. L’ammonimento agli Stati Uniti è evidente e riguarda da possibilità di Putin di distruggere i satelliti dei paesi occidentali che presiedono alle telecomunicazioni, mandando così l’intero nostro pianeta nel caos più totale.
È sul piano antropologico che si giocherà la partita finale. L’acquisizione di successi sugli altri piani è certamente un fatto importante ma non determinante. Alla fine della storia, ogni singolo individuo dovrà schierarsi nell’antropologia del liberalismo o in quella alternativa di Cina, India e Russia. Allora una domanda s’impone: quanti esseri umani in occidente condividono l’antropologia del liberalismo? In altre parole, quanti intendonoil proprio futuro come la realizzazione di una concezione dell’uomo e della vita in cui il benessere e la felicità dipendono dal profitto e dalla crescita economica? Chi crede in altri valori primari, come quelli del bello, del giusto, del bene e del vero potrebbe superare la barricata e andare dall’altra parte.
Nell’osservare il teatro della vita, vedo la formazione di due blocchi che si fronteggiano e si studiano per comprendere la mossa vincente da fare. Io ritengo che le possibili mosse siano due: la guerra o l’esercizio della tolleranza. Tertium non datur. Con la guerra, l’umanità si getterà a capofitto in una barbarie che potrebbe distruggerla e rendere il nostro pianeta inospitale per migliaia di anni. Esiste un’alternativa? Sì, ma a condizione che i supremi reggitori dei due blocchi, usando la ragione, rinuncino alla volontà di conquista dell’intero pianeta Terra. Lo possono fare, se lo vogliono fare, nell’unico modo possibile: esercitare il principio di tolleranza. Ne ho parlato in un’intervista precedente, mostrando un certo scetticismo nei suoi riguardi, ma ora abbiamo il dovere di riconsiderarlo perché è in gioco il futuro dell’umanità.
In primo luogo, si potrebbero ripristinare le regole della “guerra fredda”, che hanno assicurato all’umanità un lungo di periodo di pace. Si era antagonisti ma si dialogava, come hanno fatto Kennedy e Kruscev per sventare il pericolo di una Terza mondiale. Le condizioni di quel tempo sono ancora riproponibili? Nel dare una risposta bisognerebbe tener conto che oggi i protagonisti della storia non sono più due ma almeno quattro: i presidenti degli Stati Uniti, della Cina, della Russia e dell’India. L’Unione Europea, non avendo una sua indipendenza, è da considerare alleata degli Stati Uniti. Soluzioni da ricercare nelle relazioni bilaterali o trilaterali non hanno senso. L’unica possibilità è che essi si uniscano sulla base dell’antropologia condivisa. È proprio qui che le concezioni dell’uomo e della vita svolgeranno un ruolo determinante. I singoli individui che vivranno in occidente potrebbero non condividere l’antropologia del liberalismo e schierarsi nella parte opposta e viceversa. Sarà una specie di referendum a favore o contro il liberalismo. Dopo la formazione dei due blocchi, si dovrà stabilire se tra di loro sarà possibile esercitare il principio di tolleranza. Per quanto riguarda la decisione dell’impero americano, non vi saranno difficoltà perché l’alleato europeo, come sempre, l’accetterà supinamente. Problemi vi saranno, invece, nel blocco antagonista poiché, nonostante un fondamento comune a Cina, Russia e India, permangono differenze importanti tra le filosofie pratiche del Confucianesimo e del Buddhismo e la Chiesa Ortodossa russa. Quanto peseranno queste differenze su una decisione comune?
Giunti a questo punto, non mancherà certamente chi proporrà di ricercare una base comune alle due opposte antropologie. Sarà un’inutile perdita di tempo. Tentativi in tale direzione sono stati più volte fatti nella storia dell’uomo, ma sono tutti miseramente falliti. Allora è necessario prendere atto che i due sistemi di valori sono inconciliabili e stabilire il reciproco rispetto tra i due. Sarà possibile? In teoria sì. In pratica, dipenderà da ciò che esiste nella mente dei protagonisti. A decidere i grandi eventi della storia sono stati uomini con una specifica visione del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto, del vero e del falso. Altri uomini, con altre visioni, avrebbero deciso diversamente e la storia avrebbe preso un altro corso. Quando i protagonisti del nostro tempo saranno chiamati a decidere, la nostra speranza è che seguano il bene e non il male. Se seguiranno il bene, allora è probabile che i rapporti tra i due blocchi saranno regolati dal principio di tolleranza. Se seguiranno il male, vi sarà una guerra totale che arrecherà infiniti affanni all’umanità e deciderà chi sarà l’Uno-dio che governerà il pianeta Terra.
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia