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Più il tempo passa più i danni all’economia dei paesi dell’Unione europea aumentano

Intervista al Gran Maestro Giuliano Di Bernardo sulle conseguenze del conflitto russo-ucraino

15 Maggio 2022

Giuliano Di Bernardo, già gran maestro del Grande oriente d'Italia

D.         La settimana che è appena trascorsa ha fornito ulteriori informazioni per meglio chiarire le origini e il divenire della guerra?

 

R.          Direi proprio di sì. Finalmente, ora conosciamo la vera causa che ha scatenato la guerra in Ucraina. A parlarne sono proprio i presidenti degli Stati Uniti, della NATO e della Russia, che dicono esattamente la stessa cosa. Prima o poi, la luce trionfa sulle tenebre, ma è necessario saper vedere e ascoltare. Il Presidente della NATO Jens Stoltenberg, in un’intervista rilasciata al quotidiano tedesco “Die Welt”, ha dichiarato che l’Alleanza Atlantica è determinata a aiutare l’Ucraina anche se ci vorranno mesi o anni per battere Putin. Sottolinea che l’Ucraina deve vincere questa guerra perché difende il suo territorio e  conclude dicendo che i membri della NATO non accetteranno mai l’annessione illegale della Crimea, come pure si opporranno al controllo russo di alcune regioni del Donbass. Dichiarazioni analoghe erano state fatte dal Segretario di Stato degli Stati Uniti Tony Blinken. Nel suo discorso del 9 maggio sulla Piazza Rossa di Mosca, Putin ha ribadito che la Russia combatterà fino all’ultimo per difendere la Crimea e le regioni del Donbas già riconosciute. I due protagonisti occidentali hanno dichiarato all’unisono che la guerra finirà solo quando Putin sarà stato ricacciato oltre i confini precedenti il 2014, che significa in particolare la riconquista della Crimea da parte dell’Ucraina.  Questa è una situazione estrema in cui le due parti in guerra dichiarano che la guerra finirà solo con la sconfitta totale di una di loro. La pace allora altro non sarebbe che la resa incondizionata della parte sconfitta, a cui si applicherebbero sanzioni di ogni tipo, come è avvenuto con la sconfitta di Hitler e il processo di Norimberga. Ma di quale pace stiamo parlando? In tutti i conflitti che hanno caratterizzato la storia umana, una guerra viene interrotta quando le due parti decidono entrambe di fare un passo indietro rinunciando ad alcune delle loro rivendicazioni. Su questa base, la diplomazia lavora per trovare una soluzione. I capi di stato dei due paesi s’incontrano e firmano un trattato che segna la fine della guerra e l’inizio della pace. Questo modello, che ha mostrato la sua validità per millenni, non è applicabile alla guerra di Ucraina perché una delle parti (gli Stati Uniti e la NATO) vogliono la totale sconfitta della Russia. Stoltenberg l’ha detto chiaramente: questo conflitto armato può durare mesi o anni, tutto il tempo necessario per sconfiggere Putin.

             Con queste dichiarazioni, si è soffiato sulla polvere che si era depositata sulle cause della guerra iniziata da Putin il 24 febbraio, che ora appaiono con contorni sempre più nitidi.  Siamo anche in grado di farne un breve sommario. La Russia ha sempre avuto la sua base navale in Crimea a Sebastopoli. Nel 1954, in epoca sovietica, il governo russo trasferisce la Crimea all’Ucraina. Quando l’Ucraina diventa indipendente, la Crimea la segue con la base navale russa situata a Sebastopoli. Tra la Russia e l’Ucraina si firma un trattato di coesistenza, che ha funzionato bene fino al 2014, anche se con la rivoluzione “arancione” del 2004, i rapporti cominciano a deteriorarsi. Intanto in Ucraina, la presenza degli Stati Uniti si fa sempre più forte e con essa cresce l’intenzione di entrare in Europa e nella NATO. L’Ucraina si sta mettendo sulla stessa strada dei paesi dell’Est europeo. Nulla di strano, tranne un punto fondamentale: la base navale russa di Sebastopoli in Crimea. Con l’ammissione dell’Ucraina nella NATO, il territorio della Crimea sarebbe stato occupato con basi militari e missili, come era avvenuto con tutti gli altri paesi. Si comprende subito la gravità della situazione, dovuta all’eventuale coesistenza della base navale russa con le basi militari della NATO. Le possibili soluzioni sono due: o la Russia sposta la sua base navale (ma dove?) o la NATO non occupa la Crimea. La seconda soluzione è possibile a condizione che l’Ucraina non sia ammessa in Europa. Ma parte degli ucraini vogliono entrare in Europa. Cosa fare? Cominciano le trattative tra il governo russo e quello ucraino, che non portano a nulla perché gli ucraini sono irremovibili. A Putin non resta che la soluzione dell’annessione della Crimea alla Russia, che avviene tramite referendum. Subito dopo, due regioni del Donbass a maggioranza russofila esprimono la loro volontà di entrare a far parte della Russia. Il pericolo di invasione della NATO della Crimea è così sventato. Se l’Ucraina vuole entrare in Europa e nella NATO è libera di farlo. Sembra facile ma non lo è perché i movimenti nazionalisti ucraini iniziano azioni militari contro le regioni del Donbass che avevano manifestato la volontà di essere annessi alla Russia. Tra questi, vi è il battaglione Azov, che è un’unità militare ucraina con compiti militari e di polizia, che fa apertamente uso dei simboli della Germania nazista. La perdita della Crimea seguita dalla sua annessione alla Russia ha portato le autorità governative dell’Ucraina ad avvalersi sempre più dell’utilizzo di gruppi paramilitari composti da combattenti provenienti da gruppi nazionalisti dell’estrema destra. Nel 2014, il battaglione Azov ottiene il riconoscimento del Ministero dell’Interno e viene affiancato all’esercito regolare. La sua attività inizia proprio a Mariupol, la citta che era stata precedentemente occupata dai secessionisti filorussi, che viene riconquistata e dichiarata “capitale provvisoria di Donetsk”.  Da allora in avanti, il battaglione Azov ha svolto un’intensa attività repressiva nei confronti della popolazione filorussa. E’ stata accusata di crimini di guerra e tortura dall’OSCE, dall’Alto Commissariato ONU per i Diritti umani e da Human Rights Watch. Ritornando all’Italia, rappresentanti del battaglione Azov hanno sfilato durante la Festa del 1° Maggio in compagnia con militanti del Partito Democratico. Quante contraddizioni esistono nella nostra società. Il Presidente Draghi, dopo averci chiesto sacrifici per l’attuazione dell’energia verde, riapre le centrali a carbone per finanziare la guerra in Ucraina. Allo stesso modo il PD, che ha sempre condannato il Fascismo, va a braccetto con i fascisti del battaglione Azov. In che pazzo mondo viviamo!

             La Russia ha assistito alla repressione della popolazione del Donbass che aveva liberamente scelto di vivere sotto l’autorità di Mosca. Ha cercato di limitarne i danni ma con scarso successo. Questa situazione si è protratta fino al 2021, quando il governo Ucraino ha dichiarato ufficialmente l’intenzione di aderire all’Europa e alla NATO. Avrebbe potuto essere una soluzione accettabile, se non vi fossero state dichiarazione del Presidente Zelenkyi che rivendicava non solo delle due regioni del Donbass ma anche e soprattutto della Crimea. Ciò significa che, dopo l’ammissione in Europa, con il sostegno della NATO, sarebbero iniziate operazioni militari per la riconquista della Crimea. In tal modo, Putin si è ritrovato nella stessa situazione del 2014, quando ha dovuto annettersi la Crimea per difendere la sua base navale di Sebastopoli. Sono ben note le sue richieste al presidente ucraino, all’Unione Europea e alla NATO di ritardare l’ammissione dell’Ucraina, come sono anche note le risposte negative che egli ha ricevuto. Quando la ragione non prevale, si ricorre alla forza. La Russia invade l’Ucraina e inizia una guerra che potrebbe durare anni.

 

D.         La riflessione svolta fin qui non ha fatto alcun riferimento all’Unione Europea. Si è trattato di una svista?

 

R.          Certamente no. L’Europa non ha voce in capitolo perché è supinamente subordinata agli Stati Uniti. Non solo i Capi di Stati come il nostro Presidente del Consiglio ma anche Capi di Stato come il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che vorrebbe difendere le sue aziende dal collasso economico, ma non ha la forza e il coraggio di opporsi alla volontà del Presidente Biden o alla maggioranza dei suoi colleghi europei. La conclusione è sempre la stessa: l’Europa non vorrebbe eseguire gli ordini degli Stati Uniti ma deve farlo, come ha dichiarato la Presidente Ursula von der Layen. Se questa è la situazione, perché non dicono chiaramente che i paesi europei sono in guerra con la Russia così come ha deciso il governo degli Stati Uniti? Perché non la smettono con l’ipocrito ritornello che inviano armi all’Ucraina per la pace? I cittadini europei e italiani sono veramente tanto imbevuti di propaganda che non riescono più a usare le loro cellule grigie? Per molti di loro, sembra proprio così.

             Più il tempo passa, più i danni all’economia dei paesi dell’Unione europea aumentano. La scarsità dell’energia e i costi sempre maggiori per il suo approvvigionamento stanno producendo il fallimento di aziende ed enormi disagi alle famiglie. Il nostro Presidente del Consiglio, come nel Parsifal, ha inviato i membri del suo governo alla ricerca non del Santo Graal ma di energia. Si parla di incontri con Capi di governo di paesi in cui la criminalità è fortemente radicata. La lotta al crimine, che è stata sempre una bandiera dell’Italia, adesso viene ammainata per partecipare alla guerra contro Putin. A contraddizione si aggiunge contraddizione. Fino a quando? La gioiosa unità d’intenti nel decidere le sanzioni da applicare alla Russia, che aveva caratterizzato la prima fase di reazione alla guerra scatenata da Putin, comincia ad avere crepe e contrasti. Anche nei programmi televisivi si sta incrinando l’unanime giudizio di condanna di Putin e si comincia a capire le sue ragioni. L’assuefazione alla guerra comincia a produrre i suoi effetti. Tra non molto, le sue atrocità ci lasceranno indifferenti.

 

D.         Nell’intervista precedente, ha presentato il pericolo che Taiwan potrebbe rappresentare per un eventuale allargamento della guerra alla Cina. Vi sono novità su quel fronte?

 

R.          Vi è un fattore di destabilizzazione in quella regione dovuto all’avvicinamento della Corea del Sud alla NATO, per cui la Cina minaccia un epilogo simile alla guerra di Ucraina. Cos’è successo?  La “National Intelligence Service”, l’agenzia di spionaggio della Corea del Sud, è diventata la prima potenza in Asia a unirsi al gruppo di difesa informatica della NATO, la “Cyber Defense Group”, formata nel 2008, con la partecipazione di 32 paesi, di cui 27 membri della NATO. E’ molto probabile che la guerra di Ucraina abbia accelerato la conclusione dell’iter di ammissione iniziata nel 2019. Anche se non è stata una scelta improvvisa, ha creato forte tensioni in quella regione. La Cina e la Corea del Nord hanno reagito con minacce che potrebbero annunciare operazioni di guerra.

             Proviamo a immaginare possibili conseguenze. Innanzitutto, il Giappone potrebbe fare altrettanto suscitando un’ulteriore irritazione da parte della Cina. Se questi sono problemi che non ci riguardano direttamente, esaminiamo cosa potrebbe succedere a casa nostra. E’ vero che l’adesione della Corea del Sud alla NATO riguarda solo un aspetto, quello dello spionaggio. Tuttavia, non si può escludere che nel futuro l’adesione non sia totale, facendo di questo paese un membro attivo dell’Alleanza Atlantica. Se ciò dovesse essere, quali conseguenze potrebbero esservi per i paesi dell’Unione Europea? Allo stato attuale, è un vigore, nei Regolamenti della NATO, la clausola mediante cui, se un paese membro viene attaccato, allora l’Alleanza interviene per la sua difesa. Supponiamo che la Corea del Sud sia attaccata dalla Cina o dalla Corea del Nord. In base alla suddetta clausola, l’Europa e l’Italia dovrebbero intervenire nella guerra. I nostri figli dovrebbero partire e forse morire per un paese così lontano e così diverso dal nostro? E’ giusto? Io vi pongo il problema. Spetta a voi la risposta.

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