04 Maggio 2022
fonte: imagoeconomica.it
Per tentare di fermare la guerra tra Russia e Ucraina, l'Occidente - Italia compresa - ha adottato (e continuano tutt'ora a farlo) sanzioni e misure contro Mosca. La più pesante, nonchè quella con più conseguenze, riguarda l'embargo Ue al gas russo. Embargo che tuttavia, per quanto cerchi di colpire il Cremlino, farà sentire il proprio peso anche nel nostro Paese. La ricaduta economica dello stop al gas che proviene dalla Russia infatti potrebbe essere davvero altissima. Ma di quali cifre stiamo parlando? Il "vero prezzo" sarà quello della perdita dei posti di lavoro: si stima che 565mila persone potrebbero dire addio al proprio impiego.
A fare luce sul "vero prezzo" dello stop al gas russo ai Paesi Ue è la giornalista Milena Gabanelli che sul Corriere della Sera oggi pubblica un'inchiesta che fa riflettere. "Tra gli scenari contenuti nell’ultimo Documento di economia e finanza del governo, ce n’è uno in cui si ipotizza per l’Italia lo stop degli approvvigionamenti di gas e petrolio dalla Russia", scrive la giornalista. "Si stima una carenza pari al 18% delle importazioni complessive nel 2022 e al 15% nel 2023. II primo effetto è il razionamento, e il conseguente aumento del prezzo. Dai circa 100 €/MWh di fine marzo si potrebbero superare i 220 €/MWh tra novembre 2022 e febbraio 2023".
"Quindi un ulteriore rialzo a catena dei prezzi", sarebbe la prima logica conseguenza. Rialzo che avrebbe subito delle gravi conseguenze sull'economica, sui consumi, ma soprattutto sui posti di lavoro. E questa varrebbe in Italia, come negli altri Paesi europei che puntano alla chiusura dei rubinetti di gas russo. L'inflazione - nota la Gabanelli - potrebbe salire a 7,6% e, a fine anno, il Pil salirebbe solamente a +0,6%. A fine 2023 invece a 0,4%. Ma le (infauste) previsioni non si finiscono qui.
La consegua maggiore dello stop al gas russo riguarderebbe l'occupazione. Lo spiega bene l'economista Paolo Onofri, presidente di Prometeia Associazione, che parte dal Pil: "Nel 2022 abbiamo già accumulato 2,2 punti di crescita sulla media del 2021; chiudere II 2022 con un +0,6% di media vuol dire - si legge sul Corriere della Sera - perdere nella seconda metà dell’anno tutto il vantaggio accumulato. Avremmo trimestri con segno negativo, con un crollo del Pil nella seconda metà di quest’anno del 2,5%. Uno shock che comporta la perdita di 1,3 punti percentuali di occupazione nel 2022 e di 1,2 punti nel 2023. In concreto: circa 293mila perderebbero il posto di lavoro quest’anno, e altri 272mila l’anno prossimo", scrive ancora Gabanelli. Dunque, 565mila in tutto.
Una previsione dunque tutt'altro che ottimista. E a pagarne maggiormente le conseguenze saranno, come al solito, le famiglie e le imprese italiane. Esse dovranno, nei prossimi mesi, affrontare non solo ulteriori aumenti e rincari, ma vedranno anche la diminuzione dei redditi. Secondo il professor Onofri, per compensare questi cali servirebbero 40 miliardi nel 2022, e poi altri 40 nel 2023. Soldi che però l'Italia non ha certamente a disposizione.
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