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Covid, per la Cina due anni passati invano: Shanghai come Wuhan, Xi Jinping trema

Il durissimo lockdown della megalopoli cinese scatena le proteste della popolazione alla quale in molti casi manca accesso a cibo e beni di prima necessità. Pechino più esposta per la presenza di tanti stranieri

13 Aprile 2022

Shanghai, 2022

Shanghai (Fonte Twitter @acnecessitatis)

Sono passati oltre due anni dall'inizio della pandemia di Covid-19. E dopo un immenso giro del mondo l'emergenza torna a colpire chi la crisi l'aveva vissuta per primo, vale a dire la Cina. Shanghai (dove il governo Stati Uniti ha evacuato il personale diplomatico) sta vivendo un dramma simile a quello di Wuhan, ma più che altro per la durezza della reazione delle autorità politiche e sanitarie. Non sotto il profilo medico, visto che il record di contagi non sta provocando decessi o malati gravi come era accaduto invece nel 2020 a Wuhan. Questo perché si tratta di Omicron, i cui sintomi sono lievi o persino inesistenti, ma il governo cinese tratta la mutazione come se fosse la prima letale versione del virus operando lockdown durissimi e centralizzati.

Cina, la strategia zero Covid non ammette eccezioni: lockdown come a Wuhan pure con Omicron

A differenza di quanto accaduto a Wuhan, l’attenzione è ora puntata sulla massima aderenza alla strategia zero Covid. I diplomatici di trenta paesi hanno scritto al Governo cinese per chiedere la revisione alcune procedure. Prima tra tutte, la prassi di separare i minori contagiati dai genitori. Il consolato francese segnala, invece, l’assenza di assistenza in lingua inglese per gli stranieri che non conoscono bene il mandarino. Alcuni funzionari si sono uniti alle critiche che alcuni centri di quarantena forzata non siano nelle condizioni igieniche ottimali, o che manchi la privacy. 

In molti lamentano la scarsità di cibo e di altri beni di prima necessità come i medicinali. Da giorni circolano online immagini di residenti in lockdown costretti a contendersi le razioni di cibo alle prime luci dell’alba. Il problema non starebbe nella mancanza di provviste quanto piuttosto nell’inefficienza del sistema di distribuzione. Secondo il South China Morning Post, le restrizioni sulla mobilità e il regime di quarantena per gli autisti in alcune aree del paese sta pesando enormemente sul trasporto merci su strada. Nell’ultima settimana di marzo, il volume di traffico merci nelle principali zone logistiche della Cina è diminuito del 23,4% rispetto alla stessa settimana del 2021. Alle criticità logistiche si è aggiunta la mancanza di personale nei campi. Il 90% dei camion di logistica sarebbe al palo e per entrare nella città i tir hanno bisogno di permessi speciali non sempre semplici da ottenere.

Le possibili conseguenze sociali, economiche e politiche del caos Shanghai

Il rischio è che possano esserci conseguenze anche politiche viste le proteste che sono scaturite nei giorni scorsi e documentate da diversi video circolati sui social media, compresi quelli cinesi. La disastrosa gestione del lockdown è già costata il posto a tre funzionari del distretto di Pudong, mentre altri cinque sono stati sanzionati, ma non sarà semplice circoscrivere la crisi come invece era accaduto in occasione dei focolai precedenti.

Il lockdown minaccia anche la catena di approvvigionamento cinese. I container carichi di cibo e prodotti chimici si stanno accumulando al porto di Shanghai, poiché le misure di blocco hanno portato a una carenza di camionisti per ritirare i prodotti ai moli. E attenzione anche a Guangzhou, altro grande hub logistico della Cina, dove tutti gli 11 distretti della città hanno annunciato l’intenzione di iniziare i test di massa per evitare un lockdown. La strategia zero Covid è stata utilizzata dal governo cinese per evidenziare la superiorità della sua gestione sanitaria rispetto a quello occidentale, ma ora la mancanza di adattamento potrebbe creare seri problemi economici, sociali e politici a Pechino.

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