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Guerra Russia-Ucraina, ecco come l'Occidente sostituirà Mosca per gas ed energia

Italia, Germania e tutti i Paesi occidentali si muovono per sostituire l'import del gas e dell'energia da Mosca. Tutte le soluzioni, dal nucleare al green

23 Marzo 2022

gas occidente ucraina russia

fonte: Twitter @Notiziescientif

Il caro dell'energia è la conseguenza più diretta dell'invasione russa dell'Ucraina. E ora tutti i Paesi europei (e non) stanno muovendosi per rimpiazzare Mosca come loro fornitore. Si tratta però di una missione di certo non facile. Nel 2021 l'Ue ha importato il 45% del gas dalla Russia, ma con il piano REPower Eu Bruxelles sostituirà il 20% dell'import russo di gas con il biometano (35 miliardi mc entro il 2030) e altre fonti rinnovabili. In un processo a step, entro la fine di quest'anno si punta a poter fare a meno dei due terzi del gas russo.

La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha poi annunciato che il 2027 sarà l'anno in cui terminerà del tutto la dipendenza energetica dell'Ue nei confronti della Russia. In cinque anni quindi l’Occidente dovrà affrancarsi da Putin, ecco come.

La UE chiede uniformità sulla questione gas

Il progetto dovrà anzitutto rendere armoniche tutte le politiche energetiche europee, al momento differenti. La Commissione europea presenterà una proposta di regolamento affinché entro il primo novembre 2022 (ma con alcuni obiettivi intermedi da raggiungere), gli Stati Ue assicurino il riempimento degli stoccaggi almeno al 90% della loro capacità. 

Il periodo in cui compiere questo procedimento è fissato dal primo aprile al 30 settembre. Inoltre è già previsto l’acquisto volontario comune di gas in modo da avere prezzi migliori nelle trattative con i venditori oltre al price cap il cui limite potrebbe essere intorno agli 80 euro/Mwh. Ma vediamo ora come i singoli stati si stanno muovendo per rendersi indipendenti dalla Russia.

Addio energia russa, le mosse della Germania

Quella tedesca rappresenta la situazione più critica in Europa. Berlino nel 2020 importava dalla Russia circa il 65% del gas (dati Iea) pari a 42,6 miliardi di metri cubi e la dipendenza energetica tedesca da Mosca è peggiorata dall'11 marzo del 2011, ossia dall'incidente nella centrale nucleare giapponese di Fukushima. A seguito dell'evento, Berlino ha deciso di uscire dal nucleare, incrementare l'import di gas dalla Russia con il Nord Stream 2 e puntare sull'eolico offshore. 

La volontà del Paese era quella di spegnere le ultime tre centrali nucleari in funzione, ma ora il governo sta rivalutando questa scelta e cerca fonti alternative, stessa politica intrapresa anche dal Belgio. Il ministro dell'Economia tedesco Robert Habeck, dei Verdi, ha già fatto tappa in Qatar e negli Emirati Arabi Uniti alla ricerca di nuove forniture di gas (gas liquefatto naturale, in particolare), da sostituire a quello proveniente dalla Russia. La Germania vuole dunque rendersi più autonoma dalla Russia. Al tempo stesso il ministro all'Economia (che ha anche la titolarità dell'Ambiente), punta ad accelerare la transizione verso l'idrogeno verde. Cinque aziende tedesche hanno già firmato le dichiarazioni d'intenti con le autorità degli Emirati. Tanto che Habeck ha parlato di una "win-win-situation".

Guerra Russia-Ucraina, l'Italia guarda all'Africa per il gas

L'Italia è il secondo Paese, dopo la Germania, maggiormente dipendente dal gas di Mosca. Importa il 38% del gas che consuma, pari a circa 29 miliardi di mc. Anche nel Belpaese la dipendenza è aumentata negli anni: nel 2012 la percentuale era intorno al 30%. La produzione nazionale è scesa ai minimi, circa 3 miliardi di mc, ma il governo ha intenzione di aumentarla dai giacimenti in funzione (senza nuove trivellazioni). L'Italia importa il 95% del gas che consuma (circa 72 mld di mc).

Gli altri maggiori fornitori sono l'Algeria (27,8% del totale), l’Azerbaigian (9,5%), la Libia (4%). Il 13% del fabbisogno arriva invece sotto forma di Gnl prevalentemente dal Qatar. Da quando è esploso il conflitto in Ucraina, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio è stato con l'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi in molti Paesi africani e del Medio Oriente proprio per rafforzare la cooperazione energetica e incrementare le forniture. Descalzi ha assicurato 14 trilioni di piedi cubi di gas aggiuntivi nel breve e medio termine (400 mld di mc di gas).

Crisi gas, le mosse di Gran Bretagna, Giappone e Usa

Lo stop all'import di greggio russo è arrivato anche dalla Gran Bretagna (la cui quota importazioni è all'8%). Il premier Johnson si è recato ad Abu Dhabi e a Riad per convincere Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita a pompare più petrolio per calmare i mercati. Lo stesso primo ministro ha aperto all'aumento degli investimenti nell’energia verde in Uk.

Anche Tokyo ha chiesto agli Emirati Arabi Uniti di aumentare la produzione di petrolio. Ma, nonostante le richieste dei Paesi del G7, l'Opec+, i cui leader sono Russia e Arabia Saudita, ha risposto con aumenti di piccola portata (400.000 barili al giorno dallo scorso agosto). L'appello del ministro degli Esteri Yoshimasa Hayashi a "stabilizzare il mercato petrolifero globale aumentando la produzione e attingendo alle riserve” sembra dunque essere caduto nel vuoto.

Gli Stati Uniti stanno cercando fonti alternative. L'import di idrocarburi (petrolio+gas) dalla Russia per Washington vale circa l’8% (3% solo il greggio), pari a 700.000 barili al giorno, cifre contenute rispetto all’Europa. Gli Usa, primo produttore mondiale di petrolio e gas, si sono rivolti a Paesi con cui i rapporti erano complicati fino a poco tempo fa, Venezuela su tutti. La Casa Bianca ha inviato una delegazione per parlare con il governo di Maduro; lo stato sudamericano potrebbe aumentare la produzione di almeno 400.000 barili al giorno. 

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