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Marò, la corte suprema indiana chiude il caso. "Carne da macello per la politica"

Già la settimana scorsa la Corte suprema aveva accettato di chiudere tutti i procedimenti dopo il deposito del risarcimento di 100 milioni di rupie, circa 1,1 milioni di euro

15 Giugno 2021

Marò: la corte suprema indiana chiude il caso. Perché si torna a parlare di Girone e Latorre?

Marò (foto LaPresse)

La Corte suprema indiana ha chiuso il caso sui MaròSalvatore Girone e Massimiliano Latorre. Si tratta dei due Marò coinvolti nella morte di due pescatori indiani nel 2012. La notizia è riportata dal giornale indiano in lingua inglese "The Hindu".

Marò, la Corte suprema indiana chiude il caso. Perché si torna a parlare di Girone e Latorre?

La Corte Suprema indiana aveva rinviato la chiusura del caso lo scorso 19 aprile perché l'indennizzo di cento milioni di rupie (circa 1,1 milioni di euro) che l'Italia doveva versare alle famiglie delle vittime non era stato ancora depositato. Nel corso dell'udienza del 19 aprile, che era stata presieduta dallo stesso presidente della Corte - Sharad Arvind Bobde - il procuratore generale dello Stato, Tushar Mehta, aveva dichiarato che "l'Italia ha avviato il trasferimento di denaro", aggiungendo che la somma non era ancora disponibile. Il nove aprile scorso la Corte aveva deciso che il caso sarebbe stato chiuso solo dopo il deposito del risarcimento pattuito.

I due militari erano accusati di aver ucciso nel 2012 due pescatori indiani, al largo delle coste del Kerala: i fucilieri, che erano impegnati in una missione antipirateria a bordo della nave commerciale italiana Enrica Lexie, videro avvicinarsi il peschereccio Saint Antony e, temendo un attacco di pirati, spararono alcuni colpi di avvertimento in acqua. A bordo della piccola imbarcazione, però, morirono i due pescatori Ajeesh Pink e Valentine Jelastine, e rimase ferito l'armatore del peschereccio, Freddy Bosco. Dopo un lungo contenzioso, nel luglio del 2020 il tribunale internazionale dell'Aja, che aveva riconosciuto "l'immunità funzionale" ai fucilieri, aveva stabilito che la giurisdizione sul caso spettava all'Italia e aveva disposto il risarcimento alle famiglie delle vittime.

Marò, la corte suprema indiana chiude il caso. "Carne da macello per la politica"

"Grazie a chi ha lavorato con costanza al caso, grazie al nostro infaticabile corpo diplomatico. Si mette definitivamente un punto a questa lunga vicenda", scrive su twitter il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

 "Da 9 anni sono costretta a parlare a nome di mio marito. A lui è stato fatto esplicito divieto di parlare pena pesanti sanzioni. Non può nemmeno partecipare a qualsiasi manifestazione pubblica. È vincolato al segreto. È ora di chiedersi perché le autorità militari vogliono mantenere il segreto su ciò che sa e vuol dire. Quello che so è che per la politica italiana siamo stati carne da macello. Presto Massimiliano si presenterà alla procura di Roma". Così Paola Moschetti, moglie di Massimiliano Latorre, all'ANSA sulla Corte Suprema indiana che ha ordinato la chiusura dei procedimenti a carico del marito e di Salvatore Girone

Marò, la Corte suprema indiana chiude il caso: la fine di un lungo processo

"Si chiude il caso con l’India. Un successo della diplomazia italiana", scrive su twitter il commissario europeo all'Economia ed ex premier Paolo Gentiloni commentando la chiusura dei procedimenti contro i due marò nove anni dopo l'incidente.

Marò: la vicenda

Queste le tappe principali della vicenda: i due marò italiani sono impegnati in una missione di protezione della nave mercantile italiana 'Enrica Lexie', in acque a rischio di pirateria. I militari, ritenendo imminente un’aggressione, spararono contro un peschereccio locale colpendo due pescatori a bordo, Ajeesh Pink e Valentine Jelastine. Fermati dopo l’attracco della nave nel porto di Kochi, per essi cominciò una lunga trafila giudiziaria con un ruolo significativo di pressioni politiche, incertezza di competenze giudiziarie, limitazione delle libertà personali in India e successivamente un contenzioso, a tratti anche aspro, tra Italia e India sulla giurisdizione mancando un precedente a cui riferirsi.

Il 19 febbraio 2012 i due fucilieri di Marina vengono consegnati alla giustizia indiana con l'accusa di aver ucciso due pescatori indiani su un peschereccio, scambiati per due pirati al largo della costa del Kerala, nel sud dell'India.

Dopo l'uccisione dei due pescatori indiani, qualche giorno dopo il fermo dei due militari italiani, il tribunale di Kollam dispone il loro trasferimento nel carcere ordinario di Trivandrum. Ne escono solo il 30 maggio quando l'Alta Corte del Kerala concede ai due fucilieri la libertà su cauzione di dieci milioni di rupie (143.000 euro) stabilendo l'obbligo di firma quotidiano che impedisce loro di allontanarsi dalla zona di competenza del commissariato locale.

Ai due fucilieri viene anche ritirato il passaporto. Solo a dicembre del 2012, qualche giorno prima di Natale, il governo italiano riesce a ottenere dall'Alta Corte del Kerala un permesso di due settimane per i due militari italiani che consente loro di trascorrere le festività in Italia con l'obbligo di tornare in India alla scadenza del permesso. Tornano quindi a casa il 22 dicembre e vengono interrogati dal procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo.

Il 3 gennaio 2013, alla scadenza del permesso, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone tornano in India, per poi rientrare ancora in Italia alla fine di febbraio, quando ai due fucilieri viene dato un permesso di 4 settimane in occasione delle elezioni politiche.

La posizione del governo italiano è, inizialmente, quella di non rimandare i due fucilieri in India ma la Presidenza del consiglio dei ministri annuncia invece successivamente che i fucilieri sarebbero tornati nel Paese asiatico. L'allora ministro degli Esteri Giulio Terzi annuncia quindi in Parlamento le proprie dimissioni irrevocabili in polemica con la decisione del governo di rimandare i marò in India.

Il 16 dicembre del 2014 arriva il 'no' della Corte Suprema indiana alle istanze presentate dai marò, anche per quanto riguarda il possibile rientro in Italia di Girone. Dopo mesi di schermaglie politiche e diplomatiche, il governo italiano decide, il 26 giugno del 2015, di attivare la procedura di arbitrato internazionale di fronte all'impossibilità di arrivare a una soluzione negoziale con l'India.

L'Italia chiede di consentire la permanenza di Latorre in Italia (nel frattempo tornato nel nostro Paese per alcuni problemi di salute) e il rientro in patria di Girone durante l'iter della procedura arbitrale. Il 2 maggio 2016 il Tribunale Arbitrale dispone che anche Girone faccia rientro in Italia fino alla conclusione del procedimento arbitrale.

Intanto la vita dei due fucilieri della Marina va avanti. Il 15 giugno 2019, Massimiliano Latorre si sposa con Paola Moschetti. Poco meno di un mese dopo, tra l'8 luglio e il 20 luglio, si tiene all'Aja presso la Corte arbitrale permanente (Permanent Court of Arbitration, Pca) l'udienza finale dell'arbitrato sul caso della 'Enrica Lexie':  l’Italia è stata condannata a compensare la parte indiana in relazione alla morte  dei due cittadini, oltre che a vari danneggiamenti  e a danni morali causati  all’equipaggio della piccolo peschereccio St Antony. Il tribunale ha concordato sul fatto che  i due marines fossero, anzitutto, pubblici ufficiali e precisamente militari appartenenti alla  marina italiana, nonché "ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria incaricati della difesa marittima dello Stato", così come sostenuto da parte italiana;  che, inoltre, le condotte tenute il 15 febbraio 2012 fossero espressione di tale pubblica funzione: essi agivano infatti,  in quel momento, sia  come ufficiali della marina italiana, che  come agenti di polizia giudiziaria con riferimento a reati legati alla pirateria.

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