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Festa grande al cimitero, memoria di un Paese sepolto sotto le macerie industriali, alcune mascherate dalla tanatocosmesi degli Investimenti Diretti Esteri

Di Eric Packer

31 Dicembre 2024

Festa grande al cimitero, memoria di un Paese sepolto sotto le macerie industriali, alcune mascherate dalla tanatocosmesi degli Investimenti Diretti Esteri

Cimitero Monumentale Milano (fonte LaPresse)

Quest'anno, mentre mi aggiravo tra le mille e più storie del Monumentale di Milano, mi si è palesato un altro cimitero contemporaneo e parallelo, memoria di un Paese sepolto sotto le proprie macerie industriali, alcune palesi e definitive altre mascherate dalla tanatocosmesi degli Investimenti Diretti Esteri a mezzo dei quali, capitali stranieri comprano -spesso a prezzo di saldo- "roba italiana" che gli italiani non vogliono o non sanno più gestire, vendere, possedere. Ovviamente, questi signori che portano i capitali lo fanno per essere remunerati e la remunerazione esce dall' Italia per fluire nei rispettivi Paesi di residenza (gli IDE sono infatti debito estero) accompagnati da un codazzo funebre, quello dei politici, particolarmente euforico per non dover trovare soluzioni sistemiche riuniti intorno all'ennesimo tavolo di crisi al quale sono soliti accomodarsi tre tipologie di soggetti: il Ministro delle Attività Produttive pro-tempore, dedito alla somministrazione dell' estrema unzione industriale; gli avvoltoi della finanza strutturata, impegnati a spolpare ciò che resta di valore; i sindacalisti becchini, sempre pronti a seppellire volentieri posti e redditi da lavoro negli intervalli di tempo che residuano tra una battaglia e l'altra interessentate ora i vaccini, ora la CO2,  ora il cambiamento climatico, ora il patriarcato, ora la transizione di genere.
Difficile elencare tutte le industrie che furono italiane ma alcune meritano di essere menzionate:  
Fiorucci
Versace
Motta 
Valentino 
Krizia
Ferretti Yacht
Gucci
Bottega Veneta
Pomellato
Dodo
Brioni
Richard Ginori
Fendi
Loro Piana
Bulgari
Emilio Pucci
La Rinascente
Ferrè 
Lamborghini
Mila Schon
Conbipel
Sergio Tacchini
Belfe e Lario
Mandarina Duck
Coccinelle
Safilo
Miss Sixty-Energie
Lumberjack
Galbani
Locatelli
Invernizzi
Cademartori
Cirio
Bertolli
De Rica 
Carapelli
Sasso 
Friol
Eridiana
Peroni (e Nastro Azzurro)
Star
Pirelli
Telecom Italia 
Cariparma
Banca Popolare FriulAdria
Nuova Tirrena
Pioneer
Magneti Marelli
Italcementi
Edison
Parmalat
Fiat Ferroviaria
Piaggio Aerospace 
Saras
Acqua di Parma
Algida
Alcatel
Ducati
Atala
Avio Aero 
Berloni 
Bertolli
Biondi-Santi 
Caffarel
Buitoni
Cerved
Fabriano
Fastweb
Garofalo
Ichnusa
Grom
Italo
Indesit
Perugina
Pernigotti
Sanpellegrino
FIAT
AnsaldoBreda
Ansaldo STS
Fendi
Sergio Rossi 
Sperlari (quindi anche Dietor, Dietorelle) 
Acetum
Acciaierie Lucchini 
Acetum Balsamico di Modena 
Antica Gelateria del Corso 
Baci Perugina
Benelli 
BNL 
Boschetti Alimentare 
Buccellati
Pasticceria Cova 
Fattoria Scaldasole
Italo 
Loquendo 
Omnitel 
Osvaldo Cariboni 
Pininfarina
Plasmon 
Poltrona Frau 
Zanussi 
e via discorrendo. 
Fortunatamente, questa tipologia di debito estero non pone -ad oggi- particolari problemi per l' Italia grazie alle massicce esportazioni registrate in questi anni, esportazioni agevolate sia da un eurino debole in quanto volontariamente indebolito dalla BCE per tenere unite economiche totalmente divergenti, sia da una compressione salariale disastrosa (si guadagna meno di 30 anni fa, unico caso nell' OCSE) la quale ha parzialmente compensato il gap di produttività che l' Italia  sconta rispetto agli altri paesi industrializzati. 
Nel frattempo, negli USA ha vinto Trump il quale ripropone il programma protezionistico, già rimasto largamente inattuato durante il suo primo mandato, dinanzi al quale i politicanti europei -italiani in primis- vedono rosso come tori ben consapevoli delle -a dir poco- disastrose condizioni del mercato interno (redditi ridicoli, consumi ridicoli). A quel punto, in caso di effettiva implementazione del citato programma,  senza sbocchi esteri, le merci resteranno in un mercato nazionale asfittico, con conseguente caduta del PIL, aumento della disoccupazione e ritorno del sempre presente "rischio debito pubblico" (rischio più verosimile che vero essendo lo stock di risparmio privato -cioè il vostro- la sua principale -e più che sufficiente-garanzia implicita). 
Dunque, non si può che concordare con il professor Berta allorquando evidenzi come l' Italia  «non abbia riconfigurato il proprio modello economico, dopo il tramonto della stagione dominata dall’intervento pubblico e dalla creazione di un’economia mista. Il suo capitalismo, anzi, non è apparso mai tanto labile e sbiadito come ora. La cancellazione del più originale esperimento di gestione dell’economia condotto nel Novecento (la liquidazione dell' IRI nda) non si è accompagnata, del resto, alla rivitalizzazione del tessuto imprenditoriale, che al contrario si è rattrappito e impoverito. Il sistema delle imprese ha smarrito i suoi lineamenti storici, senza acquistarne di nuovi e soprattutto senza raggiungere un assetto inedito abbastanza saldo da far maturare una credibile prospettiva di sviluppo».
E nel mentre ispezionavo curioso le varie tombe, umane ed industriali, una lapide netta si stagliava all' orizzonte, illuminata dai gelidi raggi solari di stagione: lì giaceva lo storytelling della «tecnologia strumento utile all' emancipazione dal giogo del lavoro salariato». Per caso vi sentite emancipati o liberati da qualcosa? A guardare le vostre occhiaie, a me non sembra. Mi pare, al contrario, che tutto lo sviluppo tecnologico, sperimentato negli ultimi 30 anni ed applicato al settore industriale, abbia consentito al capitale di esercitare non solo una più stretta vigilanza sul pensiero -con conseguente emarginazione di qualunque eterodossia posta alla base di ipotetici modelli alternativi- ma anche una pretesa di accelerazione dei ritmi produttivi nell' ambito dei quali l' uomo viene chiamato ad adeguarsi al clock dei microchips dei quali è divenuto protesi dal valore sempre più relativo. 
Come ratto nella ruota, l' essere umano è continuamente chiamato ad aumentare la velocità della propria esistenza a fronte di tecnologie sempre più efficienti. «L' accelerazione quasi di tutto» di cui parlava ad inizio secolo James Gleick  nel suo "Sempre piú veloce", l' accelerazione di cui parlava  Douglas Coupland, che  pochi anni prima aveva sottotitolato "Storie per una cultura accelerata" il suo "Generazione X", l' accelerazione di Peter Conrad e Thomas H. Eriksen, torna oggi ad essere un tema sempre più centrale per i lavoratori. O meglio: per i lavoratori non è un tema centrale proprio perché non hanno tempo per pensarci; lo è invece per i capitalisti i quali, ben consapevoli del valore del tempo, ben si guardano dal concedere riduzioni dell' orario lavorativo a parità di paga ammettendo -con sommo entusiasmo -solo riduzioni della CO2. 
Così, come ratto nella ruota, l' essere umano viene al contempo privato pure del suo spazio perché, come diceva Harvey nel '93,  nell’epoca della globalizzazione e della utopicità di Internet, il tempo viene sempre piú spesso percepito come qualcosa che comprime o addirittura annichilisce lo spazio. Operazioni e nuovi sviluppi non sono piú localizzati e luoghi reali come hotel, banche, università e impianti industriali tendono a diventare «non luoghi», ovvero luoghi senza storia, identità o relazioni (Augé 1993; Rosa in "Accelerazione ed alienazione") 
Pertanto, per il futuro vi auguro di riuscire a ritrovare il vostro spazio ed il vostro tempo. Ci riuscirete? Probabilmente no, non essendovi alcun segnale d' inversione socio-culturale ragion per cui  continuerete ad essere regolarità statistica. Quindi, a contrario, a voi tutti l' augurio di essere anomalia. 
Poi, il guardiano mi fece cenno di abbandonare questo nostro luogo in quanto stavano in loco giungendo alcuni figuranti che, chiassosi e festosi, si accingevano a riunirsi per autocelebrarsi quali governanti impegnati a fare «la storia di questo Paese». 
Per fine anno 2024, festa grande al cimitero.
Di Eric Packer

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