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Roger Abravanel: 'L'Italia corre il rischio di non riprendersi dopo la pandemia'

Il saggista: "Recovery Fund e Next Generation EU non affrontano i reali nodi della crisi economica. Necessarie riforme e incentivi per il capitale privato". L'intervista a Il Giornale d'Italia

03 Febbraio 2021

Roger Abravanel: 'L'Italia corre il rischio di non riprendersi dopo la pandemia'

Roger Abravanel (https://www.linkedin.com/in/roger-abravanel/)

Il suo nuovo saggio "Aristocrazia 2.0. Una nuova élite per salvare l'Italia" affronta le motivazioni della crisi economica italiana. Chi sono gli aristocratici 2.0 e in che modo possono salvare l’economia del paese?

"C’è una vecchia aristocrazia, quella tradizionale, che è cattiva e tramanda di padre in figlio i beni e le proprietà. C’è una nuova aristocrazia, buona, in base alla quale le famiglie passano ai figli non denaro e proprietà ma i privilegi di accesso nelle migliori università. Questo è strettamente legato all’economia". Queste le parole di Roger Abravanel durante l'intervista a Il Giornale d'Italia. "Basta guardare ciò che è successo negli ultimi 100 anni alle economie che oggi stanno crescendo: questa meritocrazia nata 100 anni fa ha fatto in modo che nelle università non andassero più i "figli di.." ma quelli che erano veramente bravi e che dimostravano la propria bravura attraverso un test e ottenevano borse di studio. Poi è diventata una nuova aristocrazia perché con leconomia della conoscenza e il digitale e l’innovazione, il premio per questi selezionati è esploso, tanto è che i 10 uomini più ricchi d’America sono tutti laureati  nelle migliori università americane. Si è dunque creata una nuova aristocrazia perché 'i selezionati' passano ai propri figli l’accesso alle migliori università. Tuttavia, questa è una cosa negativa dal momento che non crea pari opportunità". 

"D’altra parte questo fenomeno sociale ha creato enormi bune opportunità perché nel tentare di emulare quelli che arrivano nell’1% e diventano ricchi e si laureano nelle migliori università, le persone in tutte le parti del mondo si sono impegnate nello studio, nella selezione per le migliori università e anche se non sono riusciti a rientrare nell’1%  vanno molto meglio dei loro genitori" .

"In corea il 70% dei giovani sono laureati e hanno un reddito di 2 o 3 volte superiore a quello dei loro genitori e l’economia cresce. Perché cresce? Perché l’economia è voluta da un’economia prima agricola, poi industriale e poi post industriale come le banche e le assicurazioni. Adesso è un economia della conoscenza. Quest’economia della conoscenza crea enormi opportunità per i giovani che hanno delle buone lauree in buone università. Tutto questo è legato al nostro problema perché noi non abbiamo mai avuto questa meritocrazia  e questo tipo di capitale umano non si è mai sviluppato.  La nostra economia non è stata capace di passare dall’economia dei famosi distretti industriali e delle piccole aziende alle grandi aziende e all’economia della conoscenza. Tutte le nostre grandi imprese si sono perse perché vendute, anche quelle del Made in Italy. Mancano le opportunità per creare questa nuova aristocrazia e l’economia non cresce" .

Il Recovery Fund e il Next Generation EU rappresentano una speranza di ripresa per l'Italia. Cosa ne pensa?

"Il Recovery Plan e il Next Generation EU purtroppo non affrontano i nodi e quelle che sono le vere ragioni alla base della crisi economica. Le vere ragioni sono essenzialmente da individuare in diversi fattori: un capitalismo più familista che familiare in cui i figli subentravano ai genitori e le aziende non crescevano; l’università che si è tagliata fuori dall’economia della conoscenza; una burocrazia che non è colpa dei fannulloni ma di una paralisi decisionale su appalti e su tutto quello che è necessario, principalmente dovuta ad uno strapotere della magistratura" .

"Purtroppo il Next Generation Plan, di cui oggi si parla tantissimo, non affronta questi nodi poiché parla di riforme su giustizia e università, ma nessuno crede che queste cose saranno fatte davvero".

"Quello che manca davvero in Italia sono gli incentivi per il capitale privato attraverso nuovi protagonisti di capitalismo", afferma in maniera decisa il brillante saggista.

Come rendere produttivo il Recovery Fund? Dove andrebbero investiti i fondi?

"Riflettendo sul Recovery fund immediatamente si pensa a investimenti. Ma ciò di cui abbiamo bisogno in Italia, principalmente, è un piano di riforme più che di investimenti. C’è un evidente problema di riforme all’università, dal momento che non abbiamo università eccellenti a livello mondiale. Bisogna inoltre creare incentivi per i nuovi capitalisti. Per quanto riguarda la riforma della giustizia, anche qui non è un problema di soldi, non è un problema di come spendere e come indirizzare gli investimenti. Il problema risiede nella mentalità inadeguata e nel fatto che persiste una diagnosi sbagliata del problema. Si pensa che lo stato non spenda abbastanza e che non faccia abbastanza investimenti, ma il problema non è questo. Il problema è che non c’è stata capacità di adeguarsi all’economia che cambia e che diventa economia della conoscenza" .

Veniamo alla crisi di governo. L’instabilità politica nuocerà ulteriormente la già fragile economia italiana?

"La risposta naturale è sì, tutti dicono che l’Italia ha un disperato bisogno di persone competenti al governo perché bisogna investire bene i fondi del Recovery. La necessità secondo me è quella di avere persone competenti e coraggiose con grande supporto e carta bianca da parte dei cittadini per poter fare le riforme, non per spendere questi soldi. I soldi chiaramente bisogna averli e spenderli in modo giusto, ma non è quello il tema principale. La sua domanda, purtroppo, andava bene per la diagnosi che fanno un po’ tutti ma che, secondo me, è una diagnosi sbagliata" .

Per quanto riguarda la formazione del nuovo governo, esiste al momento qualcuno che, ricoprendo la carica di Premier, potrebbe guidare l’Italia verso la ripresa?

Non lo so. Il punto è che oggi l’attenzione dei media è troppo focalizzata sulla crisi politica e, purtroppo, ci si distrae da quello che è il vero compito: avviare questa trasformazione economica e sociale che prenderà moltissimo tempo. Il grandissimo rischio che abbiamo è che quest’economia della conoscenza subisca un processo di accelerazione in seguito alla pandemia. Basta pensare all’e-commerce, alle video conferenze digitali. In un solo anno sono stati fatti cambiamenti che normalmente avrebbero richiesto 10/15 anni e non è che si può ritornare indietro. L’economia e le società che erano forti prima del covid, saranno ancora più forti dopo. Approfitteranno di questo cambiamento proprio perché posseggono capitale umano, grandi università e il giusto capitalismo. Noi siamo entrati già deboli e il rischio è uscirne ancora più deboli. Se lei pensa all’ultima crisi, dove abbiamo perso in termini di PIL  poco più della Germania. Poi però nei 10 anni successivi, la Germania è ripartita e noi siamo stati fermi. Adesso, tutti, giustamente, ci preoccupiamo del fatto che il PIL sta a - 8 mentre la Germania ha solo - 6, ma non sarà solo quello il problema. La Germania, dopo la crisi, ripartirà e noi rischiamo di rimanere fermi con la differenza che il post-covid ci renda ancora più deboli" .

"Nel mio saggio parlo del “rischio Argentina” che più o meno 20 anni fa aveva una situazione diversa e ha avuto un decorso che noi stiamo pericolosamente copiando. L’Argentina è fallita. Quello che stiamo correndo è un rischio gravissimo e tutti parlano della crisi di governo, ma il vero pericolo è proprio quello di finire come l’Argentina" .

Secondo lei in che modo la didattica a distanza potrebbe influire sulla transizione verso l’economia della conoscenza? I bambini imparano a leggere e scrivere davanti al computer, questo secondo lei potrebbe rappresentare un pericolo?

Grazie al covid sono stati fatti enormi passi avanti sulla didattica a distanza. La dad, sicuramente molto difficile alle scuole elementari, medie e superiori, rappresenta invece una grande opportunità all'università" .

"Le migliori università offriranno un modello ibrido e continueranno a crescere. Questo farà in modo che le università più forti guadagneranno, le più deboli inevitabilmente perderanno. Il nostro problema non è la scuola e l’università, lo dico sempre. Poi sì, abbiamo scuole migliori e scuole peggiori ma il problema gigantesco a livello di istruzione in Italia sono i sindacati e le capacità decisionali di chi decide di far migliorare le scuole" .

"Durante la pandemia ci sono state situazioni diverse. Le scuole buone  sono riuscite a fare la didattica a distanza senza troppi problemi, mentre le scuole pessime non sono riuscite ad impartire corsi appropriati. Scuole che si trovano inevitabilmente in zone povere e a basso reddito, di conseguenza è aumentata la disuguaglianza. Questo a causa della burocrazia dello stato che non è stato in grado di decidere come valutare le scuole e migliorare. La didattica a distanza la fanno le scuole buone, ma noi non sappiamo quali sono le scuole buone perché in Italia non si possono fare valutazioni" .

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