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La trappola delle etichette: la contro-narrazione liberale di Capezzone in un’epoca di semplificazioni tossiche

Un saggio coraggioso e rigoroso che smonta la caccia al “nemico” della sinistra contemporanea e invita la destra a riscoprire radici liberali, visione e responsabilità culturale.

26 Novembre 2025

La trappola delle etichette: la contro-narrazione liberale di Capezzone in un’epoca di semplificazioni tossiche

Capezzone e Telese, fonte: La7

Un’opera necessaria in tempi confusi

Con Trumpisti o muskisti, comunque «fascisti». Sinistra a caccia di nemici, Daniele Capezzone offre un saggio politico che colpisce per lucidità e ampiezza di sguardo. Non è un testo urlato, né un pamphlet di schieramento: è un’analisi composta, ma intellettualmente affilata, che denuncia come una parte della sinistra abbia sostituito il confronto con l’anatema, riducendo l’avversario a caricatura. L’autore, forte di un percorso politico e mediatico ricco e trasversale, sceglie un approccio “anti-anti”: non un elogio cieco dei leader nel mirino progressista, ma una critica a chi ha trasformato il dissenso in colpa morale.

L’umanesimo oltre i pregiudizi

La scelta di chiudere il libro con Leopardi sorprende e conquista: Capezzone lo presenta come voce di un umanesimo “integrale”, lontano dall’immagine stereotipata del pessimismo scolastico. Allo stesso modo, nella parte più originale del volume, l’autore lega la forza comunicativa della destra mondiale a una dimensione liberale e libertaria, evocata persino attraverso la figura di Freddie Mercury, simbolo di una libertà vitale e non coercitiva. Un accostamento ardito e riuscito, che illumina l’idea centrale del libro: i leader più demonizzati sono spesso quelli più capaci di stabilire un contatto diretto con il demos, con la spontaneità della società reale.

Il meccanismo della demonizzazione

Capezzone analizza con rigore il funzionamento della “macchina dell’indignazione”, il dispositivo culturale che trasforma il confronto politico in un perenne processo morale. I dati citati nel libro – impressionanti nella loro crudezza – mostrano fino a che punto la polarizzazione abbia legittimato persino l’idea della violenza contro figure pubbliche considerate scomode. Di fronte a questo scivolamento pericoloso, l’autore difende una visione liberale del dibattito, dove l’avversario non è un nemico da eliminare, ma qualcuno con cui misurarsi sul terreno delle idee. È qui che il saggio rivela la sua funzione civile.

Occidente, leadership e crisi del racconto

Uno dei meriti maggiori del libro è la capacità di spiegare perché alcuni leader non convenzionali riescano a catalizzare il consenso: non per magie comunicative, ma perché l’Occidente sta smarrendo la sua epica democratica. Mentre una parte della sinistra ripiega su un burocratismo senz’anima, la destra – pur tra contraddizioni – intercetta bisogni di identità, coraggio, visione. Capezzone invita però a non cadere nell’emotività o nel vittimismo: servono radici liberali, una proposta culturale alta, e la capacità di parlare al futuro con fiducia e responsabilità.

L’Europa tra mito tecnocratico e libertà nazionali

Il saggio contiene pagine molto efficaci sulla gestione europea, descritta non come un nemico da abbattere, ma come un super-meccanismo amministrativo che rischia di soffocare le peculiarità nazionali. Citando il discorso di Bruges di Thatcher, Capezzone sostiene la necessità di una cooperazione equilibrata, non di un Superstato che impone modelli uniformi. Le critiche al Green Deal applicato all’automotive, così come alle politiche fiscali più invasive, sono sviluppate con chiarezza e senza forzature ideologiche.

Un invito alla destra: coraggio, non slogan

Il libro non è solo una critica alla sinistra, ma anche un richiamo alla destra: accelerare sulle riforme, soprattutto economiche, e non adagiarsi sulla sola stabilità di governo. Capezzone elogia i punti di forza della coalizione italiana, ma avverte che il consenso va nutrito con visione, non con automatismi identitari. In questo, il riferimento al “sole in tasca” di Silvio Berlusconi diventa metafora di una politica capace di parlare alla speranza.

Scrittura brillante, rigore e libertà intellettuale

Lo stile è quello inconfondibile di Capezzone: vivace, ironico, ma sempre sostenuto da documentazione solida e da una cultura politica ampia. Il saggio si legge con piacere, ma richiede anche riflessione: smonta pregiudizi, costringe a ripensare etichette e automatismi, apre varchi di discussione autentica. È un libro che non chiede adesione, ma onestà intellettuale.

 

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