09 Gennaio 2023
fonte: Wikipedia
Dopo la morte del canonico Michele Basso vengono esaminate le 30 casse sigillate piene di pezzi d'arte nascolte sotto la cupola di San Pietro: inizia l'indagine dei Carabinieri per accertarne la provenienza. Qualcuno in Vaticano potrebbe essere vittima o complice di un giro di falsi e di opere saccheggiate.
Sotto il Cupolone di San Pietro si nasconde un segreto, contenuto in 30 casse ignifughe. È tornato alla ribalta alla morte del Monsignor Michele Basso, canonico del capitolo di San Pietro. L'arciprete della Basilica Vaticana, il cardinale Mauro Gambetti, cioè colui è il massimo responsabile dell'attività culturale e pastorale della basilica, deve sobbarcarsi il compito di giustificare come e perché il contenuto di quelle casse sia lì. Se ne deve occupare Gambetti perché presiede sul capitolo, cioè sull'assemblea dei presbiteri o dei religiosi.
Questo "tesoro", come è stato soprannominato, contiene 70 pezzi d'arte, fra vasi, statue e quadri. Ufficialmente appartiene alla Fabbrica di San Pietro, cioè un ente creato per la gestione delle opere necessarie per la realizzazione edile e artistica della Basilica di San Pietro in Vaticano. Tutti sanno però che il contenuto di questi bauli verdi è stato accumulato da Monsignor Michele Basso, che già interpellato due anni fa dal Messaggero aveva detto: "Ora non sono più il proprietario. Non ne so più niente".
Alla sua morte, si aprono indagini molto più approfondite sulla "collezione Basso": alcuni pezzi sarebbero falsi e altri non si capisce da dove arrivino. Anche il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano vuole "studiare" la situazione. Le indagini sono internazionali perché svolte dal generale Vincenzo Molinese alla guida del nucleo strategico dei carabinieri della Tutela Patrimonio Culturale: le forze dell'ordine italiane devono accertarsi che la collezione non contenga elementi che spettano di diritto ai musei italiani, come, ad esempio, dei pezzi trafugati.
Le autorità vaticane non riescono a fornire dei documenti o delle prove che attestino la provenienza del contenuto artistico dei bauli ritrovati, nonostante le casse siano sigillate con l’autorizzazione della Segreteria di Stato. Ma perché ritenerli sospetti? Molti dei pezzi vanno esaminati perché sembrano dei falsi, quindi o un grande collezionista d'arte come Basso si è fatto abbindolare, o ha partecipato ad un giro di truffe dai prezzi astronomici.
Si contano materiali di tipo archeologico, statue in marmo e di legno, dipinti su tela, tavole incise su rame e schizzi su carta, ci sarebbero anche bozzetti (forse) originali di Pietro da Cortona e tele della scuola di Mattia Preti. Su quest'ultimi i Carabinieri del TPC temono che siano stati trafugati da alcune chiese con l'obiettivo di essere poi rivenduti sottobanco.
Anche Valentino Nizzo, direttore del Museo Etrusco di Roma Villa Giulia, ritiene che si debba andare a fondo: "È una vicenda molto interessante e sarebbe prezioso e doveroso fare il prima possibile chiarezza, verificando tutte le opere nel dettaglio custodite a San Pietro. Penso soprattutto alla questione dei reperti archeologici."
Aggiunge: "Ogni volta che ci si trova di fronte ad un deposito privato di reperti si possono recuperare informazioni preziose." Qualora siano pezzi veri, per quanto fossero anche ottenuti in maniera illecita, costituiscono un pezzo di storia. Prosegue: "Ogni frammento di conoscenza merita l’attenzione delle istituzioni e degli studiosi. Chissà che altro può uscire da queste casse. Quello che dispiace è che quando un reperto antico è privato del suo contesto storico e ambientale d’origine, per un archeologo significa perdere comunque dati significativi e importanti".
Il pezzo che più di tutti ha attirato l'attenzione è il celeberrimo Cratere di Eufronio. Questo vaso non è noto soltanto perché è uno stupendo esemplare del più famoso ceramografo etrusco, Eufronio appunto, ma anche per la sua storia. Questo vaso con i dipinti rossi all'inizio del VI secolo a.C. è venuto alla luce solo nel 1971... in modo illecito.
Il pezzo è stato saccheggiato da una tomba etrusca presso Cerveteri, allora ignota, da Giacomo Medici e la sua banda di trafficanti d'arte. Il vaso è stato venduto al Metropolitan Museum di New York per la cifra record di 1 milione di dollari. Gli oggetti venduti da Medici valevano centinaia di migliaia di euro, talvolta milioni, ma sono tutti trafugati, come ad esempio degli affreschi strappati da una villa a Pompei.
Scopertane l'origine, il governo italiano ha imposto che tornasse qui: solo nel 2015 ha preso dimora definitiva al Museo di Cerveteri, assieme alla Kylix sempre di Eufronio, uno stupendo piatto decorato.
Michele Basso, insomma, non poteva essere all'oscuro dello scandalo che aveva coinvolto il Cratere identico a quello in suo possesso. Che quindi lo abbia comperato nel mercato nero per poi scoprire che si trattava di una copia? O che cercasse a sua volta di far circolare il falso spacciandolo per autentico? O ancora, se la copia di Basso fosse stata fatta prima del '71 si dovrebbero riaprire le indagini sul percorso fatto dall'originale e sulla data del suo ritrovamento.
Bisogna controllare l'origine di ogni artefatto che, se di contrabbando, può valere migliaia di euro.
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia