30 Novembre 2022
“La libertà è un mezzo, non un fine”. Una massima filosofica che ha caratterizzato gli studi di Friedrich August von Hayek, premio Nobel per l’economia nel 1974 e uno dei più grandi esponenti del neoliberalismo novecentesco, nonché uno dei maggiori critici dell’economia pianificata e centralista.
Secondo von Hayek, nato a Vienna nel 1899 e morto a Friburgo nel 1992, la libertà è sempre una condizione che riguarda la persona in quanto individuo, equipaggiato di una sfera privata attorno a sé che gli altri non possono valicare. La libertà è allora essenzialmente assenza di interferenza o di coercizione esterne. Quando l’uomo è costretto a seguire dei fini impostigli dagli altri e non dal proprio libero esercizio intellettuale, ecco che allora si riduce a uno stato di schiavitù. In tale prospettiva, Hayek mette in luce come anche chi vivesse negli agi e nell’opulenza (ad esempio, un cortigiano) o in mezzo a un popolo che partecipa alle scelte del proprio governo (come nei regimi democratici novecenteschi) non per questo deve credersi libero.
Ciò che più interessa a Hayek è a libertà concepita come protezione mediante la legge contro ogni forma di coercizione arbitraria non come rivendicazione del diritto di ognuno di partecipare alla determinazione della forma di governo. In tale impostazione, acquista grande rilievo il discorso sullo Stato che deve avere essenzialmente un ruolo secondario e negativo, deve intervenire il meno possibile nell’ambito di autonomia individuale e deve garantire, grazie a leggi generali, il pieno dispiegarsi delle libertà individuali, assicurando solide barriere a difesa dei “territori” dei singoli individui. La proprietà privata, intesa lockeanamente come diritto alla “vita, alla libertà e ai beni”, è, di conseguenza, il fondamento di ogni civiltà evoluta. “È la sola soluzione finora scoperta dagli uomini per risolvere il problema di conciliare la libertà individuale con l’assenza di conflitti”, ha scritto von Hayek. “Legge, libertà, proprietà sono una trinità inseparabile. Non vi può essere alcuna legge, nel senso di regola universale di condotta, che non determini confini di aree d’azione, stabilendo regole che permettono a ciascuno di accertare fin dove egli è libero di agire”.
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