17 Novembre 2025
Venditti, Sapone e Spoto
Il Tribunale del Riesame di Brescia ha annullato nuovamente il decreto di sequestro dei dispositivi informatici dell’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti, accogliendo anche il ricorso presentato dagli ex carabinieri Silvio Sapone e Giuseppe Spoto. Si tratta del terzo annullamento in poco più di un mese: due sul caso Garlasco mentre il terzo sul cosiddetto “sistema Pavia” dove Venditti è indagato per altre ipotesi di reato, come corruzione e peculato.
L'ultimo provvedimento riguardava il sequestro di undici dispositivi, tra cui pc, cellulari e hard disk, disposto il 24 ottobre dai pm di Brescia nell’ambito dell’indagine che vede Venditti accusato di corruzione in atti giudiziari. Secondo l’ipotesi accusatoria, l’ex pm avrebbe favorito nel 2017 l’archiviazione di Andrea Sempio, recentemente tornato sotto inchiesta per l’omicidio in concorso di Chiara Poggi. Il Riesame ha disposto la restituzione dei beni sequestrati ai ricorrenti, ritenendo illegittimo il decreto. Per Spoto e Sapone, che non risultano indagati in questo filone, la decisione comporta la possibilità di rientrare in possesso dei propri dispositivi. Per Venditti, invece, la situazione è più complessa poiché, pur essendo stato annullato il sequestro, non può accedere ai suoi telefoni e computer. Sul materiale, infatti, pende un incidente probatorio già autorizzato, volto a effettuare ricerche mirate tramite parole chiave. La Procura di Brescia sostiene che nei dispositivi dell’ex magistrato possano essere contenuti elementi utili a dimostrare presunti rapporti illeciti tra inquirenti e la famiglia Sempio, o l’esistenza di eventuali pagamenti attraverso terzi. Tuttavia, finora i pm non sono stati in grado di indicare parole chiave specifiche da ricercare, chiedendo invece un accesso generale a oltre undici anni di comunicazioni.
Nei giorni scorsi non era mancata la tensione tra accusa e difesa: l’avvocato Domenico Aiello, legale di Venditti, aveva criticato l’assenza dei pm all’udienza, parlando di un “atteggiamento farisaico”. Il procuratore generale Guido Rispoli aveva replicato ricordando il divieto disciplinare per i magistrati di fare esternazioni sul merito delle indagini e invitando tutte le parti al rispetto della continenza e del contraddittorio.
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