13 Ottobre 2025
Si infittisce il quadro dell’inchiesta bresciana sul cosiddetto “sistema Pavia”, che indaga su un presunto intreccio di favori tra magistrati, imprenditori, politici e forze dell’ordine. Nel fascicolo spunta ora un nuovo tassello che collega l’indagine al delitto di Garlasco: la testimonianza dell’ex carabiniere Giuseppe Spoto, che punta il dito contro l’allora procuratore facente funzioni di Pavia, Mario Venditti. “Venditti mi fece fretta sulle intercettazioni, voleva solo archiviare”, ha dichiarato Spoto ai magistrati di Brescia, aggiungendo che gli fu chiesto di trascrivere le registrazioni “in uno o due giorni”.
L’inchiesta della procura di Brescia, che ha notificato i decreti all’ex procuratore pavese e al pm oggi in servizio a Milano, Pietro Paolo Mazza, contesta a entrambi i reati di corruzione e peculato in concorso per un valore complessivo di circa 750mila euro e una decina di auto di grossa cilindrata. Gli investigatori stanno acquisendo tutti i documenti relativi agli acquisti e ai pagamenti di vetture “per sé o per i familiari”, comprese le spese di manutenzione, “tagliandi e cambio gomme”.
Al centro delle attenzioni, lo “stanzone” della procura di Pavia dove si concentravano le operazioni di ascolto, affidate a Mazza con il supporto di una squadra di carabinieri di fiducia di Venditti. Tra il 2018 e il 2021, quando l’ex procuratore era alla guida dell’ufficio, quel gruppo di militari avrebbe gestito in modo anomalo le attività di intercettazione. Un ex membro del nucleo informativo, Giampiero Ezzis, ha spiegato agli inquirenti: “Funzionava che se eri nelle sue grazie venivi esaltato. Altrimenti eri affossato”.
La “squadra” di Venditti, secondo gli atti, comprendeva l’ex maresciallo Antonio Scoppetta, già condannato a 4 anni e sei mesi per corruzione – “portafoglio sempre gonfio di soldi, bella vita e un debole per il gioco” –, e il luogotenente Silvio Sapone, “ricordato per aver sancito l’assenza di interesse investigativo nelle intercettazioni di Andrea Sempio nel caso Garlasco”. I due, descritti come veri e propri “boss” dell’ufficio, avrebbero goduto di un rapporto privilegiato con Venditti.
A frequentare lo stanzone vi era anche l’ex maggiore Maurizio Pappalardo, che, pur non avendo titolo, avrebbe avuto libero accesso ai fascicoli riservati e partecipato quotidianamente alle riunioni con il procuratore. Tra i nomi ricorrenti figura anche Cristiano D’Arena, titolare di Esitel, società che forniva i servizi di ascolto, e della CrService, che gestiva il noleggio delle auto per le indagini: due imprese al centro di quello che gli inquirenti definiscono un intreccio “anomalo”.
“Ricordo comunque che per le intercettazioni mi venne chiesto in tutta fretta di trascriverle, tanto è vero che le feci in uno o due giorni, perché il dottor Venditti disse che gli servivano subito per fare l’archiviazione”, ha ribadito Spoto nella deposizione del 26 settembre davanti agli uomini della Guardia di finanza e ai carabinieri di Milano. L’ex militare ha poi aggiunto: “È possibile che ci sia stata qualche inesattezza”, spiegando che il lavoro fu svolto “sotto pressione”.
Al centro delle contestazioni anche le presunte anomalie nella trascrizione delle intercettazioni tra Andrea Sempio e il padre, effettuate nel 2017, che – secondo gli inquirenti – sarebbero state riportate solo parzialmente. Spoto ha ricordato una conversazione in cui “padre e figlio si confrontavano su ciò che avevano detto” dopo l’interrogatorio, giudicandola “rilevante perché parlavano dell’interrogatorio”. Quanto alla frase in cui il padre di Sempio parlava di “pagare quei signori lì”, Spoto ha chiarito: “Per come la leggo io, si riferiva al pagamento dei legali”.
Emergono poi discrepanze temporali sull’installazione delle microspie nell’auto dei Sempio. L’ex carabiniere ha riferito che “il giorno della notifica, all’orario della notifica” dell’invito a comparire – l’8 febbraio 2017 – “venne materialmente installata la microspia”. Ma per gli inquirenti le registrazioni sarebbero iniziate già alle 01.35 di quella stessa giornata. Un dettaglio che alimenta ulteriori dubbi sull’operato di quella che a Brescia definiscono ormai “la squadra di Venditti”.
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