19 Settembre 2025
E così passa e va un'altra tragedia da niente, quella del ragazzino Paolo Mendico coi biondi capelli di seta, efebico, femmineo: o solo diverso per dire sensibile, dolce in un mondo di merda, di merde che ogni giorno lo torturavano, lo pestavano finché non ce l'ha fatta più, s'è strangolato con la corda di una vecchia trottola il giorno del ritorno a scuola, il primo giorno? Quanto incubo doveva avere mangiato Paolo il diverso, il biondo di seta, per arrivare a sottrarsi alla vita a 14 anni? E non era un depresso, era innamorato della vita, dei suoi incanti, della pesca insieme a suo padre, della musica, degli strumenti che suonava sempre da solo. Non era un depresso, ce l'hanno fatto diventare fino alla morte. Lo hanno spento, giorno dopo giorno, singolo minuto di ogni giorno. Glielo avevano detto mille volte, tu non devi vivere, tu devi sparire. “Scusaci per non avere capito” dice il parroco ed è la solita bugia da prete, un po' pietosa, un po' ipocrita, da autoassoluzione generale nella penitenza generale che di tutti i colpevoli non ne fa uno. Non avere capito? Se lo schiacciavano ogni minuto di ogni giorno da cinque anni, da quando ne aveva nove. Se se n'erano occupati tutti i fantocci della burocrazia pietistica che serve solo a trovare lavoro ai raccomandati della politica. Se c'è una cosa vera in questa tragedia che sembra una favola cattiva, è la totale inutilità della retorica solidale, della inclusione, dell'odiare ti costa, delle parole buone, delle sfilate dei preti e dei volonterosi, del provvidenzialismo pubblico, dello Stato con i suoi tentacoli locali, col suo moralismo repressivo. A che servono gli sportelli, i referenti, gli psicologi, i sostegni, le istituzioni, le scuole, i programmi civili, gli istituti sperimentali, i sindaci, le parrocchie, i ministeri del Bene?
Tutti sapevano tutto e tutti, ciascuno per la sua parte, hanno fatto i Ponzio Pilato. Non è facile sottrarre al suo destino una vittima designata, carne per bulli, camorristi in erba tra Formia e Caserta, ma almeno provarci! Diverso, il biondo chiamato “Paoletta”? Sì, diverso, coi lunghi capelli di seta, col sorriso incantato, con la famiglia diversa, atipica, lunare, protettiva ma forse illusa che le cose non fossero poi così atroci o forse semplicemente rassegnata. E chi lo lascia infognarsi fino all'esito assurdo, ammazzarsi con la corda di una trottola? L'esercito dei buoni, dei solleciti, degli odiare ti costa e invece sono i primi a odiare, a lasciare odiare e non pagano mai. Più si vietano le parole sgradite, più si negano le cose che stanno come stanno, si esorcizzano le situazioni, i colori, le diversità, più si pretende di rieducare la società in senso paternalistico, più calano dall'alto del potere le politiche moralistiche e più i ragazzini si scannano, si divorano, mostri impuniti che provocano vittime incolpevoli. Poi un bel pianto, una fiaccolata e tutti con la coscienza leggera, tutti nel lavacro generale, nell'inerzia complice.
Chi paga per la morte suicida di Paolo il biondo che amava la natura, la musica e la vita? Nessuno, i responsabili, i balordi che ogni giorno gli sputavano addosso, gli rovesciavano lo zaino, hanno una sola preoccupazione: “Non è che adesso ci vengono a prendere?”. Li hanno subito rassicurati, no, non succede niente, siete voi le vere vittime, non abbiamo saputo ascoltarvi. Merde solidali, sì, ma con le famiglie violente, malavitose che dettano legge. E va bene, parliamone di Paolo la femminuccia, che ogni mattina pensava “adesso devo tornare nel carcere della tortura”, fingiamo di piangere, di batterci il petto, pur che duri un giorno, lo spazio di una retorica, magari sfruttare mediaticamente, politicamente i genitori, poi si passa ad altro. La società si autoassolve alla maniera pretesca, scusaci, non ti abbiamo capito, ma da capire cosa c'è? Se non che questo sistema fondato sullo spreco delle istituzioni, dei mestieri inutili, delle parole inutili per vietare le parole, questo sistema perdonifero, mammifero, consapevole, solidale, progressista non tiene, non serve, genera carnefici e sacrificati. Dovrebbero pagare, e non pagano. Dovrebbero assumersi la responsabilità di aver saputo, e dicono non sapevamo. Non abbiamo capito. Il cinismo dell'impotenza, è andata così, cosa potevamo farci noi?
Era una preda mio figlio dice adesso la madre. Una preda di chi? Dei bulli? Degli insegnanti che non volevano vedere per non compromettersi? Del sistema fondato sull'ipocrisia che moltiplica i corsi, le attività civiche, le rieducazioni, i filmetti woke, che chiama i soliti del perbenismo politicamente corretto e nasconde le magagne sotto tappeti di viltà? Un calvario, senza esagerazioni, durato anni, ogni singolo minuto di ogni giorno di ogni anno scolastico, e adesso che fanno? Chiamano gli ispettori? Ma che vogliono ispezionare, che vogliono appurare se è tutto chiaro a partire dal fatto che nessuno deve pagare, non i bulli, non le famiglie, non la scuola, non le istituzioni pletoriche. E più la società dissociata piange, e più si assolve alla maniera farisaica. Dice la madre: “Se sapevo che finiva così non ce lo mandavo più a scuola”. E vorrei vedere! Ma non è possibile, non è accettabile, non è naturale che una persecuzione di anni finisca nello sconcerto generale, nella lacrima gigantesca che lava tutto per tutti. Uno del Corriere ha rivolto una domanda oscena alla famiglia, una domanda ignobile che riassume tutto, che dice tutto del tempo, della sporca morale che ci avvolge: “Chiederete dei risarcimenti?”. Per dire i soldi che aggiustano tutto. “Non ci penso” ha risposto la madre. Voglia Dio che sia sincera, e che non cambi idea, anche se proveranno in tutti i modi a manipolarla, a sfruttarla. Voglia Dio che l'urna con le ceneri di Paolo il biondo di seta, nella sua cameretta, ridotta a un sudario desolato, non venga profanata come siamo abituati a vedere. Voglia Dio che sulla pelle di un martire di seta non crescano nuovi opportunisti, sciacalli con la fondazione a girare per le scuole, le stesse scuole che covano l'orrore che distrugge i figli, nuovi lacrimanti proiettati in politica, la stessa politica che seppellisce l'umanità di retorica, di prepotenze virtuose, di paternalismo autoritario perché tutto resti come è, perché i cannibali, di qualsiasi età, non paghino mai. Mai.
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