25 Luglio 2025
Andrea Doria
Sessantanove anni va l’Andrea Doria, l’ammiraglia della flotta di navi passeggeri italiana, venne speronata dal liner svedese Stockholm, al largo di Nantucket, davanti alle coste nordamericane. Speronata a morte. Undici ore dopo, affonderà nell’Atlantico.
Una storia di uomini e donne
E’ stata una storia di uomini e donne, anzitutto. Dei passeggeri che hanno vissuto quella notte. I più si sono salvati, qualcuno non ci e riuscito. 46 vittime sull’Andrea Doria, 6 sulla Stockholm, 52 in totale. Anzi, forse 53: in una lettera un parente di Filippo Massa, di Camogli, imbarcato come piccolo di camera, rivela che il suo caro sarebbe morto un anno dopo il sinistro, per il trauma cranico riportato nella collisione. Tutti, vittime e sopravvissuti, hanno dovuto fare i conti col fato.
Ma è anche la storia di una nave. Una bella nave. L’Andrea Doria era l’ammiraglia della flotta italiana, il fiore all’occhiello dell’Italia di Navigazione, ma anche il simbolo di un’Italia che voleva rinascere, che stava risollevandosi dalle ceneri della seconda guerra mondiale. Era bellissima, la più bella del mondo.
Il caso Andrea Doria
E poi, questa è anche la storia di un caso, il caso Andrea Doria, che dopo 69 anni non si e ancora chiuso del tutto. Ed è per questo, forse, che si continua a parlare di quella notte a Nantucket.
Al centro del caso c’è la collisione e la ricerca delle responsabilità del sinistro. In realtà, sarebbe dovuto prevalere un altro elemento, quello delle operazioni di soccorso. Salvo le vittime dell’urto, infatti, tutti coloro che erano a bordo sono stati salvati. Oltre 1700 persone, considerato anche l’equipaggio. E’ stato il più grande salvataggio della storia della navigazione. E questo, in gran parte per merito del personale dell’Andrea Doria, che ha salvato il 70 per cento dei passeggeri.
Eppure, questo aspetto per lungo tempo è passato in secondo piano. Nessuno ha detto ufficialmente grazie, per tanti anni, all’equipaggio del liner italiano, al suo comandante.
A prevalere, sin dalle prime ore, sono state le polemiche, le voci denigratorie. Anche per colpa nostra. Gli svedesi intentarono una efficace campagna di marketing, volta ad addossare la colpa sugli italiani. giocarono sullo stereotipo dell’italiano facilone e pressapochista, contrapponendolo a quello del nordico serio e preciso, ottimo marinaio. Noi, non ci difendemmo. L’Italia di Navigazione oppose il silenzio, rifiutò interviste, lasciando il campo agli svedesi e alle loro accuse, che fecero presa soprattutto sui media americani. Sì, ci sono state anche voci favorevoli a Calamai e ai suoi uomini, ma sono state molto più flebili di quelle contrarie.
Sull’equipaggio dell’Andrea Doria è gravato il peso del dubbio, è stato condannato alla pena del sospetto senza alcuna sentenza.
La stagione delle inchieste
La stagione delle inchieste si e aperta in America con un’indagine di una commissione parlamentare, che non aveva il compito di stabilire le responsabilità della collisione, ma accertare la sicurezza delle navi che attraccavano nei porti Usa. L’indagine non fu determinante, ma non mancò di sollevare qualche dubbio a sfavore dell’Andrea Doria, sulla costruzione e stabilità, illazioni che non hanno trovato conferma sulla gemella del “Doria”, la Cristoforo Colombo, che ha continuato a toccare i porti americani. Sospetti che non furono però all’epoca fugati.
Ci fu poi la vertenza a New York intentata dalle due compagnie, per i risarcimenti dei danni, subiti e provocati dalle due navi verso terzi. Ma non c’é stato verdetto: gli armatori, gli assicuratori, in definitiva i Loyd’s, si sono messi d’accordo e il processo è stato interrotto. Le compagnie di navigazione si sono divise i danni e hanno pagato quelli rivendicati dai passeggeri e dagli spedizionieri in tempi record. E’ stato un bene per tutti probabilmente, anche se a fronte di 65 milioni di richieste avanzate dai terzi, l’esborso è stato di 5 milioni. Non e stato un bene, però, per la verità.
Anche gli svedesi avviarono una sorta di pre-indagine. Un consulente tecnico prese per buone le dichiarazioni degli ufficiali della Stockholm, disse che la colpa era italiana e il procuratore marittimo non ritenne di promuovere un’inchiesta formale.
L’inchiesta segreta italiana
Inchiesta che invece si fece in Italia. Il ministero della Marina mercantile nominò una commissione speciale, di esperti, che portò a termine il suo lavoro nel 1957. Ma gli esiti di questa inchiesta sono rimasti nel riserbo. Per 50 anni.
Per 50 anni perché, salvo una breve nota pubblicata sul New York Times negli anni ‘80, di quest’inchiesta ufficialmente non se ne e saputo nulla. Almeno fino al 50° anniversario dell’affondamento, quando finalmente queste conclusioni sono venute alla luce. Quale era stato il verdetto? La colpa della collisione e da attribuire alla Stockholm e in particolare all’imperizia e negligenza del terzo ufficiale, l’unico ufficiale presente sulla plancia svedese quella notte. Ernst Joan Cartens Joanssen.
Il sinistro
La Stockholm navigava su una rotta non raccomandata, tra quelle indicate per regolare il traffico, particolarmente intenso, in quel tratto di Atlantico. Non emetteva i segnali di nebbia. Cartenss non ha chiamato il comandante che era in cabina a dormire, come avrebbe dovuto. L’ufficiale era solo in plancia, e dove fare tutto: controllare il timoniere, fare il punto nave, rispkndere al telefono, controllare il radar… Non ha segnalato l’accostata, improvvisa, decisa a dritta. L’accostata che, secondo l’inchiesta, gli studi americani e quelli del gruppo di lavoro italiano dell’Andrea Doria, quello formato da tecnici, dirigenti dell’Italia e ufficiali del “Doria” che per trent’anni ha cercato di ristabilire la verita, è stata errata e purtroppo fatale.
Eppure, non se ne seppe più nulla di quest’inchiesta per mezzo secolo. Un peccato, perché probabilmente se fosse stata resa nota allora non ci sarebbe stato un caso Andrea Doria. La rivelazione delle sue conclusioni avrebbe evitato agli ufficiali del “Doria”, tanta amarezza e avrebbe salvaguardato il loro onore e quello del comandante Piero Calamai.
Il comandante
Già, il comandante Calamai. Gli svedesi promossero il comandante della Stockholm, Norderson, affidandogli il comando della nuova ammiraglia, costruita a Genova, dai cantieri Ansaldo, gli stessi dell’Andrea Doria. Nave che Norderson stesso non riuscì poi a prendere in consegna, perché i portuali genovesi si rifiutarono. Gli svedesi furono costretti a mandare a Genova un altro comandante e Norderson dovette prendere in conegna la nave a Cannes.
Anche Cartens andò sulla nuova ammiraglia e poi diventò vicepresidente della compagnia. I nostri ufficiali fecero comunque tutti una buona carriera, arrivando ai vertici della professione. Ma Calamai no. E’ stato abbandonato, a New york, durante il pre-processo, e dopo. Era prossimo alla pensione, doveva fare l’ultimo imbarco con la Cristoforo Colombo, ma restò a casa.
Calamai era convinto di aver fatto tutto quello che era stato giusto fare, quella notte. Le sue decisioni, prima durante e dopo, hanno salvato tante vite umane, ma lui ha mantenuto la consegna del silenzio fino all’ultimo, senza ribellarsi alla compagnia, agli armatori, alle voci denigratorie, al peso del sospetto.
E’ morto diversi anni dopo. Qualcuno dice di crepacuore. Per le figlie probabilmente e stata una concausa ad altri malanni. Certo è che ha serbato nel cuore, per tanti anni, un grande dolore, amarezza, delusione, avvilimento. un dolore che l’inchiesta italiana, se fosse stata resa pubblica, gli avrebbe certamente risparmiato. Poco prima di morire chiese a una delle figlie, al suo capezzale, se tutti i passeggeri si erano salvati. “Sì papà, stai tranquillo”, si sentì rispondere. E chiuse gli occhi, per non aprirli mai più. E’ stata forse l’ultima vittima di quella notte a Nantucket.
Quasi settant’anni dopo
Oggi è ormai chiaro che a far affondare l’Andrea Doria era stata la Stockholm, con una accostata errata e fatale. E’ pacifico che quello fu il più grande salvataggio della storia della navigazione e che tanti uomini e donne della nave italiana sono stati encomiati – nel segreto dell’inchiesta – per il loro comportamento nel naufragio. Genova ha intitolato a Calamai e al suo equipaggio una scalinata che guarda al mare.
Fabio Pozzo
Fonte: La Stampa
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia