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Morte Carlo Legrottaglie, poliziotti indagati per aver sparato all'assassino, un "atto dovuto" che getta nell'angoscia operatori e famiglie

Come è possibile che non ci si sia resi conto che le prime vere persone offese erano ben altre rispetto a quelle dei familiari dell’omicida morto in conflitto a fuoco poche ore dopo con i Falchi della polizia di Stato?

18 Giugno 2025

Morte Carlo Legrottaglie, poliziotti indagati per aver sparato all'assassino, un "atto dovuto" che getta nell'angoscia operatori e famiglie

Carlo Legrottaglie

Il vile e abietto omicidio del Brigadiere Capo dei Carabinieri Carlo Legrottaglie reo di aver fatto il proprio dovere nell’inseguire due uomini che non si erano fermati all’alt per un controllo ed erano fuggiti, inseguiti immediatamente senza il minimo tentennamento dalla pattuglia da lui capeggiata, a cui avrebbe potuto per mille e uno motivi sottrarsi, con l’epilogo della sua morte per la proditoria esplosione a bruciapelo di uno o più colpi di pistola mentre si stava prestando a soccorrere i fuggitivi andati a schiantarsi contro un palo, incurante del rischio cui si sottoponeva e la successiva fuga a piedi di costoro divenuti in quel momento delinquenti, rappresenta quello che può avvenire ormai tutti i giorni in qualsiasi luogo d’Italia grazie all’incertezza della giustizia.

Ma quanto è accaduto, nei frangenti successivi all’allarme trasmesso a tutte le centrali operative delle forze di polizia per il rintraccio dei due delinquenti, in particolare ai Falchi della Polizia di Stato che si erano attivati alla loro ricerca e che sono stati ugualmente oggetto di un pericolosissimo conflitto a fuoco in cui è deceduto uno dei due malviventi, Michele Mastropietro, pluripregiudicato ben conosciuto in ambito giudiziario, che poche ore prima aveva ucciso proprio il Brigadiere Capo Carlo Legrottaglie, lascia costernati l’atto immediatamente adottato dal magistrato nei confronti degli agenti in questione: l’emissione dell’avviso di garanzia, notificato a tempo di record, per omicidio colposo.

Un atto dovuto per legge, sì, volto a tutelare gli stessi agenti di polizia, si, come da procedura ormai consolidata, sì, che non significa affatto che la Procura li consideri colpevoli. Perfetto!

Infatti, se non lo avessero ricevuto la difesa dei familiari del pregiudicato ed omicida Mastropietro avrebbe potuto bloccare l’esecuzione dell’autopsia sostenendo che non erano stati avvisati i poliziotti che avevano avuto il conflitto a fuoco nel corso del quale era rimasto ucciso il rapinatore e questo avrebbe fornito l’opportunità ai familiari dell’ucciso di mettere nel nulla l’autopsia e quindi di rendere impossibile l’archiviazione in favore dei poliziotti. 

Quindi, l’avviso di garanzia, come atto dovuto, costituisce quell’insieme di garanzie nei confronti degli indagati che consentirebbe la loro tutela.

Così è il ritornello procedurale dietro il quale si scherniscono le procure, che però getta nell’angoscia gli operatori di polizia e le loro famiglie.

Orbene, alla luce della circostanza inequivocabile che ha sancito la responsabilità di Mastropietro per il proditorio omicidio del Brigadiere Capo Legrottaglie, come è possibile che non ci si sia resi conto che le prime vere persone offese erano ben altre rispetto a quelle dei familiari dell’omicida morto in conflitto a fuoco poche ore dopo con i Falchi della polizia di Stato: ovvero quelle della Famiglia del Carabiniere ucciso proditoriamente poche ore prima da costui, mentre si apprestava a soccorrere lui e l’altro fuggitivo?

Quello che lascia ancor più basiti è l’aver dovuto prendere atto, a priori, che la Procura avrebbe individuato ”tra le parti offese la moglie, tre fratelli e i tre figli minorenni di Mastropietro”, come se quest’ultimo fosse stato ucciso chissà per quale motivo dagli agenti della Polizia di Stato e non per la diretta responsabilità di quest’ultimo che ha fatto fuoco contro gli agenti che hanno ovviamente risposto sparando a loro volta, alla luce della pericolosità dei due ricercati confermata dal ritrovamento in due immobili, una ferramenta e un’abitazione, di un vero e proprio “arsenale di armi: pistole e revolver, fucile a canne mozze, silenziatori artigianali, decine di munizioni, targhe rubate, e materiale per la modifica illegale delle armi.”

Immobili che, seppure riconducibili entrambe a Donato Giannattasio, il fuggitivo arrestato che sembrerebbe non aver sparato in nessuno dei due conflitti a fuoco, non diminuiscono la responsabilità di Mastropietro, ma suffragano l’ipotesi che i due fossero uno di supporto all’altro e viceversa per il compimento di reati gravissimi.

Ed allora quando immagino il personale delle FFPP nel frangente di dover fare uso o meno delle armi in dotazione che possa essere soggiogato a non adempiere al dovere del loro uso per vincere o respingere la violenza rivolta nei loro confronti per il timore che possa rimanere ucciso nel conseguente conflitto a fuoco il delinquente o i delinquenti con la conseguenza dell’applicazione nei loro confronti delle norme di legge che obbligherebbero il magistrato all’emissione dell’avviso di garanzia e all’iscrizione degli stessi nel registro degli indagati con il connesso provvedimento di darne avviso ai parenti del morto, affinché sia valida in giudizio l’autopsia, che è una perizia irripetibile, mi domando se questa procedura non rappresenti un preciso invito alla desistenza dal fare il proprio dovere istituzionale.

Così che, ove invece gli agenti delle FFPP scegliessero in quelle terribili frazioni di secondo di non venir meno alla codardia della desistenza rappresentata dal famoso adagio “tengo famiglia” o dal “chi me lo fa fare”, mettendo a rischio la propria vita e di ingaggiare un conflitto a fuoco, come effettuato senza alcuna esitazione dai Falchi, con il fine di giungere all’arresto dei delinquenti, per far prevalere la supremazia dello Stato Repubblicano, la Giustizia e la libertà di tutti gli altri cittadini, ci sarebbe da chiedersi se sono fessi, incoscienti o pazzi, visto che immediatamente dopo passeranno momenti di angoscia e getteranno nella disperazione le proprie famiglie e dovranno affrontare persino le spese legali che, solo se avverrà l’archiviazione o il proscioglimento con sentenza assolutoria inequivoca verranno rifuse solo in parte.

Mi domando ancora da vecchio Carabiniere perché nessuno dei magistrati abbia preso in esame se, nel caso di specie, non ricorressero le condizioni per l’applicazione delle “cause oggettive di esclusione del reato”, per ”stato di necessità“, o per legittima difesa”, o per “uso legittimo delle armi”, e, se, forse, ricorressero, contemporaneamente, anche tutte le tre anzidette cause di esclusione del reato.

Infatti, se una persona  spara a un agente di polizia e questo risponde uccidendo l’attentatore, come nel caso in cui è deceduto Mastropietro, io faccio fatica a non intravvedervi almeno la legittima difesa e l’uso legittimo delle armi

Poiché inoltre gli agenti di polizia stavano eseguendo, su attivazione della loro centrale operativa, un servizio volto alla ricerca e alla cattura dei due pregiudicati che si erano macchiati poche ore prima della proditoria uccisione del Big. Capo Legrottaglie, non vedo come possano non essere state considerate  anche le condizioni oggettive della quasi flagranza esistente nel momento in cui i Falchi della Polizia di Stato sono stati fatti segno di una improvvisa azione di fuoco e hanno fatto fuoco a loro volta uccidendo uno dei due pregiudicati in cui ancora la legittima difesa e l’uso legittimo delle armi avrebbero dovuto escludere il reato di omicidio colposo oggetto dell’avviso di garanzia loro notificato.

Ed è del tutto consequenziale ed imprescindibile dover prendere atto, inoltre, che il conflitto a fuoco ove fosse iniziato per l’esplosione in aria,  a scopo intimidatorio, di alcuni colpi di pistola da parte degli stessi agenti della polizia di stato non avrebbe potuto mai giustificare comunque  la reazione del ricercato che ha esploso a sua volta, nei confronti degli agenti,  diversi colpi dalla stessa pistola con cui aveva ucciso poche ore prima il Brigadiere.

Inoltre l’aleatorietà che il ricercato possa rimanere ucciso nel conflitto stigmatizza solo la responsabilità del pregiudicato per non aver gettato l’arma e per non essersi fatto arrestare e non vedo quindi quale possa essere l’utilità dell’emissione dell’avviso di garanzia nei confronti di chi non dovrebbe rispondere di nulla.

Parliamo purtroppo del sesso degli angeli in uno stato che ormai per l’esasperazione del diritto non riesce più a tutelare coloro che per eccellenza sono i servitori silenziosi dello Stato il cui operato irto di rischi è l’unico volto ad assicurare la libertà dei cittadini che non delinquono.

Il riconoscimento dell’esistenza oggettiva di esclusione del reato avrebbe così cassato  l’odiosa routine dell’emissione dell’avviso di garanzia e dell’iscrizione nel registro degli indagati dei due agenti della polizia dello Stato per omicidio colposo, quando il loro intervento è stato, ictu oculi, ineccepibile, cui va il mio sentito plauso, con la certezza che lo stesso plauso giunga loro da tutti i 110.000 Carabinieri e dalle altre centinaia di migliaia di colleghi di tutte le altre forze di polizia e credo da almeno un buon 70/80% della popolazione italiana che è stanca dei soprusi della malavita.

Un evviva di cuore alla Polizia di Stato,  istituzione sorella e perno indiscutibile dí serietà istituzionale a tutela dei cittadini e di tutte le istituzioni dello Stato, i cui appartenenti, come tutti quelli delle altre FFPP, pagano, in casi del genere, lo scotto di dover affrontare le spese della propria difesa senza alcun aiuto finanziario immediato da parte dello Stato, anche se il recente decreto sicurezza ha raddoppiato l'anticipo massimo elargibile da 5.000 a 10.000 euro nel caso in cui il personale delle FFPP subisca un procedimento penale che si concluda con l’assoluzione.

Un passo significativo, ma non risolutivo, atteso che l'articolo 18 del d.l. 25 marzo 1997, n. 67, prevede la  discrezionalità, dell'Avvocatura erariale e la facoltà di riconoscere o meno il rimborso totale, secondo criteri talvolta più economico-finanziari che equitativi!… Ma ciò che è legittimo, non è necessariamente anche equo, come è del tutto evidente!

È dell’ultim’ora l’apertura di una raccolta fondi per i due agenti della Polizia di Stato e per la famiglia del Brigadiere Capo Carlo Legrottaglie.

Mi auguro che ogni Carabiniere in servizio e in congedo provveda almeno con una piccola elargizione, ma significativa, sia per la famiglia del collega deceduto, sia  per i fratelli della Polizia di Stato.

Sarebbe un messaggio inequivoco di unione e solidarietà.

L’unione fa la forza!

Lo Stato provveda ad insignire il Brigadiere Capo Carlo Legrottaglie della Medaglia d’oro al Valore Militare alla memoria.

Di Gianfranco Petriccagenerale dei Carabinieri in congedo

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