19 Maggio 2025
Fonte: Turismo Reggio Calabria
Isolata. Minacciata. Frustata. Sopravvissuta. È la storia di una ragazza minorenne di Oppido Mamertina, nel cuore dell’Aspromonte, che ha trovato il coraggio di denunciare i suoi stupratori, giovani bulli legati a famiglie di ‘Ndrangheta. Una decisione che, invece di ricevere sostegno, le ha attirato addosso una spirale di odio, violenza e vendetta da parte della sua famiglia, cha addirittura la minacciava di morte: “Devi morire puttana”, le dicevano.
Da quel momento, la giovane ha vissuto l’inferno. Emarginata da amici e parenti, fatta terra bruciata attorno persino dalla sua stessa famiglia, ad eccezione della madre. Ma la sua determinazione non ha vacillato. Ha denunciato. Ha resistito. E oggi, grazie a quelle denunce, diverse persone sono state arrestate: 6 condannati per violenza sessuale, altri ai domiciliari per lesioni e minacce.
Nel suo lungo e doloroso racconto al pubblico ministero di Palmi – che indaga su due casi di violenza sessuale di gruppo avvenuti tra il 2023 e il 2024, uno a Oppido e l’altro a Seminara – la ragazza parla con la lucidità di chi non ha più paura. Con nomi e circostanze precise. Accusa perfino il fratello e una zia, sorella del padre, colpevoli di averla aggredita fisicamente per spingerla a ritrattare le denunce.
Il verbale dell’8 gennaio 2025 è agghiacciante. “Mentre percorrevo la strada per recarmi presso un’anziana signora, al 2° piano della palazzina dove abita anche mia zia, venivo chiamata da quest’ultima che, attraverso il gesto delle braccia, mi faceva entrare nella sua abitazione, dove si trovava anche il figlio. Una volta dentro ho notato che mia zia aveva tra le mani una corda e senza un motivo specifico ha iniziato a colpirmi alle gambe e alla schiena. Ho cercato di divincolarmi, ma non mi è stato possibile poiché suo figlio me lo impediva trattenendomi per le braccia. Non sono riuscita a gridare perché mi hanno tappato la bocca. Mentre mi frustava mi apostrofava: ‘Devi morire, puttana’”.
Pochi giorni fa la zia è stata arrestata e messa ai domiciliari con l'accusa di violenza aggravata e lesioni. Ma la fustigazione non è stata l’unica aggressione subita.
Il 7 maggio 2024 un altro episodio: “Mentre transitavo da sola a piedi nella via Provinciale, frazione di Castellace, precisamente vicino all’abitazione di mia zia, la stessa mi lanciava una pietra che mi colpiva al fianco destro. Senza nessun motivo. Ho fatto rientro a casa, non ho raccontato nulla a mia madre per non farla preoccupare. Ho chiamato un mio amico poliziotto del Commissariato di Palmi che mi ha accompagnato in ospedale dove mi hanno diagnosticato un ‘trauma nella regione coxo-femorale, con prognosi di 3 giorni’”.
Unico punto fermo, il poliziotto Francesco Prestopino, agente della Polizia giudiziaria, cui la ragazza si affida ogni volta. “Ciao Francy”, gli scrive su WhatsApp, “non ho un minuto di pace. Vorrei che tu mi dessi una mano, vorrei prendere le distanze da questa mia zia perché non ce la faccio più”.
La denuncia-querela del 20 marzo 2024 ha fatto scattare l’arresto anche per il fratello e la cognata. “Dopo essere stata violentata mi sono recata alla Tonnara di Palmi, presso l’abitazione di mio fratello al quale ho raccontato della violenza subìta. Lui, oltre a non credermi, dopo avermi umiliata mi ha percossa con calci e pugni e mi ha minacciata con un coltello, con la moglie presente”.
Alla domanda del magistrato sul perché di tanta brutalità, la risposta è semplice e sconvolgente: “Il loro scopo era quello d’invitarmi a ritrattare le dichiarazioni dopo gli stupri subìti. Volevano farmi ritirare le denunce per consentire ai responsabili delle violenze sessuali di tornare in libertà”.
La violenza non è solo fisica, ma anche simbolica. La zia le propone una “visita ginecologica per verificare se fossi ancora vergine o meno”, cercando prove da usare in difesa degli stupratori. In un altro episodio, la zia la sorprende a parlare con un operaio del Comune e reagisce con furia: “Mia zia mi ha aggredito, spintonandomi prima e poi scagliandomi addosso due taniche piene d’acqua che mi hanno colpito. Questo perché mi ha sorpreso a parlare per strada con un operaio del Comune che conoscevo di vista. Non voleva che io mi avvicinassi a uomini”.
Il clima di oppressione colpisce anche la madre della ragazza: “Quando mio fratello non gradiva il tipo di abbigliamento indossato da mia madre la obbligava a vestirsi con abiti che lui riteneva più sobri”. E ancora: “Un giorno mio fratello minacciò di morte me e mia madre nel caso in cui mi avesse fatto uscire da sola con una mia amica”.
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