14 Maggio 2025
Per la prima volta nella storia, il Pontefice è cittadino degli Stati Uniti. Un fatto senza precedenti che apre scenari tanto curiosi quanto complessi: in quanto cittadino americano, Papa Leone XIV dovrà versare l’imposta sul reddito all’Internal Revenue Service (IRS)?
La questione non è così peregrina come potrebbe sembrare. Gli Stati Uniti, infatti, sono l’unico Paese che tassa i propri cittadini sul reddito globale, ovunque esso venga prodotto. Anche chi vive all’estero è tenuto a presentare annualmente la dichiarazione dei redditi americana, a prescindere dalle tasse già pagate nel Paese di residenza.
Esistono alcune agevolazioni: chi risiede in un Paese con cui gli USA hanno firmato un trattato fiscale può escludere fino a circa 130.000 dollari di reddito estero. Tuttavia, la doppia imposizione resta una realtà per molti, e spesso i cittadini americani all’estero devono ricorrere a consulenti fiscali specializzati per dimostrare all’IRS di non essere debitori verso il fisco statunitense. Non fanno eccezione nemmeno i leader stranieri. Il caso più noto è quello di Boris Johnson, cittadino americano per nascita a New York, che ha rinunciato alla cittadinanza statunitense dopo essere stato chiamato a pagare le tasse sulla vendita della sua casa a Londra, anni prima di diventare Primo Ministro del Regno Unito.
Nel 2015, il Vaticano ha sottoscritto un accordo FATCA con gli Stati Uniti, il che implica ulteriori obblighi di trasparenza finanziaria per i cittadini americani residenti in Vaticano. Se il Papa è, di fatto, un cittadino statunitense, potrebbe essere tenuto a dichiarare tutti i conti finanziari esteri con saldi superiori a 10.000 dollari e a segnalare eventuali attività economiche all’estero, anche se relative al suo ruolo istituzionale.
Una prospettiva che solleva interrogativi non banali: dovrà Sua Santità dichiarare i conti della Banca Vaticana, di cui è formalmente responsabile? Anche se si tratta di fondi istituzionali, la normativa FATCA non sempre distingue nettamente tra risorse personali e ruoli ufficiali, aprendo la porta a una potenziale sorveglianza fiscale americana sulla Santa Sede.
Cresce così l’ipotesi che il Papa possa scegliere di rinunciare alla cittadinanza statunitense per evitare impasse legali, burocratiche e diplomatiche. Una scelta che non rappresenterebbe un atto di rottura con il suo Paese d’origine, quanto piuttosto un’affermazione dell’indipendenza spirituale e politica della sua funzione.
L’idea che l’IRS possa far pagare le tasse al Pontefice suona forse assurda, ma tecnicamente possibile. Immunità diplomatica, mancanza di beni personali e status di capo di Stato rendono però l’applicazione concreta improbabile.
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