26 Marzo 2025
Condannato a dodici anni di reclusione Alessio Scalamandré, a sei anni e due mesi il fratello minore Simone. I giudici della seconda sezione della Corte d’assise d’Appello di Milano li hanno ritenuti responsabili dell’omicidio in concorso del padre Pasquale, ma allo stesso tempo vittime di un contesto familiare funestato dai maltrattamenti e dalle minacce che l’uomo riservava da tempo alla moglie (e madre dei ragazzi) Laura di Santo. Una situazione che aveva portato alla separazione dei coniugi e a una denuncia presentata dalla donna, con il supporto di Alessio, contro il marito. Il motivo che il 10 agosto del 2020 ha scatenato la lite scaturita nel delitto avvenuto nell’abitazione di San Biagio. La procura generale, rappresentata dalla sostituta Paola Pirotta, aveva chiesto 12 anni per Alessio e 9 per Simone.
Ieri era la terza volta che i fratelli Scalamandré affrontavano un processo di secondo grado (in tutto sono stati giudicati sei volte), in una girandola di colpi di scena che ha visto la Cassazione respingere per ben due volte le sentenze pronunciate dalle corti di assise d’Appello di Genova e Milano (la prima sezione). Per Alessio la corte ha accolto i rilievi degli Ermellini, che avevano chiesto che fosse rivalutata l’attenuante della provocazione e anche quella derivante dalla sentenza della Corte Costituzionale secondo cui l’aggravante dell’omicidio tra parenti stretti non deve per forza prevalere sulle altre attenuanti. Ma mentre i legali del fratello maggiore (32 anni) nelle scorse settimane avevano già concordato la pena con la procura generale, la partita di Simone era ancora aperta. E l’ha vinta la difesa: pure il fratello minore (25 anni) così si è visto riconoscere l’attenuante della provocazione, invocata dai suoi legali nella memoria depositata nei giorni scorsi.
Il futuro dei due fratelli sarà in carcere, almeno per un periodo. Alessio Scalamandré si trova ai domiciliari dal giorno del suo arresto, ovvero dal 10 agosto 2020. Quasi cinque anni di detenzione che gli hanno fruttato per buona condotta una detrazione pari a 45 giorni per ogni singolo semestre di pena scontata (complessivamente un anno). Dei 12 anni che gli ha inflitto la corte ne ha già scontati metà, quindi. In teoria potrebbe chiedere la semilibertà fin da subito, ma è probabile che lo farà più avanti.
Il fratello Simone, invece, è sempre stato a piede libero e quindi deve ancora scontare tutta la pena. Due anni, forse qualcosina in meno, in cella gli toccheranno. Poi i suoi legali potrebbero farlo uscire per espiare in altro modo il periodo rimanente. Un risultato incredibile se si pensa che fino a ieri il fratello maggiore degli Scalamandré era sempre stato condannato a 21 anni, mentre il minore (a parte l’assoluzione in Appello a Genova) di anni l’ultima volta ne aveva presi 14.
A cambiare il loro futuro è stata la sentenza pronunciata dalla Cassazione lo scorso novembre: i giudici avevano sottolineato nelle loro motivazioni come la prima sezione della corte d’Assise d’appello di Milano avesse ignorato il primo pronunciamento della Suprema Corte, in particolare per quanto riguarda l’aspetto della provocazione che aveva subito Alessio da parte del padre, quando l’ex autista dell’Amt andato in pensione da pochi mesi voleva costringerlo a modificare la denuncia che confermava i maltrattamenti.
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