26 Ottobre 2024
Da una parte quelli che lo rifiutano, si inventano le teorie più strampalate per dire che non esiste, dall'altra chi gli manda le lettere in galera: Filippo Turretta, il mostro rimasto bambino che dormiva con l'orsacchiotto e macellava la morosa che l'aveva rifiutato, fa paura, è una delle poche presenze che la società avverte ancora come inquietanti, pertanto cerca di rimuoverlo o di fiabizzarlo. Sul suo pentimento non possono sussistere dubbi, nel senso che è falso, recitato da capo a piedi: a piangere non riesce neanche se si sforza, la voce è anodina e nel racconto della tortura tradisce l'orgoglio di chi resta convinto: ho fatto quel che volevo fare, che dovevo fare, ho fatto la cosa giusta. I giornali informano: passa le sue giornate tra chitarra e palestra, che non pare segno di rimorso soverchiante. Forse pensa: se mi va dritta, se scampo l'ergastolo, e lo scampo perché mi fanno passare per pazzo, nel giro di qualche anno esco e mi riciclo come artista depresso, come Tananai e Angelina Mango. La domanda, che nessuno osa porre, è: quanti ne accende uno così, quanti ne ispira? Ho provato a cercare in rete gli ultimi adolescenti zombie, ho scritto “diciassettenne omicida” ma il motore di ricerca si confonde, ce ne sono troppi: l'ultimo, quello che ha dato venti coltellate a un vecchio per motivi misteriosi, del quale la nonna diceva: non può essere stato lui perché è mio nipote. Ovviamente ha confessato subito, ma prima c'era il coetaneo che ha scannato la povera prostituta romena che si sdebitava in natura di piccoli favori, passaggi in auto, incombenze domestiche; ha confessato subito anche lui, nel modo delirante che stiamo imparando a conoscere: volevo sapere cosa si prova a uccidere, ma non è un granché. E ancora quello di Rozzano che, siccome “è un posto pericoloso”, esce di notte con un coltellaccio, fa a pezzi il primo che incontra per due auricolari da 20 euro e ai poliziotti dice: ho fatto una cazzata. Quanti ancora, dopo il Turetta che non c'è però lo riprendono al processo, da divo del male?
Aggiornare la casistica è impossibile. Non fai in tempo a raccontare l'ultimo che già ne scoppia uno nuovo, tutti con modalità terrificanti, da Dario Argento come la diciottenne della Bergamasca trucidata a coltellate e finita a forbiciate sul pianerottolo dove aveva disperatamente cercato di fuggire. Gli inquirenti non hanno dubbi e puntano dritti alla cerchia dei coetanei. A volte è lo stesso omicida a dare l'allarme, inventandosi con raggelante serenità alibi strampalati che subito lo tradiscono. Non so se ci avete fatto caso, ma gli omicidi zombie, degli adolescenti, dei minorenni, stanno velocemente soppiantando i cosiddetti femminicidi degli uomini delle caverne, i mariti traditi o lasciati che non lo accettano e scannano la famiglia intera, ammazzano i figli nel sonno o mentre urlano di terrore, “non lasciano seme” come dice la mafia degli avversari da eliminare. La normalità fatalistica con cui questo avviene mette paura più degli zombie. Come se la società avvertisse che non c'è più niente da fare, che non ha senso opporsi. Difatti preferisce rimuovere: il mostro banale, noioso, lo si fa passare per squilibrato, uno che non è padrone di sé, l'uomo bestione per uno che è impazzito di colpo anche se tutti sanno che non è vero, che in quella ferocia demente non c'è raptus ma calcolo, ossessivo, organizzato: nove omicidi di donne su dieci risultano evitabili, le forze di polizia sanno delle violenze, sanno di cosa sono capaci gli aguzzini, ma dicono: non abbiamo tempo, al dunque se ne lavano le mani in parte perché soverchiati dall'alluvione dell'emergenza quotidiana, ordinaria, in parte perché frustrati da un sistema legale e giudiziario che tutto fa tranne giustizia. Turetta non esiste, “è una costruzione dell'intelligenza artificiale” perché se no tocca farci i conti, tocca sospettare, con orrore, che potrebbe anche essere figlio nostro, potrebbe tagliarci la gola nel sonno o avvelenarci con la pasta al salmone, come aveva provato a fare un altro ragazzino con la madre che subito lo ha perdonato cercando autoconsolazioni strazianti. La normalità del male no, questo è troppo: invece ne siamo pieni, ci sommerge, ci sovrasta. E abbiamo rinunciato a combatterla e perfino ad ammetterla. La nonna che cerca di coprire il nipote assassino sarà pure una vecchia bislacca, ma nel suo depistaggio mostra una lucidità a sua volta spietata. Non prende in considerazione l'ipotesi peggiore, non la contesta coi dati di fatto ma col richiamo del sangue, “è mio nipote”, così come le mamme coraggio dicono: lasciatelo stare, è mio figlio. Forse qualcuno ricorderà il caso, allucinante, spaventoso, del pensionato disabile Cosimo Antonio Stano che si lasciò morire di fame e di stenti barricato in casa pur di non incontrare la cosiddetta baby gang che da anni gli infliggeva, scrissero poi i giudici, “torture e vessazioni disumane”. Scrivevano così ma ammisero quella feccia giovanile al rito abbreviato e, per una serie di cavilli, inflissero solo tre condanne, con pene relativamente basse: per quello che se ne sa, i carnefici potrebbero essere già liberi a 5 anni dal loro crimine. Le brave mamme di Manduria, buco nero dell'umanità, ebbero il coraggio di protestare: “Sono i nostri figli, qualcosa dovevano pur inventarsi per passare il tempo, qui non c'è niente”. Mostri generano mostri. Il senso religioso non contempla più la paura del giudizio, si risolve nelle processioni e nei pretesi patti di omertà e di impunità col divino. Lo Stato è il primo ad arrendersi all'evidenza, la premier Meloni ha devoluto 500 milioni all'inutile bonus psicologi, come a dire: se la vedessero un po' loro. Ma gli strizzacervelli arrivano tardi, a macello compiuto. Turetta c'è, esiste, riconosce con voce ferma la sua volontà di sterminio e ne fanno un eroe, del male ma eroe; nell'invocare la santità di Caino mettono le mani avanti, sapendo che il prossimo potrebbe essere loro figlio e i prossimi macellati, loro. Ci si rassegna all'inferno, ma un inferno in terra, senza giustizia, senza punizione adeguata e magari assente del tutto, magari perfino premiata. Uno di una setta satanica, scontata la sua pena per omicidio è uscito e adesso dà consigli di vita su youtube. Pare stia facendo i soldi matti e questo piace alla società dei valori monetari, il guadagno come riscatto, prova della benevolenza celeste. Ha detto Gino Cecchettin con una di quelle frasi mediatiche in cui è diventato maestro: ho capito chi è Turetta. Ma non ci voleva molto a capirlo anche prima. L'altra figlia, la Elena che giocava a fare la satanista di provincia, si è sentita in dovere di avvisare il mondo via social che non avrebbe partecipato all'udienza “perché devo curare me stessa”. La stessa formula che usano le stelline del pop melenso. È tornata in auge pure la nonna aspirante scrittrice. La resa al male si sta evolvendo: non più esorcizzato, viceversa reso, se possibile, un buon affare nella società cannibale che da tutto cava il guadagno, la ricaduta mediatica, un utile pur che sia da una figlia vittima come da un figlio carnefice.
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