10 Ottobre 2024
In Giappone i ministri dei treni si dimettono per dieci secondi di ritardo, hanno un concetto esagerato della responsabilità istituzionale, sempre meglio però dello scaricabarile. E' sempre colpa di qualcun altro, delle ditte appaltatrici, delle macchie solari, delll'orografia, dell'ombelico del mondo. Sarà anche colpa della conformazione, tutto quello che si vuole, ma ogni Paese ha le sue difficoltà logistiche, tecniche e non si capisce come mai solo qua un giorno c'è il balordo che pianta un chiodo, un altro il suicida redivivo (sempre regolarmente a Faenza), poi il macchinista che travolge un tornello (l'anno scorso), poi delle non precisate cause tecniche, un disgraziato di operaio tirato sotto, perfino “l'investimento di animale di grossa taglia”: per non parlare delle criptiche “agitazioni del personale”. Il risultato non cambia, è la situazione della rete ferroviaria, qualcosa che, curiosamente, si accusa nell'Italia postindustriale. Beninteso, il discorso vale anche per gli amministratori sciagurati delle regioni che assistono imperterriti ai disastri ambientali così possono dare la colpa al riscaldamento globale e chiedere sempre nuovi miliardi che non si sa dove vanno a finire.
Ma si può campare così? Da non so più quanti anni io, viaggiatore indefesso, non ricordo un viaggio in treno senza arrivare almeno un'ora dopo il previsto, mi sono perfino stufato di chiedere il rimborso, cambiano i ministri, cambiano i “manager” ma la musica non cambia: pannelli di arrivi tragicamente dilazionati quando non annullati e la gente ride, scuote la testa e ride. E il personale? Una delle ultime volte arrivo ad Ancona e la coincidenza col “Freccia”, si fa per dire, è annunciata in ritardo di un paio d'ore, salvo aggiornamenti. A Milano arriverei a notte fonda ma ho una conferenza e cerco una soluzione alternativa: una impiegata cui mi rivolgo mi trapassa con lo sguardo, come fossi di vetro, cerco di spiegarmi e lei parla con un collega e ride, sprezzante. Solo che io sono un utente, uno che paga il servizio che, per giunta, non c'è. Trovo un altro, più umano, gli spiego che non posso sostenere una simile attesa anche perché malato e pesantemente malato: quello si impietosisce e mi fa salire su un Intercity “ma mi raccomando, è un'eccezione, non lo dica in giro”. “E' un'eccezione”, una concessione". Sui treni che dovrebbero essere l'eccellenza del Paese si viaggia come si viaggia: l'ultima volta c'era un nero, erculeo, palandrana viola, piedoni en plein air, ha parlato al telefono, mi avrebbero informato poi altri viaggiatori allucinati, da Lecce a Milano, sempre con quella cantilena africana che ti trapana il cervello, “agnagnagnè, djebbe djebbe, mutanda mutanda”, salmodiava e si guardava intorno, tronfio, minaccioso, finché una non ne ha potuto più e gli ha implorato un attimo di tregua: non l'avesse mai fatto, quello si è alzato, le è andato addosso, per poco non la menava, l'ha buttata sul vittimismo violento, “tu tratta così me perché sono africano ma io faccio cosa voglio”. Poi è tornato ad attaccarsi al telefono, sornione, ridacchiava, cento a uno che stava raccontando la sua bravata a quell'altro. Lì per lì mi ha preso un istinto omicida, ma ho imparato che vivo in un posto dove se ti comprometti per tutti, nessuno ti rispetta, anzi ti scaricano addosso la colpa d'esser nati. E poi non spettava a me, ma di controllori neanche l'ombra; e non ne ho mai visto mezzo dire al giovinastro di turno di togliere le sue luride suole del sedile di fronte. Ma li capisco, chi vorrebbe guadagnarsi una coltellata garantita?
È passata l'estate, ho assistito all'ennesimo giro di valzer, ma la situazione non è cambiata, è in continuum storico: lo diceva già Andreotti buonanima, si fa per dire, che pretendere di mettere in riga le Ferrovie era da manicomio, e lo diceva come non fosse stato lui il capo del Governo. La gente rideva, servile, poi alla stazione bestemmiava Dio, non Andreotti: forse lo temeva di più. Trenta, quarant'anni dopo fanno delle meravigliose pubblicità, mi ricordo quella di Celentano, ma le condizioni generali raccontano di guasti e disservizi quotidiani: mentre finisco questo pezzo, per scrupolo vado a verificare la situazione: "Treni in tilt in Liguria, tratta di Ponente sconvolta, ritardi e cancellazioni”. Dodici ore fa era toccato al Lazio, “guasto a San Pietro, treni annullati da Roma fino a Viterbo e Civitavecchia”. Linea per Lecce paralizzata. In tutta la Lombardia e fin oltre confine traffico a singhiozzo, ma il cittadino plebe sa che "piangere fa male al re".
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