03 Ottobre 2024
Che cosa c'è dietro il risveglio improvviso e tardivo della magistratura milanese che arresta in un colpo solo 20 ultras votati alla criminalità organizzata e passa a farsi gli affari dei rapper a questi a vario titolo legati? Vediamo di capire, partendo da un presupposto sgradevole ma indiscutibile e cioè che la magistratura mai o quasi mai si muove per esclusive urgenze di giustizia. Allora per cosa? Sembra che queste infiltrazioni di stampo mafioso avessero progettato l'assalto alle istituzioni massime del pallone: “Arriviamo a Gravina e ci prendiamo Roma”. E a questo punto aspettare non si può più, bisogna per parare le chiappe al tronfio ma non più intoccabile numero uno del sistema pallonaro nazionale, urge ripulire la palude prima che possa lambirlo. La faccenda è certamente salita dai Servizi e non dispiace alla nostra trasformista di Palazzo Chigi che può offre un segnale di efficienza dopo due anni di potere morbido o comunque di sottovalutazione della criminalità considerata minore, pronta ad agire da sodale o da manovalanza delle forme più strutturate. Quello che emerge dall'inchiesta del pm Storari, e che finalmente le gazzette sono libere di raccontare dopo venti e più anni di omertà, fa paura, ricorda una Milano ridotta a Chicago, i boss ndranghetisti delle curve che si allargano ai parcheggi, ai banchetti, “lo stadio è una miniera d'oro infinita”, si dilatano a intere zone metropolitane, alla cintura dell'hinterland, impongono la loro legge, si ammazzano in regolamenti di conti. Simile degrado si sta impadronendo della città e non lo si può scaricare oltre sulle spalle dei servizi di prevenzione e di una polizia già oggi sommersa e per di più frenata, quasi impotente per le solite convenienze politiche. Così si portano allo scoperto le responsabilità vere o presunte, comunque politicamente esistenti, del sindaco piddino che vuol diventare ministro a forza di piste ciclabili, se ne denuncia indirettamente l'inerzia e per così dire la superficialità. Milano, in essa il tempio di San Siro, è concretamente fuori controllo, sbanda sotto l'attacco di queste organizzazioni che vedono la coesistenza esplosiva di elementi indigeni, etnici e saliti dal sud organizzato nel peggio: prendere tempo per perdere tempo non si può più.
Pare anche evidente che questi trapper o rapper per sordi non possono più contare sulle protezioni di prima, protezioni politiche ed economiche per cui se proprio non si poteva fare a meno di arrestarne qualcuno, coinvolto in plateali sparatorie, si aveva subito cura di metterlo ai domiciliari e magari di consentirgli di tenere concerti e dirette social in cui prendersi gioco dello Stato. Stante la regola aurea, la legge uguale per tutti ma per chi fa girare i soldi più uguale. Già adesso pare complicato da capire come possa un Emis Killa venire perquisito senza risultare indagato, tanto più che gli trovano in casa un'armeria fuorilegge. La questione vera resta politica: gli ormai implosi Ferragnez, per dire, erano stati insigniti dal sindaco dell'Ambrogino d'Oro, massimo riconoscimento cittadino per meriti sociali, il che a pensarci oggi fa un po' ridere, amaro ma ridere. Adesso tutti a defilarsi, a disconoscere quella curiosa scelta: Ferragni scomparsa, travolta da se stessa, dalla propria beneficenza egoriferita, l'ex marito in odore di connivenze sempre più imbarazzanti. Non solo lui, tutti questi incapaci del rap, della trap, puntualmente avvolti da personaggi di micidiale pericolosità, sono tutti dei Sinatra in sedicesimo: con l'arte non c'entrano ma con gli affari sì e di preferenza loschi. Coperti ovviamente dal moralismo: vanno a inaugurare un palazzo sottratto alla criminalità organizzata e ci vanno scortati dai boss che l'indomani vengono arrestati. “Non indagato”, ma su questi pagliacci in autotune ne escono di ogni: fraternità con gli ultras arrestati, richieste di protezione o di esecuzione per i rivali, proposte affaristiche, perfino ipotesi di management che coinvolgono il citato Killa come Lazza, Guè Pequeno, Effe, quello del dissing con Fedez, a conferma di una ignobile recita alla faccia dei gonzi. Adesso il Luca Lotti che avrebbe dovuto rappresentare tutti questi ed altri sta in galera con accuse impressionanti. Se vi pare poco... Milano capitale del riciclaggio è una palude malsana che infetta se non travolge chiunque vi si agiti. Dirigenze, calciatori, allenatori in rapporti con questi del tifo criminale, un po' preoccupati, molto complici. Ne esce un coacervo disgustoso di affari, di convenienze tra mafiosi, atleti, dirigenti, cantanti da strapazzo, uno scenario che induce a disperazione. Coi tifosi plebe disposti a pagare un biglietto dieci volte tanto, sapendo che è un pizzo, che in tal modo rinforzano la mafia che stritola la città e uccide le loro illusioni sportive. Ma gli sta bene così.
Milano è anche fucina di terrorismi, di organizzazioni che hanno fatto saltare il patto di coesistenza con la società e la polizia. La tracimazione del crimine non conosce argini e non si pone alcun problema, anzi più si palesa e più le conviene. Una delle prime precauzioni usate dal generale Dalla Chiesa nei '70 del terrorismo rampante fu impedire la saldatura con i focolai stranieri, le infiltrazioni che c'erano anche allora seppure non così diffuse; e da sempre è scrupolo dei Servizi vigilare sull'effervescenza della sovversione anarcoide da centro sociale che cerca sponde con i focolai islamisti e la delinquenza comune degli spacciatori e dei racket. Oggi tutto risulta dannatamente potenziato anche nelle complicazioni e la storica capacità della metropoli di includere sul serio ne esce ridimensionata e quasi azzerata. In questo quadro si vede, si capisce che quella delle mafie da curva non è cronachetta rosanera, non è folkore ma elemento pesante in un quadro di emergenza pesante. Una cosa è certa, le indagini non finiscono qui e pare improbabile l'assenza di colpi di scena a venire. Troppi elementi legano e imbarazzano, troppe evidenze rendono difficile voltarsi dall'altra parte. Vedremo, e lo vedremo presto, quanto profonda fosse la palude e quanto vi siano sprofondati in tanti che si sentivano intoccabili. Certo però è desolante constatare come chi vive immerso nei soldi facili non impari niente, come da esperienze anche tragiche esca puntualmente peggiore.
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