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Padova, svolta ad un anno dal 'suicidio' della 37enne Nicoleta Rotaru: "messa in scena, il cellulare di lei ha registrato l’omicidio compiuto dall'ex marito"

Drammatico colpo di scena: i periti alla ricerca di un messaggio di addio trovano l’audio che incastra Zorzi, il marito della vittima ora accusato di omicidio premeditato e che avrebbe manipolato la scena del crimine per farla sembrare un suicidio

24 Agosto 2024

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Ad Abano Terme (in provincia di Padova), la svolta nelle indagini sul decesso della 37enne Nicoleta Rotaru, ad un anno di distanza dalla sua morte avvenuta lo scorso 2 agosto 2023 e sinora sempre attribuita a suicidio: in realtà si è trattato di una messa in scena architettata dal marito Erik Zorzi, camionista di 42 anni, che fino ad oggi era riuscito a sfuggire alle azioni investigative dei Carabinieri. I periti che hanno riacceso il telefono della vittima alla ricerca di un messaggio d’addio per confermare il suicidio, hanno trovato invece un messaggio d’accusa, quella che ha portato lo stesso Zorzi in carcere: "una messa in scena, il cellulare di lei ha registrato l’omicidio compiuto dall'ex marito", hanno riferito Carabinieri e Procura. Zorzi finirà davanti al giudice per l’udienza preliminare il 17 settembre prossimo, con l’accusa di omicidio aggravato.

Un salto indietro nel tempo: la notte tra il 1 e il 2 agosto 2023

Per comprendere meglio il caso di Nicoleta, però, bisogna tornare all’alba del 2 agosto del 2023. Quella giorno, in mattinata arriva una chiamata al Servizio di Urgenza-Emergenza Medica (Suem) 118 di Padova. La voce al telefono è quella del marito di Nicoleta, Erik Zorzi, la quale risulta nervosa, agitata: "Presto, presto, fate in fretta, mia moglie è chiusa in bagno da due ore e non risponde più, ho paura che sia morta". Quando gli infermieri e il personale medico sfondano la porta del bagno, la tragedia è già compiuta: il corpo della vittima è a terra, in un angolo. La donna è rannicchiata e ha una cintura di pelle stretta attorno al collo, la fibbia chiusa all’altezza della nuca. Nicoleta si sarebbe impiccata. I sanitari però, notano subito che la porta di legno del bagno è stata sfondata con fin troppa facilità, un dettaglio che risulterà tutt’altro che secondario. Anche se tutto fa pensare ad un gesto estremo, come la chiamata concitata ai soccorsi da parte del marito, la porta chiusa dall’interno con un piccolo chiavistello scorrevole, il bagno cieco senza finestre e i solchi sul collo di lei compatibili con la cintura usata per impiccarsi. Nessun segno di violenza e nessun segno di effrazione. Anche il medico legale conferma lo scenario: probabile suicidio. Tuttavia, i Carabinieri ascoltano con attenzione il racconto del personale Suem 118. Troppo facile entrare in bagno. È bastato fare una piccola pressione sulla porta perché cadesse il pannello centrale in legno. "Come se qualcuno lo avesse appena riattaccato", dice uno degli infermieri.

I vicini, i Carabinieri e un nuovo fidanzato: tutti sapevano delle liti della coppia e del divorzio

Oltretutto, la coppia era ben nota ai Carabinieri di Abano Terme, che conoscono quella casa non lontana dallo stadio. Ci sono andati diverse volte in passato, chiamati dai vicini perché Erik e Nicoleta litigavano spesso. Gli stessi vicini riportano che spesso le urla di lui si trasformavano in schiaffi: i due erano già divorziati in casa e lei aveva da tempo un altro fidanzato. Era rimasta a vivere con l’ex marito solo perché stava aspettando la conferma di un contratto a tempo indeterminato. Una volta firmato, si sarebbe trasferita in un appartamento tutto suo con le due bambine. "Era felice. Aveva da poco prenotato le vacanze per sé e per le figlie. Doveva partire il 5 agosto perché il suo sogno si stava per realizzare. Alla fine di quello stesso mese sarebbe stata assunta a tempo indeterminato", raccontano i vicini, "Non ha senso che sia suicidata". E il nuovo fidanzato di Nicoleta raccontava che "lui l’aveva minacciata di morte se lei fosse andata via di casa portandosi via le figlie" racconta ai militari.

L’audio che ha incastrato Zorzi

Ma raccontare direttamente ai carabinieri che cosa è successo quella notte tra l’1 e il 2 agosto 2023, è stata la stessa Nicoleta. Lei ha un’intuizione: accende il registratore del cellulare e lo appoggia sul comodino accanto al letto. Non era la prima volta che lo faceva. Aveva iniziato qualche tempo prima per documentare i litigi e le violenze subite. Per mesi ha registrato gli insulti, le umiliazioni, le violenze, documentando anche il suo stesso assassinio in un crescendo di offese verbali, insulti, ansimi e rumori di lotta che il rapporto degli investigatori riassumerà in una frase: "Suoni compatibili con un’azione omicidiaria". Il cellulare cattura anche i rumori successivi alla morte di lei: le parole confuse e nervose di Zorzi, i cigolii delle porte, il tintinnio della fibbia della cintura, i passi, i trascinamenti, i lavori fatti velocemente per smontare il pannello della porta e poi per rimontarlo, con l’obiettivo (ipotesi della procura) di far scorrere il chiavistello del bagno dall’interno e far sembrare ai soccorritori che la donna si fosse chiusa da sola nel bagno. Anche l’audio inerente alle operazione del personale Suem e dei Carabinieri è stato ripreso: tutto quello che è successo fino a quando il cellulare non si è scaricato e non è stato riacceso dai periti.

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