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"Siete insetti", la scritta alle stazioni di Roma sulla serie Netflix, che rivela l'essenza della globalizzazione

La globalizzazione neoliberale in effetti considera il popolo degli abissi, per riprendere il noto titolo di Jack London, come una massa esecrabile di insetti che possono essere calpestati a piacimento, senza che mai vi siano moti di contestazione e di rivolta

27 Marzo 2024

"Siete insetti" alle stazioni di Roma sulla serie Netflix, che rivela l'essenza della globalizzazione

Fonte: Facebook

Nella stazione di Roma Tiburtina, è comparsa nei giorni scorsi la scritta a carattere cubitali "siete insetti". Si tratta di una probabilmente efficace trovata pubblicitaria per reclamizzare, se ho capito bene, una nuova serie della piattaforma turboglobalista Netflix, il cui unico auspicabile merito sarà quello di mandare presto al museo delle anticaglie la televisione e tutti i suoi programmi nonché i suoi conduttori. La frase però suona davvero sinistra, ma al tempo stesso perfettamente in linea con lo spirito della globalizzazione neoliberale. La quale non soltanto già da tempo aspira a far sì che i suoi sudditi, i nuovi misérables, si nutrano di insetti, mentre ai piani alti i patrizi no border continueranno a titillare i loro palati con aragoste e caviale prelibatissimi. La globalizzazione neoliberale in effetti considera il popolo degli abissi, per riprendere il noto titolo di Jack London, come una massa esecrabile di insetti che possono essere calpestati a piacimento, senza che mai vi siano moti di contestazione e di rivolta. Il "tallone" del padronato cosmopolitico, per riprendere un altro noto titolo di Jack London, preme ogni giorno di più sui descamisados del globalismo, vale a dire sui sudditi di quella che ho definito la glebalizzazione. Non solo li calpesta e li umilia, ma tende anche a privarli di tutto, secondo quanto programmaticamente teorizzato dal Partito di Davos: nel 2030 non avrete più niente e sarete felici... Parafrasando Rosa Luxemburg, la proprietà capitalistica si converte in diritto di appropriarsi della proprietà altrui. Insomma, se quella réclame comparsa dalla stazione di Roma risulta particolarmente inquietante e tanto fa discutere, ciò dipende precipuamente dal fatto che sembra cogliere, forse al di là delle sue intenzioni, un tratto essenziale del nuovo ordine global-capitalistico, vale a dire la sua tendenza a produrre un dislivello abissale tra i primi e gli ultimi, tra gli happy few e la massa dannata delle nuove plebi moltitudinarie generate a propria immagine e somiglianza dalla glebalizzazione. Nel farsi assoluto e totalitario, il nuovo spirito del capitalismo disegna un passaggio che potremmo ragionevolmente definire tecnofeudale, contraddistinto com'è dalla compresenza di una tecnicizzazione sempre più elevata e dal ritorno di una società di tipo feudale, nei cui spazi i nuovi signori comandano in maniera arbitraria e assoluta sulle nuove plebi private di ogni diritto e financo della dignità. 

Di Diego Fusaro.

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