21 Marzo 2024
Secondo la tradizione islamica, il Ramadan è il periodo di digiuno di 30 giorni che si pratica una volta all'anno per commemorare la prima rivelazione del Corano a Maometto, fin qui niente di straordinario. Come le altre due grandi religioni monoteiste, anche l'Islam ha la sua ricorrenza fondamentale, al pari del Pesach ebraico e della Pasqua cattolica.
Ogni Paese, sulla base della maggioranza culturale che rappresenta e nel rispetto delle proprie fondamenta storiche e culturali, a livello nazionale si concede da tradizione un momento di pausa nel solco di questa o quella religione.
Ove una ricorrenza religiosa non rappresenti l'identità culturale della maggioranza, viene genericamente lasciata ampia libertà di culto, come per esempio stabilito dalla nostra Costituzione.
Ciò premesso, un conto è la libertà di culto personale, un conto è imporre una tradizione che in nulla rappresenta l'identità di questo o quel popolo.
Orbene, il dirigente scolastico di una scuola di Pilotello in provincia di Milano, Alessandro Fanfoni, diciamo che non l'ha vista esattamente così, proponendo la chiusura del suo istituto per la fine del Ramadan del 10 aprile perché, a suo dire, ogni anno le classi in quel giorno sono deserte.
La cosa non è stata ignorata da Valditara che è intervenuto direttamente contro questa scelta, vietando la chiusura della scuola e ripristinando il principio che il Ramadan non rientra nella tradizione culturale italiana, indi sarebbe stato fuoriluogo un giorno di festa.
Per quanto questo scontro possa risultare kafkiano, ha comunque un suo senso, perché in un'epoca di grande confusione identitaria è proprio partendo dalla difesa delle piccole questioni che si può fare qualcosa. Ogni debolezza buonista rischia di rendere sembre più fragile la storia italiana.
Di Aldo Luigi Mancusi
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