19 Febbraio 2024
I talk show italiani seguono da anni una metodologia consolidata: trova l'agnello sacrificale e caricalo dei peccati del mondo. La formula funziona e le vittime sono sempre la parte debole del dibattito, o quantomeno innocue perché in assoluta minoranza.
Però non si capisce, propaganda a parte, quale sia il senso di questo modus operandi. Consolidare l'opinione di maggioranza? Consolidare le ragioni di una parte politica? Convincere i telespettatori delle proprie ragioni? Difficile a dirsi, ma tant'é.
Allora ci si chiede come mai, in occasione del dibattito sulla morte di Alexei Navalny, David Parenzo decida di invitare in collegamento la giornalista russa Nadana Fridrikhson, volente o nolente collega con la quale non è mai corso buon sangue.
Qualcuno potrebbe controbattere affermando che un rappresentate della Russia in sala ci voleva, e non avrebbe torto, ma perché una giornalista e non un politico? Non si capisce, o almeno si sa, ma non si dice.
La Fridrikhson non è un politico, è un cronista, non ha funzioni o poteri politici, perciò è un bersaglio più agevole da offendere, il capro espiatorio perfetto per la debole verve di un Parenzo scatenato: 1) non parla italiano; 2) è distante; 3) è per forza di cosa lenta nella comunicazione, specialmente nella replica.
Ad ogni modo, nella trasmissione si è svolto, senza dibattimento e senza prove, il processo a Putin, a prescindere colpevole della morte del nazista Alexei Navalny, perché i russi sono assassini spietati e Putin è uno Zar sanguinario ed ex KGB.
Un processo sommario perché non teneva minimamente conto della furia xenofoba e nazistoide del compianto Navalny.
Ciò premesso, a un certo punto la Fridrikhson si è congedata perché doveva ottemperare altri impegni, e ha salutato i presenti chiamandoli "colleghi", un'occasione troppo ghiotta per Parenzo che si è scatenato chiedendole di non chiamarlo collega, perché lui non è giornalista di regime. Affermazione alla quale la cronista russa ha replicato accusandolo di essere uomo di propaganda, regalando l'inevitabile assist al caro David che ha urlato di fronte la telecamera "provi a dire in una delle sue trasmissioni una cosa sola contro Putin, qui in Italia siamo liberi di farlo contro i nostri governanti": un classicone.
Ora, che in Italia ci sia tutta questa libertà, è da vedere. Sì, è vero, un giornalista in Italia può dire ciò che crede, ma siamo sicuri non ci siano conseguenze? Dai tempi delle famose epurazioni di Santoro, Luttazzi e Biagi, i desaparesidos televisivi non sono stati pochi, questo fino alle ultime incursioni della politica addirittura a Sanremo. Per non parlare delle proposte di legge contro chi manifesta per la Palestina o le famose proposte di censura verso chi era contrario al vaccino anti Covid. E gli esempi potrebbero essere ancora tantissimi.
Parenzo, senza dubbio, è stato sempre dalla parte della "sua" giustizia, intendendo con quel "sua", la giustizia di una parte. Ieri difensore del già citato vaccino, poi dell'Ucraina di Zelensky, oggi di quel macellaio di Netanyahu, ma su quest'ultimo è anche comprensibile essendo un giudeo doc.
Certo è che, se è vero che Nadana Fridrikhson rappresenta la voce di Putin, è altrettanto vero che David Parenzo rappresenta la voce di quell'occidente contro lo Zar russo, ed entrambe portano avanti una propaganda.
Di Aldo Luigi Mancusi
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