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Mahmoud Abdalla ucciso e fatto a pezzi: aveva denunciato di lavorare in nero alla Guardia di Finanza

Durante un controllo da parte della Guardia di Finanza nella barberia di via Merano, Mahmoud Abdalla aveva detto ai militari di non essere in regola e di lavorare in nero

02 Agosto 2023

Mahmoud Abdalla ucciso e fatto a pezzi: aveva denunciato i titolari della barberia alla Guardia di Finanza

foto @Instagram

Emergono ancora particolari sulla brutale esecuzione che ha visto vittima il 19enne egiziano Mahmoud Abdalla, ucciso, fatto a pezzi e abbandonato nelle acque di Chiavari da due connazionali.

Il giovane lo scorso 19 giugno, avrebbe denunciato i suoi titolari (ora in carcere per l’omicidio e la soppressione di cadavere) alla guardia di finanza che si era recata nella barberia di Sestri Ponente. In quell’occasione Mahmoud Abdalla avrebbe detto ai militari delle fiamme gialle di non essere in regola e di lavorare in nero: non è chiaro se il controllo abbia fatto seguito ad una segnalazione della vittima o se sia stato un semplice accertamento presso l’attività.

Mahmoud Abdalla ucciso e fatto a pezzi: la telefonata in cui i due arrestati si accusano

I due titolari della barberia di via Merano, Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel 26 anni, detto Tito e Mohamed Ali Abdelghani Ali, di 27 anni, detto Bob si trovano entrambi in carcere e si accusano a vicenda.

In ballo c’è la registrazione di una telefonata tra i due in cui Bob accusa Tito di aver ammazzato il 19enne e Tito di tutta risposta si giustifica dicendo che stavano litigando e poi la lite è degenerata.

I due, messi sotto torchio dagli inquirenti, hanno confessato l’omicidio già la sera stessa del fermo. Tito, l’esecutore materiale del delitto, ha prima ucciso Mahmoud Abdalla nel dormitorio in seguito ad una lite proprio per motivi di lavoro, colpendolo con un coltello al cuore, fegato e addome, successivamente, con la complicità di Bob, lo hanno messo in un trolley e trasportato in taxi a Chiavari dove gli hanno mozzato testa e mani per renderlo irriconoscibile prima di abbandonarlo in mare.

Traditi dal vento di scirocco

I due però, non avevano fatto i conti con le correnti di scirocco che hanno riportato gli arti della giovane vittima sulla terra ferma, permettendo ai militari l’identificazione che di fatto ha vanificato ogni tentativo dei due egiziani di inquinare le prove.

La misura cautelare in carcere, infatti, è stata motivata dalla pericolosità sociale e dal pericolo che i due continuassero a inquinare le prove per tentare poi la fuga in Egitto.

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