24 Luglio 2023
L’egemonia culturale, che poi è dittatura del pensiero, di sinistra regna incontrastata sotto la destra. Quest’ultima, giunta al potere, terrorizzata all’idea di non farsi accettare da chiunque, opposizioni, Colle, Unione Europea, si è affrettata ad allinearsi e nell’informazione pubblica, ma pure nei giornali, spesso controllati da proprietari eletti in Parlamento, si è mossa come segue: ha aperto le porte ai suoi clientes, al parassitismo che è linfa di ogni regime, ma senza sacrificare gli altri. Chi se n’è andato, come la banda Fazio, lo ha fatto sua sponte, per qualche dollaro in più (milioni di dollari), al termine di trattative partite almeno un anno prima e negoziate da impresari che sono la cerniera con i partiti. Il risultato è che la cosiddetta narrazione continua come prima, senza soluzione di continuità. Bergoglio, il papa veterocomunista, fa un Angelus delirante e blasfemo in cui detta le sue tavole della Legge: credere in Greta, nei cambiamenti climatici, imbarcare più migranti, senza limite, occuparsi dei vecchi che, precisa, con ammuffita retorica marxista, “non vanno considerati esuberi della produzione”; già tanto che non li definisca un nuovo proletariato, come usava negli anni ‘70. l’informazione di regime, regime di destra, si limita a registrare il tutto senza un alito critico. Gli stessi telegiornali spingono come ossessi sul clima impazzito, omettono statistiche e raffronti da cui si capirebbe che non c’è niente di eccessivo e di anomalo, salvo le farneticazioni dei commentatori (un direttore di giornale è arrivato a definire la giornata di ieri come la più calda degli ultimi centoventimila anni). Ancora una volta, lo spazio riservato ai ragionevoli, ai competenti, è praticamente nullo. In compenso, per notiziari e talk show impazzano i diversamente democratici che vogliono spedire chi non si allinea al manicomio o in galera, come in un racconto di Pinocchio. Nello spettacolo non va meglio, l’Italia è il paese occidentale dove la cultura pop è trattata peggio, le rare retrospettive musicali o artistiche si sono definitivamente perse, ogni edizione di ogni telegiornale esalta con toni grotteschi personaggi meno che mediocri, dai tormentoni idioti, trattati alla stregua di nuovi Mozart, il tutto spingendo forsennatamente sull’esclusivo aspetto mercantile: il cantante X ha venduto tanti milioni di pezzi, ha fatto tot miliardi di clic, ha riempito le arene, una logica da influencer, la ricchezza che giustifica tutto e annienta qualsiasi considerazione. Non era questa la destra problematica, dei colti repressi, degli elitari nella torre d’avorio da cui aspettavano di uscire?
Ci sono dei fili rossi che passano da un regime all’altro, da una edizione all’altra. Rossi o neri, non manca mai il servizio patetico in cui si usa qualche disgraziato a beneficio di quella lobby trasversale che è la comunità di Sant’Egidio: “Eh, se non era per loro noi ci eravamo ammazzati” e poi fanno vedere una coppietta di ragazzini esaltati, con occhi da fanatici, che dicono che dare è molto meglio che ricevere. Ma è sant’Egidio che riceve molto, almeno come visibilità, dai tg di stato, dallo stato, dal Vaticano, dalla Cina con cui è in sintonia perché i diritti umani e cristiani vengono dopo, vengono sempre dopo.
Nessuno potrebbe distinguere i contenitori informativi di oggi rispetto a quelli di uno o dieci anni fa e questo può voler dire solo due cose: o la destra non ha forze né voglie per proporre un prodotto diverso, più dignitoso, più rispettoso del pubblico e della verità, oppure condivide fondamentalmente bugie e sciocchezze della sinistra. Forse sanno, sentono che non dureranno e si organizzano per quando torneranno nella subalternità del potere. O forse davvero non ha più senso se mai l’ha avuto distinguere in ragione di schieramenti e perfino retaggi: la politica influencer vive, esattamente come i Ferragnez o i theBorderline, il qui ed ora nell’evidente intento di fare soldi per fare soldi. Altra prospettiva non c’è, altro orizzonte non si scorge. Di tutto si parla virandolo in gossip, se occorre ricorrendo alle pignolerie e alle sofisticazioni delle percentuali, dei conticini, orgie di numeri, di statistiche che servono solo a soffocare, a non far capire. Ma avendo cura di restare sempre e comunque nel gossip. Anche le guerre e le invasioni vengono illustrate nel solco del colore, dell’aneddotica, c’è una inviata del primo canale che deve conoscere tutte le estetiste e le parrucchiere più brave di Ucraina, intorno infuriano morte e distruzione ma lei sempre bella e impossibile come per una attrazione fatale.
Se poi succede qualcosa di troppo spinoso da raccontare, si fa tranquillamente finta di niente. La morte di un giornalista conosciuto, Andrea Purgatori, sta diventando un caso, un giallo: ucciso da breve malattia “fulminante” o da scempiaggini mediche? Ma possono due o tre diverse èquipe sbagliarsi tutte, possono non concordare su niente, su un tumore mostruoso, su metastasi che ora ci sono e ora scompaiono, su ischemie e forse infezioni improvvise? Oppure siamo in presenza di un decorso maligno, imprevedibile, che ha tratto in inganno fior di luminari? Per non sbagliare, gli stessi familiari hanno incaricato la magistratura, che non si vede cosa possa accertare stante l’incertezza totale di tutti. Ma anche porre semplici ma doverose domande, domande da giornalisti, diventa sgradevole, sconsigliabile? È vero o no che Purgatori era un fondamentalista del vaccino anticovid? Quante dosi ha fatto? Quando è insorta la sua inafferrabile malattia, degna di un episodio di dr House? È vero o non è vero che, come dice il dottor Stramezzi, come diceva il Nobel Montagnier, come dice buona parte degli scienziati non allineati, messi fuori gioco, la proteina Spike può effettivamente provocare situazioni imprevedibili e mutevoli come quella di Purgatori? Poi magari non c’entra niente, ma la stessa magistratura, investita della questione, procede ad excludendum, si prospetta uno scenario allo scopo di escluderlo, di essere sicura e passare ad altre possibili spiegazioni. Qui no, nel giornalismo superstite no e nei telegiornali di stato e non, neanche a parlarne: dobbiamo accontentarci del fatto che un giornalista famoso in due mesi si è ammalato ed è morto, nessuno sa di cosa e se è stato curato bene oppure è stato ucciso. Dopo centinaia di migliaia di casi analoghi solo in Italia. Ma se un direttore può arrivare a dire che ogni giorno è il più caldo degli ultimi 120.000 anni, vuol dire che davvero si può sostenere tutto e anche l’informazione si risolve in percezione. Ce n’eravamo accorti, se è per questo, ma doverlo constatare ogni volta di più non è una bella consolazione, non è un bel vivere.
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